Raffaello Castellano (535)
“Ci vuole un fisico speciale, per fare quello che ti pare, perché di solito a nessuno, vai bene così come sei.
Tu che cercavi comprensione sai, comprensione sai.
Ti trovi lì in competizione sai, competizione sai.
Ci vuole un fisico bestiale, per resistere agli urti della vita, a quel che leggi sul giornale, e certe volte anche alla sfiga.
Ci vuole un fisico bestiale sai, speciale sai, anche per bere e per fumare sai, fumare sai.”
Con queste parole, il cantautore Luca Carboni, durante l’ultima puntata di Fantastico 12, condotto da Johnny Dorelli e Raffaella Carrà (siamo nel dicembre del 1991) canta dal vivo il suo ultimo singolo: “Ci vuole un fisico bestiale”, forse riferendosi alla moda, ma meglio sarebbe dire boom, dilagante in quegli anni, di palestre, diete, fitness e chi più ne ha più ne metta.
Sono gli anni in cui nel mondo imperversano eroi cinematografici duri e puri come Arnold Schwarzenegger, Sylvester Stallone e la new entry Jean-Claude Van Damme.
In Italia lo yuppismo e la “Milano da Bere” stanno cominciando la loro inesorabile parabola discendente, presto l’Italia intera, non solo quella dei palestrati e dei maniaci del fitness, si sarebbe svegliata con il rumore assordante delle bombe del 23 maggio 1992 a Capaci e del 19 luglio 1992 in Via d’Amelio (che costarono la vita dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oltre agli uomini della scorta), per scoprire, infine, il 17 febbraio 1992, con l’arresto dell’ingegnere Mario Chiesa, membro di spicco dell’allora Partito Socialista Italiano Milanese, tutta la corruzione di Tangentopoli, ed il cuore marcio di un intero Paese.
I nostri lettori si staranno chiedendo cosa c’entrino le stragi della mafia e le inchieste di Mani Pulite con l’argomento di questo mese di Smart Marketing. Forse niente, ma chi mi conosce sa che amo il gusto della provocazione e che mi piace trattare gli argomenti con un approccio “laterale”, il mio amico Ivan Zorico direbbe “partendo per la tangente”.
Cercherò di spiegarmi meglio: Luca Carboni, cantautore osteggiato dalla critica di quegli anni ma amatissimo dai 15 – 25 enni di allora (io ero fra quelli), con la sua canzone dava sfogo ad un sentire comune, ad un umore (o malumore) che aveva preso corpo negli “edonistici” anni ottanta e trovava compimento e giustificazione negli anni ’90 del vecchio secolo.
Tutto era già cominciato prima: gli anni ’70, con il loro carico di bombe e piombo ed il loro clima di impegno politico militante duro e puro, le proteste ed gli scioperi, avevano, in un certo senso, reso necessario un cambio di passo. L’opinione pubblica, i cittadini, il popolo, tutti noi insomma, chiedevamo che gli anni ’80 fossero più “leggeri”, frivoli e meno impegnati.
Il decennio degli anni ottanta fu realmente così: in televisione si affermavano i cartoni animati giapponesi, la musica pop consacrava definitivamente Michael Jackson e incoronava l’astro nascente di Madonna, con l’economia del mondo ben stretta nelle mani dei conservatori, con i conservatori-liberali inglesi e la Thatcher, da una parte, e i repubblicani americani e Reagan, dall’altra. Sembrava a tutti, Americani, Inglesi, Giapponesi ed Italiani, che ogni cosa fosse possibile e che avremmo potuto vivere in un mondo dalle risorse inesauribili, che ciascuno di noi potesse diventare un uomo, od una donna, ricco e di successo. Gli anni ’90 si aprirono proprio con le riflessioni degli artisti che per primi s’interrogarono, chiedendosi e chiedendoci se un decennio di disimpegno civile e morale, come gli anni ’80, avesse causato dei danni collaterali.
La situazione sociale e morale di allora, che trovava in cantautori come Luca Carboni i suoi araldi, a mio avviso, è molto simile a quella attuale.
Il mondo sta attraversando una crisi economica, forse, senza precedenti: il problema dell’immigrazione, soprattutto di quella africana, è divenuto insostenibile, le risorse del pianeta si stanno esaurendo, il mondo islamico, soprattutto quello di matrice più estremista come ISIS, sta bussando alle porte dell’Occidente a colpi di mitra, bombe, attentati e distruzione di patrimoni artistici e storici inestimabili, ed in tutto questo la civiltà “occidentale” perde d’importanza, di prestigio e personalità, finendo di essere quel “faro di democrazia” che ha da sempre rappresentato.
Come ho detto già in precedenza su queste pagine, il problema più grave è, a mio avviso, quello della perdita d’identità del mondo occidentale: noi non sappiamo più chi siamo, nè tantomeno dove stiamo andando, e questi sono i primi problemi che dobbiamo affrontare, prima di quelli ecologici, d’immigrazione, di lavoro, culturali e sociali.
La domanda allora è: può lo sport, lo stare in forma aiutarci in questa fase di trambusto e trasformazione?
I latini dicevano “Mens sana in corpore sano”: l’augurio che mi sento di rivolgere a tutti voi è di non dimenticare la prima parte della locuzione latina, non trascuriamo di allenare sia i nostri muscoli, che il nostro cervello, perché, non dimentichiamolo mai, ci siamo evoluti non grazie alla nostra forza, ma grazie alla nostra intelligenza.
Da ultimo permettetemi di ringraziare l’artista Nicola Curri, autore della splendida copertina di questo numero di luglio. Conosco Nicola fin dal 1998, quando, visitando una mostra a Massafra, in provincia di Taranto, organizzata dall’amico (comune ad entrambi) Pino Caputi, rimasi impressionato dal suo stile e dalle sue installazioni irriverenti e provocatorie; è stato bello poterlo risentire per coinvolgerlo in questa iniziativa della Copertina d’Artista, che sta incontrando la simpatia dei nostri lettori e la collaborazione di tanti ottimi artisti.