Natale: i falsi miti di una giovane tradizione di consumi.

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Anna Rita Leone (4)

 

 

 

 

xSfVNFDIl periodo natalizio è il più fervido calderone di immagini e immaginario collettivo occidentale. Surclassata e relegata a una postilla una delle ricorrenze più importanti della cristianità, il Natale si è lentamente trasformato in un più o meno lungo, laico, periodo di vacanza, relax e famiglia. Ironicamente parlando.

Chiedendo alle generazioni che ci hanno preceduto, anche di poco, si ha la misura di come il Natale si sia caricato attraverso gli anni di significati e associazioni simboliche diverse;  di abitudini e tradizioni che sono sostanzialmente giovani;  di un’espansione temporale che precede di un mese la ricorrenza; nonché diversi mood delle persone, che assumono atteggiamenti contrastanti di fronte a una festività così “avvolgente” e impegnativa.

La frugalità che ci ha preceduto è stata soppiantata da un lungo invito ai consumi, a un surplus di desideri e  che si susseguono, e a un diverso fluire del tempo.

Intanto, come ogni anno, già dal mese di novembre, esperti di marketing e di economia imbastiscono previsioni di spesa degli utenti, stime, guardando ai trend di consumo, allo stato della società; contemporaneamente, la comunicazione e la pubblicità si rivestono di carta rossa: è necessario creare l’atmosfera natalizia, con una ridondanza di simboli, musiche e messaggi mirati, con una preparazione del mercato a cottura lenta, con l’introduzione anticipata di beni di consumo che, solitamente, venivano relegati alle ultime settimane di dicembre.natale_traffico_crisi-600x300

Se diamo uno sguardo alla storia più remota,  possiamo notare come la tradizione cattolica, abbia fatto coincidere il Natale di Cristo con tradizioni più arcaiche. I romani, nel mese di dicembre, usavano  celebrare i Saturnali, festeggiamenti di una settimana in onore di Saturno: erano  giorni di grandi feste e di atti generosi, gli schiavi non lavoravano e ai bambini venivano elargiti doni. Nei paesi del nord Europa, poi, dicembre era il mese in cui l’agricoltura era ferma, per evidenti motivazioni climatiche, ma era anche periodo di abbondanza, poiché era possibile godere dei frutti del raccolto svoltosi nei mesi precedenti; giorni di festa, carne fresca, birra e vino: la storia ci racconta che per i popoli del nord dicembre era tempo di gozzoviglio, di superamento dei limiti e di sovvertimento dei ruoli e delle regole sociali. I poveri, per quei giorni, comandavano e pretendevano doni ed elemosine in modo aggressivo, si lasciavano andare all’alcol e a trasgressioni sessuali; le elite donavano e tolleravano di buon grado quest’ordine transitorio delle cose, che fungeva da valvola di sicurezza per contenere l’odio di classe, poiché offrivano più di semplici doni: una sorta di benevolenza paternalistica che successivamente avrebbe tenuto le redini del controllo sociale.

natale_consumismo_0001 (1)Quando, successivamente, la festività cattolica fu fissata a fine dicembre, le vecchie tradizioni continuarono a permanere, e per un certo tempo a coesistere, pur se in modo conflittuale perchè mal viste dalle autorità religiose. Con l’avvento della Riforma Luterana, le festività antiche furono bandite; nel 1647 il Parlamento inglese, sotto la pressione di Cromwell, dichiarò il Natale illegale poiché papista e pagano. Egualmente, di riflesso accadde in America, in qualche colonia, ma non per tutti: molti uomini dei ceti più poveri, assediavano le case di benestanti esigendo cibo e vino; mentre le chiese tentarono invano di arginare il fenomeno.

La nascita del moderno capitalismo, intorno alla metà del secolo XIX negli Stati Uniti cambiò radicalmente questo stato di cose.

Il divario tra ricchi e poveri si acuì e i festeggiamenti di Natale si trasformarono in vere e proprie lotte di classe, e i comportamenti un tempo tollerati furono penalizzati dalla legge. Contestualmente, la nascita della classe media americana contribuì in modo decisivo alla nascita del Natale così come lo conosciamo oggi, miti e storielle annesse. I doni venivano offerti non più ai poveri, ma ai soli bambini, che all’epoca costituivano uno dei gradini più bassi per importanza della scala sociale, reiterando così, in modo diverso il fenomeno del dono nei confronti di chi non ha potere decisionale. Tuttavia, come si può comprendere, i figli della middle class avevano già ciò che era necessario per vivere, quindi il dono di Natale divenne qualcosa di non necessario, un plus, un lusso. La società dei consumi si era impossessata del Natale e il fenomeno si allargò a macchia d’olio, seguendo diversi iter in tutto l’Occidente.this-is-all-the-proof-you-need-for-why-android-wont-take-over-the-world

Fin qui il passato, e quello che possiamo definire la modernità del Natale. Il passo successivo è arrivato con l’era post-moderna, quella della liquidità delle vite e dei consumi: non più tempi ciclici, in cui il Natale rappresenta una parentesi, quella finale, di un anno intero, ma un continuo fluire verso un punto apicale indefinito. Il tempo di Natale, tempo di desideri non più di bisogni, si estende; la società dei consumi fagocita i desideri ancor prima che essi siano stati espressi, poiché la promessa di soddisfazione genera seduzione e bisogno di appagamento sempre più compulsivo, senza garantire alcuna felicità.

Fuori da ogni giudizio morale, sociologi e filosofi hanno negli ultimi 50 anni esaminato la società dei consumi, e lo specchio più lampante di questa è ravvisabile nel periodo Natalizio, con l’abbattimento dei tempi di riposo in favore di quelli di consumo, come dimostrano i supermercati e centri commerciali sempre aperti. D’altro canto, il consumo rappresenta sempre di più una pratica sociale e identitaria, con un doppio legame instabile tra oggetto venduto e soggetto compratore, per cui l’obsolescenza dell’oggetto intacca l’identità instabile del soggetto, che matura così nuovi desideri. Intanto il Natale passa silenzioso, sotto il rumore dei registratori di cassa, delle nostre anime inquiete e del prossimo desiderio di consumo.

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