Non solo Great Resignation: il fenomeno del quiet quitting

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Non solo Great Resignation: il fenomeno del quiet quitting

Con quiet quitting si intende l’abbandono silenzioso e questo neologismo indica i dipendenti che svolgono solo lo stretto indispensabile nelle ore definite da contratto. Viene quindi meno la volontà di fare straordinari e aderire a progetti extra assumendosi maggiori responsabilità. In questo contesto diventa fondamentale ripensare al rapporto tra manager e impiegati e creare nuove forme di coinvolgimento e interazione sul luogo di lavoro.

Quiet quitting: la buzzword che piace alla gen Z

Fino a qualche tempo fa a catalizzare l’attenzione era la parola Great Resignation, oggi si parla di quiet quitting, termine che con l’hashtag dedicato su TikTok ha raggiunto ben 8,2 milioni di visualizzazione. Si tratta come detto della volontà del dipendente di svolgere meno lavoro possibile fino a licenziarsi e di una moda che ha avuto origine negli USA.

Un recente sondaggio di  YouGov nel mese di agosto su 1000 impiegati statunitensi rivela che il 56% degli intervistati non aveva mai sentito parlare di “Quiet Quitting”, e tra coloro che lo avevano almeno sentito nominare c’erano opinioni discordanti su cosa volesse dire veramente: il 37% pensava che descrivesse il minimo indispensabile di lavoro da svolgere (quanto basta per non essere licenziati), mentre il 19% riteneva che si trattasse di rifiutare attività extra senza compenso. Addirittura, un intervistato su quattro ha inteso “l’abbandono silenzioso” come l’atto di dare le dimissioni senza però comunicarlo a nessuno.

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Il lavoro assorbe tanto di noi e allora perché non impiegare il proprio tempo, energie e capacità per un progetto personale? O per un’azienda che sentiamo più vicina sotto l’aspetto valoriale e che riconosce opportunamente quanto valiamo?

In realtà oggi tutti sanno che con quiet quitting si intende il lavorare solo nelle ore di contratto, dedicando energie e forze residue ad altro. Questa buzzword caratterizza soprattutto la gen Z e sono i giovani a non volersi fermare di più in ufficio e fare straordinari anche retribuiti, portare avanti progetti nel weekend o aumentare il carico di lavoro.

Si tratta di una volontà di rimettere al centro sé stessi e che prevede come il denaro nella Gen Z non sia più la priorità principale del lavoro. Oggi le persone vogliono maggiore tempo da dedicare a sé stessi, tempo che si toglie dal lavoro per incentrarlo sulla vita privata.

«Questa giovane categoria di lavoratori esige che i datori di lavoro si occupino di loro come persone nel loro insieme – ha dichiarato Linda Jingfang Cai, vicepresidente per lo sviluppo dei talenti di LinkedIn -. E la capacità di comprendere il loro percorso di carriera vale più di una busta paga».

Come gestire il quiet quitting?

In questo mutato contesto i manager e gli imprenditori devono saper gestire il fenomeno del quiet quitting creando in azienda un mindset che premia il lavoratore responsabile e incentiva il massimo impegno lavorativo. Sicuramente si tratta di un fenomeno da monitorare, perché ne sentiremo parlare sempre di più.

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