Marcello non si smentisce mai, ha sempre un suo modo di parlare agli spettatori. A ogni nuovo film gli chiedevano di fare se stesso e sempre più lui trovava dentro di sé delle cose nuove per arricchire i personaggi senza diventare mai ingombrante, senza sovrapporsi al film o al regista. Sapeva giocare con la disinvoltura di chi si diverte, con la grinta, la tenacia, la solidità che sono il segreto della sue eterna giovinezza, la sua astuzia per non invecchiare. Lavora fino alla fine, anche quando la malattia lo costringe a recitare seduto perché non riesce più a reggersi in piedi (1996). Ma il palcoscenico e il set avevano su di lui quasi un mistico potere taumaturgico.
“Ringrazio Marcello Mastroianni che con ‘Otto e mezzo’ mi ha insegnato che si può volere dire la verità senza sapere cosa sia”.
Così disse il regista Nikita Michalkov ricevendo l’Oscar nel 1994, in effetti quell’espressione malinconica, quasi distante dalla realtà, ha contribuito non poco a scolpire nell’immaginario collettivo il mito del grande attore italiano. Marcello Mastroianni in effetti è il simbolo stesso dell’italianità, non solo perché ha raccontato il paese attraverso quei personaggi che, con piglio camaleontico, ha interpretato, ma perché il suo fascino, unitamente a quello dei suoi grandi capolavori, ha sedotto il mondo. Fu considerato, suo malgrado, un sex symbol, non a caso ebbeuna breve relazione anche con la divina Silvana Mangano, oltre che quella lunga e chiacchierata con Catherine Deneuve, ma sul grande schermo tutti lo ricordano infatuato come un adolescente di fronte ad Anita Ekberg che lo invita a tuffarsi nella Fontana di Trevi e partner di Sophia Loren in tantissime pellicole. Di proverbiale eleganza, i suoi personaggi restano un punto di riferimento costante nella moda e per i marchi che celebrano la tradizione sartoriale italiana. Indimenticabili l’abito scuro a due bottoni indossato con camicia bianca e cravatta sottile nera (trend tornato in voga da diversi anni) e l’abito bianco del finale de La dolce vita indossato con camicia nera. Di mezzo la vestaglia da camera di seta e gli storici occhiali Persol 649 di Divorzio all’italiana, l’abito gessato a tre pezzi e i guanti da automobilista di Matrimonio all’italiana, l’irrinunciabile cappello (modello Borsalino) che conferisce sempre un’aria distinta durante la bella stagione. Pochi uomini al mondo sono in grado di indossare un frac blu, come quello confezionato dalla storica sartoria Farani di Roma per Intervista, perchè in fondo l’eleganza non è mai solo un abito, ma è un modo di fare disinvolto e mai artificioso.
Marcello Mastroianni tra donne e trench. Roma e Parigi. Città dove l’attore fa ritorno durante la malattia che lo porta via per sempre, persino dalla Città Eterna, il 19 dicembre del 1996 a 72 anni. Quella voce nasale che ritorna nelle orecchie di chiunque stia leggendo la sua biografia. Quella voce che Marcello Mastroianni ha diffuso nel mondo, spesso nei dialoghi che rendono la coppia Mastroianni-Loren una certezza di sentimenti. E botteghino. Amante seriale, renderà Sophia Loren la sua collega spirituale, ma solo sul set: ritratti dell’Italia in tanti film rimasti nella memoria collettiva.
Cresciuto tra le colline di Frosinone non sente il richiamo delle colline di Hollywood: ma laggiù lo amano. Quasi quanto oltralpe dove ha come antagonisti di set belli e impossibili come Alain Delon e dove sul piatto di un duello estetico anche l’altezza di Marcello Mastroianni viene passata in rassegna (1,76 centimetri). Ma nonostante tutto e tutti, a Parigi Marcello Mastroianni conquista una Catherine Deneuve che sarà sua croce e delizia, una figlia, Chiara Mastroianni, attaccatissima al padre e la foto che fa il giro del mondo del divo Mastroianni in trench e occhialoni neri che tiene per mano la piccola Chiara tra le strade di Parigi, è pura poesia. Foto che fa a cazzotti con l’immagine di cattivo cattolico nell’Italia anni ’60 che non vede di buon occhio il suo principale divo di Cinecittà che tradisce in prima pagina la moglie, Flora Carabella (da cui ha avuto la primogenita Barbara). La tradisce e non divorzierà mai da lei – sposata quando era 26enne – neppure quando conosce Faye Dunaway con la quale gira Amanti di Vittorio De Sica in un inglese impeccabile. Impeccabile come il suo modo di mordere i collant di Sophia Loren nello spogliarello più famoso del cinema in Ieri, oggi e domani. Un ululato, quello di Mastroianni, che cambia il cinema: altro che dialoghi serrati, “basta” un riverbero animale e sinistro quanto basta per scuotere i buoni costumi dell’Italia democristiana (il film è del 1963 e Mastroianni ha un’amante in un’altra città).
Marcello Mastroianni è Federico Fellini: alter ego sullo schermo del più importante regista visionario, provocatorio e maschilista (apparentemente tale) del cinema moderno. Quell’Otto e mezzo faraonico, con il finale all’alba di una ballata verso la fine di un tramonto artistico (non per Mastroianni) consegnano a Marcello le chiavi dell’eternità. Città eterna che Marcello Mastroianni aveva conosciuto già nel 1960: “Marcello come here” urlato da Anita Ekberg dalla fontana di Trevi de La dolce vita (da cui nasce anche il modo di chiamare così la maglia a collo alto). Motto cinematografico che corrisponde alla frase-cliché di “Je suis Catherine Deneuve”. Classici del parlato comune che inchiodano il cinema nelle nostre vite. E ironia della sorte sono proprio Marcello Mastroianni e Catherine Deneuve a raccontare l’amore moderno sull’asse Parigi-Roma. Mastroianni è ancora sposato ma la relazione con Catherine dura quattro anni. Pochi ma sufficienti per metterli al centro della mondanità (e di un’ironia della stampa benpensante visto che si conoscono sul set del film La Cagna commedia di Marco Ferreri con loro sperduti su un’isola deserta). Per visionare attentamente la filmografia di Marcello Mastroianni non basta una vita: 147 film in 58 anni. Carriera infinita costellata da registi incredibili che tra le mani hanno una delle figure più poliedriche del cinema. Difficile da odiare perché così incapace di essere sempre e solo il reporter gossipparo de La Dolce vita o il volto di gomma de Il Bell’Antonio. Lui no, conduce con mano sicura una giovanissima Monica Vitti ne La Notte (in una Milano spettrale), è lui il ladruncolo de I soliti ignoti (e quell’Ostia che fa venire le lacrime), è lui che corre tra le masserie del sud Italia in Casanova ’70. Ed è lui l’attore italiano più premiato nel mondo. I suoi numeri sono da capogiro: 3 nominations all’Oscar, 2 Golden Globe, 2 Premi BAFTA, 8 David di Donatello, 8 Nastri d’argento e 5 Globi d’oro. Giusto per nominare quelli più importanti, anche perché per essere completi, dovremmo nominarne una miriade di “minori”.