“Non credo di esser superiore anche io guardo Sanremo”, per dirla alla The Zen Circus e come la migliore tra “i qualunquisti”, ad occhio e croce, ho memoria di una trentina di Festival.
Ogni anno, è più o meno la stessa storia, declinata, nella caccia al conduttore perfetto, al totobig dei cantanti in gara, alla ricerca spasmodica di notizie sulle nuove promesse canore, all’annuncio di roboanti novità ed ospiti strepitosi.
Insomma, il solito baraccone di sempre, che man mano che si avvicina al fatidico giorno d’inizio, è sempre più arricchito di particolari più o meno succulenti, immancabili polemiche ed outfit non azzeccati.
Non bisogna dimenticare poi, il Dopofestival, microsistema di quella macro, attrazione nell’attrazione, che tira fino a notte fonda, fornendo spunti ancora più accattivanti, meno formali e più spontanei e che, di solito, è l’unica cosa divertente di tutta la manifestazione.
Il Dopofestival, anzi, dovrei dire, “L’altro Festival”, quest’anno sarà visibile solo su Raiplay, richiedendo un atto volontario del “gentile telespettatore” che dovrà spostarsi sulla piattaforma on-line e non potrà seguirlo per inerzia su Rai Uno.
Non ho citato, invece, la musica, le canzoni, il bel canto, perché di musica vera, mi verrebbe da dire, che negli ultimi anni ne ho ascoltata ben poca.
Se dovessi spiegarlo con le mie parole, direi che il Festival detto “della canzone italiana”, non è altro che una enorme operazione di product placement che dura ininterrottamente cinque serate, pubblicità a parte.
La musica e la gara, sono solo il pretesto per mostrare, piazzare il disco sul mercato, aumentare le quotazioni, e così, intonato o stonato, originalità o arrangiamenti scontati, esecuzione impeccabile o meno, sono quasi ridotti a discorsi da bar, che magari si rincorrono sui social, approdo finale di tutti i commenti più o meno sensati sul Festival, forse poi spazzati via dall’ultimo scoop.
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Consapevole di dissacrare il tempio sacro della musica italiana, quello che vide esibirsi Domenico Modugno, Pierangelo Bertoli e Rino Gaetano, solo per citarne alcuni, sono altresì consapevole che se spesso ci si lamenta del crollo qualitativo che ha subito la nostra musica negli ultimi tempi, complice è anche il ruolo di un festival che, invece di educare alla bellezza fornendo prodotti musicali di qualità, ha preferito adagiarsi ai gusti del mercato, assecondandolo.
Eppure mi piace pensare che, nonostante il contesto ed il contorno, la musica riesca ancora a trasmettere la sua essenza migliore, riesca ancora ad emozionare e, magari, a far riflettere su una società diventata profondamente sfaccettata e dai risvolti imprevedibili.
Intanto quest’anno, siamo arrivati alle soglie della settantesima edizione, un’edizione che si preannuncia sobria, elegante, aperta e democratica e che sarà capitanata da Amadeus, coadiuvato e circondato da affascinanti donne; non soubrette, vuote bambole da mostrare, ma donne intelligenti, espressione della femminilità in tutti i suoi aspetti, bellezza, forza ma anche fragilità ed empatia, sperando che, come spesso accade in questi casi, non si scada nell’ovvio, nella banalità o nel luogo comune.
Per adesso, a proposito di luoghi comuni, sono le donne a far cadere il “conduttore della porta accanto” in gaffe, polemiche ed odio di genere per alcuni concetti, forse infelici, forse mal espressi, ma sicuramente detti con estremo candore, nel corso della tradizionale conferenza stampa di metà gennaio.
Amadeus paventa un Sanremo “di tutti”, in cui la musica rompe gli argini dell’Ariston e incontra la gente nella piazza. Il compunto conduttore, si auspica di rappresentare un punto di rottura con tutto il resto, con le edizioni precedenti, proponendo un Festival che guarda al futuro e, forse, in un certo qual modo, rinnegando il passato.
Eppure, in occasione di un anniversario così importante, settant’anni, ci si aspetterebbe, una commemorazione degna di questa istituzione che si è arricchita ed è cresciuta ogni anno, un passo alla volta, diventando a volte vetrina, a volte specchio di un’Italia che negli anni ha affrontato profondi cambiamenti.
Non credo che si possa apprezzare la nuova edizione, senza conoscere, almeno un po’, le precedenti, e del resto, come si può apprezzare la musica contemporanea senza aver ascoltato quella del passato?
Il passato poi, acquista sempre un alone malinconico che lo riveste di bellezza, man mano che ci si allontana nel tempo ed è facile pensare che le canzoni delle scorse edizioni siano meglio di quelle che ci apprestiamo ad ascoltare.
Elucubrazioni che mi accompagnano sempre nel mese di gennaio quando comincia a salire l’aspettativa per il festival, che da lì a poco verrà messo in scena e che diventano dolore, da un po’ di anni a questa parte, per l’assenza di grandi come Fabrizio De Andrè e Pino Daniele.
Entrambi, non prenderanno mai direttamente parte alla gara canora, anche se Pino Daniele, nella scorsa edizione, ha ricevuto il premio alla carriera, un riconoscimento postumo che sicuramente non rende giustizia ad un musicista così completo.
Così, in attesa di ascoltare le nuove canzoni, mi soffermo sempre a pensare alle canzoni delle precedenti edizioni, quelle che ho amato da subito e che mi accompagnano sempre, altre, che seppur amate, via via hanno perso importanza, oppure quelle che in un primo momento non ho notato e che invece strada facendo, sono diventate colonna sonora di un periodo e un’emozione, anche se la maggior parte, risultate indigeste, sono rimaste tali.
Eppure, nonostante non sia mai riuscita a farmi piacere il contesto, sempre troppo incentrato sullo spettacolo e poco sulla musica, aspetto anche quest’anno la kermesse, aspetto di ascoltare le canzoni, aspetto di tifare per le nuove giovani promesse della musica, aspetto di supportare il cantante del cuore, così come la maggior parte degli italiani.
Strano popolo il nostro, che si appassiona, si indigna e si scatena in proteste sul web per una competizione canora, mentre si lascia scivolare nella più profonda indifferenza per tutto il resto lo riguardi dentro e fuori il Parlamento.
Non credo di essere superiore, anch’io continuo a guardare Sanremo e come ogni anno, cerco di capire e raccontare una gara dal meccanismo di voto degno della più complessa legge elettorale, cerco di dare il mio sguardo, sempre un po’ disincantato ma onesto, ma soprattutto, cerco di trovare buona musica dove non ci si aspetterebbe di trovarla.
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