Il Natale è sempre più alle porte. Scorrendo i giorni festivi del calendario non si parlava di albero e Presepe prima dell’8 dicembre. Da alcuni anni invece è già tutto rosso e brilluccicoso alla commemorazione dei defunti. Ma per prepararsi ad una ricorrenza così importante il percorso è lungo e sentito e inizia con la ricerca dei regali. Mentre si progettano grandi acquisti e si pensa anche a come pagarli, non sono pochi gli italiani che sotto l’albero sperano di trovare un lavoro, magari fisso.
Per il periodo natalizio sono previste oltre 100.000 nuovi ingressi in negozi e supermercati, ma stime ufficiose propongono dati molto più ingenti.
Le professioni sono tra le più svariate: casting per impersonare babbo Natale, infiocchettatori di pacchetti, costruttori di Presepi, baby sitter, organizzatori di eventi, animatori, maestri di sci, call center, spedizionieri e magazzinieri, baristi e camerieri.
I dati del 2016 rivelano un giro d’affati di poco sopra i 6 miliardi di euro solo per i regali. Confesercenti ha valutato una spesa media complessiva per famiglia pari a 614 euro divisi in doni (38%), viaggi (26%), cibo (24%) e divertimento (12%).
Il boom dello shopping si distribuisce con un 64% entro metà dicembre e il restante 36% punta agli acquisti last minute a pochi giorni dalla ricorrenza (Analisi Confesercenti Swg sui consumi e vacanze di Natale). Si fanno largo i doni “in autogestione” come buoni acquisto, cofanetti per esperienze, spopolano gli oggetti utili e i regali riciclati, primi tra tutti libri e cibi.
I soldi per gli acquisti sono arrivati da rinunce durante l’anno per il 72% degli intervistati ma ormai in molti si sono abituati alla crisi e osano qualche spesa in più nonostante la precarietà. Lo scorso Natale l’occupazione è aumentata dell’1% rispetto all’anno precedente, con un +1,9% dei dipendenti con contratto a termine mentre calano i lavoratori autonomi. Piccole percentuali che però valgono oltre 250.000 posti di lavoro (Dati ISTAT).
Come andrà il 2017?
L’ISTAT annuncia un aumento sostanziale degli ultra 49enni che lavorano sotto le feste. E i giovani stagionali che fine hanno fatto? Gli over 19 hanno meno problemi a trovare lavoro perché, per le aziende che cercano delle forze fresche da mettere in attività, i numeri sono sempre più ridotti. I 50enni sono 2 milioni, mentre i 20enni non arrivano all’1,5.
I 25 milioni di famiglie in Italia sono destinate a diventare sempre più coppie e nonni e, a tendere, i giovani saranno merce rara, quindi sempre più interessanti. L’identikit del lavoratore natalizio tipo: over 35, obbligatoriamente addobbato con berrettino rosso o cerchietto con le orecchie, gioiosamente felice, mediamente ben pagato grazie ai surplus degli straordinari e festività obbligatorie, con, incrociando le dita, la prospettiva di inserirsi in un’impresa con la speranza di essere richiamati alla prossima necessità.
L’occupazione spot quindi si prospetta come un nuovo modo di intendere il lavoro e le feste. Qualche mese di attività intensa, con retribuzione copiosa, inattività e disoccupazione, per poi ritrovarsi nella stessa realtà alla ricorrenza successiva. Dal punto di vista umano e relazionale l’importante è posticipare tutte le feste. Il Natale inizia con i saldi, il carnevale in Quaresima, le vacanze estive a settembre.
Questione di priorità e di organizzazione familiare.
Se ci sono più spese, più consumo, più posti di lavoro, non basterebbe inventarsi nuove celebrazioni per rilanciare l’economia? Altro che finanziaria!
O forse il lavoro iperstagionale non è un immenso costo visto che implica una grossa fetta di disoccupati da mantenere nei periodi di non attività e, per poter sostenere tutte queste persone, siamo universalmente obbligati a spendere molto più in regali e gadget?
Il futuro ci dirà.