Cannes vuol dire Cinema, quello con la C maiuscola, quello glamour e chic, che lo ha sempre contraddistinto, considerato insieme a Venezia, il più prestigioso dei festival dedicati alla “settima arte”. Arrivato alla 69esima edizione, e nato nel 1939, al Palais du cinéma si sono annidati centinaia di giornalisti specializzati e addetti ai lavori provenienti da ogni parte del mondo. Una dimensione glamour, quella di Cannes davvero spropositata e ammaliante (le feste sulla Croisette, le decine di divi e presunti tali), una macchina organizzativa efficace, sono solo alcune delle più evidenti caratteristiche di una città che per quasi due settimane respira e fa respirare Cinema. Forse, rispetto agli anni passati, la qualità dei film in concorso è stata più bassa, ma l’ottimo lavoro della giuria presieduta dal Maestro George Miller, ha ovviato a questa mancanza. Come al solito l’Italia è tra le protagoniste, in Giuria infatti, c’era Valeria Golino, la migliore attrice italiana attualmente in circolazione, vincitrice tra l’altro di due festival di Venezia, come migliore interprete femminile.
I film in concorso, tutti di autori affermati e abituati a venire qui alla Croisette, non sono stati totalmente esaltanti, regalandoci pochissime vertigini o visioni entusiasmanti, anche se, con il premio più prestigioso, il festival si riscatta ampiamente. A sorpresa, ma meritata, la vittoria della Palma d’oro, la sua seconda in carriera, va a Ken Loach per I,Daniel Blake. Film d’impegno sociale, amaro quanto convenzionale, il lavoro di Loach può essere definito come uno dei suoi capolavori. Non si può non sorridere e riflettere di fronte all’entusiasmo, alla passione civile e alla forte volontà di un cineasta ancora oggi disposto a lottare, sempre e comunque, al di là dei risultati. Una vittoria quella di Loach, che è stata vista come un messaggio del festival all’ unione Europea e contro i muri e le spinte indipendentiste, un po’ come quella di Gianfranco Rosi a Berlino con il suo docu-film Fuocoammare. Elementi che invece permangono vivamente, in tutto quello che concerne a far passare Cannes, come il luogo del glamour e dello stile del “divismo” cinematografico, è la classica sfilata dei “divi” e delle “dive” in abito da sera e in frac. A tal proposito nel nostro glorioso passato, il “divismo” italiano, ha sempre avuto successo qui a Cannes, proprio perché capace di unire la ricerca del glamour come elemento imprescindibile della kermesse francese, con quello elegante dei divi all’italiana.
Qui, tra gli anni ’60 e ’70, hanno fatto totalmente impazzire Cannes, quattro dive italiane che sono state acclamate in maniera unitaria. Parliamo del fascino irresistibile e senza tempo di Sophia Loren e quello meno mediterraneo ma altrettanto inossidabile di Gina Lollobrigida. L’algida e sopraffina bellezza di Claudia Cardinale, e quella elegante e più sofisticata di Silvana Mangano. Sono le cosiddette “divine del cinema italiano”, straordinarie bellezze del passato che hanno attraversato le Croisette della cittadina francese, e da queste parti vengono sempre ricordate come icone di fascino e di bellezza. E poi c’è lei Virna Lisi, negli anni ’60 definita l’attrice più elegante del mondo, e che per questo non poteva non avere successo a Cannes, dove il glamour e l’eleganza contano più di ogni cosa. Nel 1994, a 58 anni, vince il Prix d’interpretation feminile, per l’interpretazione superba di Caterina de’ Medici nel film francese La Regina Margot di Patrice Chéreau, la ciliegina sulla torta ad una sfolgorante carriera per Virna Lisi, che con questo premio è a tutti gli effetti tra le più grandi attrici femminili del cinema mondiale.
E poi veniamo a lui, a quello che è non solo il più grande attore italiano di sempre, ma anche l’icona di stile ed eleganza tutta italiana, e perciò amatissimo a Cannes, dove peraltro trionfò per ben due volte, sto parlando di Marcello Mastroianni. Marcello Mastroianni in effetti è il simbolo stesso dell’italianità, non solo perché ha raccontato il paese attraverso quei personaggi che, con piglio camaleontico, ha interpretato, ma perché il suo fascino, unitamente a quello dei suoi grandi capolavori, ha sedotto il mondo. Fu considerato, suo malgrado, un sex symbol, non a caso ebbe una breve relazione con la divina Silvana Mangano e una lunga storia con Catherine Deneuve (dalla quale nacque la figlia Chiara), ma sul grande schermo tutti lo ricordano infatuato come un adolescente di fronte ad Anita Ekberg che lo invita a tuffarsi nella Fontana di Trevi e partner di Sophia Loren in tantissime pellicole. Di proverbiale eleganza, i suoi personaggi restano un punto di riferimento costante nella moda e per i marchi che celebrano la tradizione sartoriale italiana.
Indimenticabili l’abito scuro a due bottoni indossato con camicia bianca e cravatta sottile nera (trend tornato in voga da diversi anni) e l’abito bianco del finale de La dolce vita indossato con camicia nera. Di mezzo la vestaglia da camera di seta e gli storici occhiali Persol 649 di Divorzio all’italiana, l’abito gessato a tre pezzi e i guanti da automobilista di Matrimonio all’italiana, l’irrinunciabile cappello (modello Borsalino) che conferisce sempre un’aria distinta durante la bella stagione. Pochi uomini al mondo sono in grado di indossare un frac blu, come quello confezionato dalla storica sartoria Farani di Roma per Intervista, perchè in fondo l’eleganza non è mai solo un abito, ma è un modo di fare disinvolto e mai artificioso. Tutti elementi che hanno fatto impazzire i francesi, letteralmente malati di “marcellite” si disse anni fa. E il “mito” di Marcello a Cannes è vivo più che mai ancora oggi. L’edizione di due anni fa, aveva come immagine simbolo e come locandina della 67esima edizione del Kermesse, proprio Mastroianni, con abito gessato nero e sigaretta in bocca, simbolo di quell’eleganza che da queste parti si chiama “Mastroianni”, e che rimarrà sempre impareggiabile, nonostante lo scorrere impetuoso degli anni.
Un excursus tra quella che è la parte meramente tecnica del festival di Cannes, e quello che è l’intorno del festival, del suo stile, del suo fascino, del suo glamour, e del mito dell’Italianità, che da queste parti conta di più, ma molto di più, della solita e storica competizione, che vede i nostri cugini francesi sempre contrapposti a noi italiani. Lo stile e l’eleganza italiana hanno da sempre affascinato Cannes, e chi in qualche modo ha ambizioni e passioni nel mondo del cinema lì in Francia, non può non riconoscere la grandezza del nostro patrimonio cinematografico.