L’eterna rinascita del cinema italiano e le nuove tecnologie

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Il cinema italiano può essere soprannominato come l’eterno giorno della marmotta. Un cinema glorioso, che è morto e resuscitato innumerevoli volte. Ad ogni stagione ci siamo svegliati rinati. L’avvento del sonoro nel 1927, aveva mandato al fallimento tutte le vecchie case di produzione, non attrezzate per quella rivoluzione epocale che avvenne negli Usa a fine anni ’20. Però su quelle ceneri, nacque un nuovo cinema italiano, impomatato, girato negli studios, al quale, bisogna darne atto il regime fascista investì tantissimi soldi, facendolo in qualche modo rinascere.

Venne poi la guerra e la ventata di realismo, susseguente alla fine, con la nascita del neorealismo e film epocali come Roma città aperta, Sciuscià e Ladri di biciclette, che portarono il cinema nelle strade e commossero il mondo. Il neorealismo ebbe vita breve e su quelle ceneri, tenendo la componente realista del genere, si arrivò alla scintillante stagione della commedia all’italiana, quella che ha reso immortale il nostro cinema. Per almeno un ventennio poi, il cinema italiano, sottoposto alla pressione del cinema internazionale, sopravvisse, grazie a quella dozzina di nomi che presero in mano le sorti dell’industria cinematografica italiana e la portarono alle vette assolute. Dapprima nomi come quelli di Totò, Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi, Nino Taranto, Macario, Rascel, Dapporto, De Sica e poi nomi come Sordi, Gassman, Tognazzi, Manfredi, Chiari, Franchi & Ingrassia.

Personaggi che insieme rappresentavano nel ventennio 1950-1969 il 70% degli incassi di Cinecittà. Poi vennero gli anni ’70 e gli anni ‘80 e quel ricambio generazionale formato da artisti come Pozzetto, Montesano, Banfi, Villaggio, Troisi, Verdone, Benigni, che portarono alla creazione di una seconda stagione della commedia all’italiana. E poi? E poi siamo rinati altre innumerevoli volte. Siamo rinati negli anni Novanta con Virzì e Muccino. Nei Duemila con Sorrentino e Garrone. E qualche anno fa, nuovamente con pellicole come Perfetti sconosciuti o Il nome del figlio.  La verità è che non siamo mai del tutto morti e mai del tutto resuscitati. I mille stravolgimenti del cinema italiano, sono stati gli stessi che hanno portato a quella che è la società italiana oggi.

Non è affatto vero, ad esempio, che piattaforme tipo Netflix, la televisione commerciale o Youtube, hanno distrutto il cinema. Sono solo naturali evoluzioni di quel prodotto artistico inventato dai Lumiére o da altri millantati o realistici pionieri a fine ‘800. In fondo anche lo smartphone è la naturale evoluzione del telefono, così come il computer lo è per il calcolatore elettronico o per la macchina da scrivere. Anzi. Gli youtuber del tipo di Daniele Condotta, dei Nirkiop, dei Sansoni o di Casa Surace, solo per fare qualche citazione, non sono altro che esempi, modernizzati, degli antichi sketch di avanspettacolo, che artisti come Fabrizi et company, dovettero fare nei teatrini scalcinati e impolverati di periferia. Lo stesso Fabrizi, Peppino De Filippo( nei panni di Pappagone), Nino Taranto, Macario e Raimondo Vianello in coppia con la moglie Sandra Mondaini, portarono quel magico mondo degli sketch di avanspettacolo, in televisione, tra gli anni ’60 e gli anni ’80.

Lo stesso Nino Taranto, grandissimo attore napoletano, quando registrò le sue commedie in televisione, tra gli anni ’60 e gli anni ’70, ne fu soddisfatto, arrivando a dire che “…sono diventato molto più popolare con 50 o 60 film, o con le trasposizioni televisive delle mie commedie teatrali, che in 40 anni di onorata carriera teatrale su e giù per lo stivale”. Il commendatore Nino Taranto, aveva previsto la popolarità televisiva come qualcosa destinata a rimanere nella memoria della gente e come naturale prosecuzione del teatro e del cinema. Teatro, cinema, televisione, internet, possiamo sintetizzare così la naturale evoluzione dei generi. Certo, ognuno, continua a vivere indipendentemente, perché il teatro non è defunto e il cinema neanche; però è innegabile che ci sia un certo rapporto tra tutte queste forme di spettacolo.

E’ anche vero, che la facilità di espansione della rete, ha dato modo di diffondersi anche ai “senza arte”; però è anche il modo più semplice di farci scoprire talenti grezzi, che se affinati, potrebbero davvero rilanciare anche le sorti del nostro cinema. Vale quello che disse Einstein: “ho paura della troppa tecnologia, la quale può essere in grado di creare una generazione di imbecilli”, ma tutto sta nel saperla usare: se io non rispetto il codice della strada, innegabilmente l’automobile mi diventa una trappola mortale; così la tecnologia di oggi, se usata, con il cervello e con una dose di sana mentalità imprenditoriale, rappresenta davvero un tesoro, prezioso, che va custodito e coltivato.

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