Ai tempi del #digital anche l’epidemie sono più “virali”. Corrono più veloci della luce perché le informazioni viaggiano velocemente e i social si stanno rivelando un mezzo per fare emergere verità e racconti in rete soprattutto nelle zone dove la comunicazione si cerca di contenerla.
Purtroppo crescono allo stesso tempo la disinformazione e le fake news, e la necessità dei click e degli share consapevoli per evitare ondate di panico e isterismo di massa. La stessa Oms sta collaborando con tutte le Big Digital Google, Facebook, Tencent, etc. con l’obiettivo di ridurre le notizie incontrollate garantendo che le informazioni corrette e ufficiali siano facilmente individuabili e soprattutto ai primi posti delle ricerche in rete rispetto alle successive. Una verifica è subito fatta. Ricercando su Google i risultati del WHO (World Health Organization) come informazioni di SOS e poi quelli sui siti ufficiali italiani del Ministero della Salute. In tempo record i risultati di ricerca si sono moltiplicati a dimostrazione di come la rete è stata presa d’assalto.
Anche l’intelligenza artificiale viene in soccorso per anticipare o comunque supportare la ricerca, le parole chiave ricercate nel web diventano una fonte strategica di informazioni, dando una mano a distinguere se l’utente stia semplicemente citando una fonte o se invece stia parlando di sé o comunque di persone che conosce direttamente.
Una grande utilità anche per apprendere di più riguardo al comportamento del Coronavirus, dando spunti utili per tracciare ipotetici profili epidemiologici basati su età, genere e posizione geografica delle persone più a rischio. Ovviamente è da considerarsi un ulteriore supporto che però può dare valide informazioni allo scopo di individuare velocemente l’eventuale insorgere di sintomi riconducibili all’infezione.
E’ la prima epidemia all’epoca dei #social ma anche la prima grande infezione che si è venuta a creare in piena era digitale ed è proprio la tecnologia che prova a dare una mano in tutte le circostanze provando ad arginare le difficoltà. Il coronavirus fa svegliare alcune menti assopite e fa parlare di smart working, skype call, webinar, livestreaming e pensare a come sostituire quanto fino a ieri era un must: il solo ed unico F2F.
Il digitale è un’opportunità, non un semplice strumento di sostituzione ma un valore che necessita di una cultura evoluta. Per molti sarà l’occasione per esplorare e fare i primi passi, sperando che possa diventare poi una best practice ad emergenza finita.
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