Qualche settimana fa un celebre film di fantascienza degli anni ‘80 ha compiuto 40 anni dall’uscita cinematografica nelle sale americane, che fu il 26 Ottobre 1984, e che in Italia arriverà qualche mese dopo, l’11 Gennaio 1985.
Un film, forse non proprio il primo, ma sicuramente fra i primi, che ci propone la visione distopica e allucinata di un futuro imminente nel quale le intelligenze artificiali sono in guerra con gli esseri umani.
Un film che sdogana, meglio e con grande successo, termini come AI, cyborg e viaggi nel tempo.
Certo, qualcuno obietterà dicendo che HAL 9000, l’AI di “2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick, arriva 16 anni prima, che una specie di cyborg erano già apparsi nel 1982 nel “Blade Runner” di Ridley Scott, e che i viaggi nel tempo diventeranno celebri grazie alla DeLorean di “Ritorno al futuro” di Robert Zemeckis, che uscirà un anno dopo, nel 1985. E magari qualcuno si spingerà ancora oltre affermando che la prima vera e più compiuta AI sarà quella di Matrix, che uscirà solo nel 1999.
Ok, sono tutti ottimi esempi, ma nessuno di questi film riuscirà ad infondere quella paura e quell’ansia sul pericolo rappresentato dalle AI come Terminator.
Forse perchè Skynet, l’AI del film, darà un corpo alle nostre ansie, quello del cyborg Arnold Schwarzenegger e del suo endoscheletro robotico, il T800.
Sia come sia, il film fu il primo e vero lungometraggio di James Cameron, girato con un bassissimo budget, circa 6,5 milioni di dollari (il film ne incasserà oltre 78 milioni), proiettando il regista, oltre che autore della sceneggiatura, un quasi sconosciuto James Cameron, sulla ribalta mondiale e consacrando come stella di Hollywood Arnold Schwarzenegger, che allora aveva girato solo il primo film della saga di Conan il Barbaro, un documentario, un B (ma forse Z) movie, Ercole a New York, ed era apparso in altre 4 pellicole, e che pure aveva già vinto un Golden Globe come miglior attore esordiente.
L’idea del film pare fosse venuta a Cameron mentre era in Italia per dirigere le riprese di Piraña paura (1982), sequel dell’horror del 1978 Piranha, diretto da Joe Dante. Una pratica, quella di girare sequel di film di successo, molto spesso dei B-movie, che allora in Italia venivano prodotti in gran numero, sfruttando il successo di precedenti film statunitensi.
Si dice che il sogno di uno scheletro metallico che emergeva da un’esplosione impugnando dei coltelli venne a Cameron durante un incubo notturno mentre era febbricitante in una stanza d’albergo di Roma.
Curiosità metacinematografiche a parte, il Terminator è entrato nel nostro inconscio collettivo come l’archetipo del mostro metallico senza anima e cuore, inesorabile nel perseguire lo scopo per cui è stato programmato.
E forse è proprio questa sua capacità soprannaturale di eseguire il suo compito da una parte e l’impossibilità di contemplare altre possibilità dall’altra che ce lo fa percepire come il mostro definitivo, risoluto, implacabile e letale.
Un mostro, ma meglio sarebbe chiamarlo alieno nel senso etimologico del termine, che non pensa come noi e che per questo ci fa ancora più paura.