Carl Casper è un noto chef di un altrettanto celebre ristorante di Los Angeles che viene a conoscenza dell’imminente visita del critico gastronomico Michel Ramsey, per il quale decide di preparare un menù innovativo e coraggioso. Ma la creatività e la passione dello chef vengono presto gelate dal proprietario del ristorante, Riva, che gli intima di seguire scrupolosamente il vecchio menù, collaudato da oltre un decennio. La serata è un fiasco: il critico stronca sul suo seguitissimo blog non solo il menù, ma attacca sul personale lo stesso chef, dichiarando la sua delusione per ciò che era diventato una grande promessa della cucina quale era stato, agli inizi della carriera, Carl Casper.
Da questa stroncatura, che diviene presto virale, prende avvio il tema centrale di questa deliziosa (in tutti i sensi) commedia del 2014 dal titolo “Chef – La ricetta perfetta”, scritta, diretta, prodotta ed interpretata da Jon Favreau, che la maggior parte di noi ricorda come l’interprete di Happy Hogan, la guardia del corpo di Tony Stark, alias Robert Downey Jr., nei film della serie “Iron Man”, dei quali è anche regista dei primi due.
Reduce dal fiasco, sia di botteghino che di critica, del suo precedente film del 2011 “Cowboys & Aliens”, Jon Favreau torna alle origini, proponendo una commedia dal sapore indie e dal taglio autoriale, nel quale in controluce si può leggere la biografia artistica del regista, da sempre in lotta con il cinema di Hollywood, che cerca di spegnere, questa la sua opinione, la sua verve creativa. Ed allora, negli scontri con Riva, il proprietario del ristorante (interpretato da Dustin Hoffman), e con il critico Ramsey (interpretato da Oliver Platt), possiamo leggere la delusione e la rabbia di Casper come una rappresentazione della rabbia del regista Favreau verso lo star system hollywoodiano.
Infatti il film ha un taglio molto intimista, dato proprio dalla biografia del suo autore che traspare in molti dialoghi e scene.
Ma torniamo alla trama del film: dopo la stroncatura del critico Carl Casper, molto arrabbiato, decide di sfidare via twitter proprio lo stesso esperto, rinvitandolo al ristorante per proporre, finalmente, il suo menù creativo. Saputo della sfida, il proprietario Riva affronta Casper e, dopo una violenta discussione, lo licenzia, impedendogli di preparare il suo menù, affidando le redini della cucina al suo chef in seconda, Tony (l’attore Bobby Cannavale), al quale viene ordinato di seguire scrupolosamente il collaudato menu del ristorante. Anche questa seconda sfida è un fiasco, che il critico documenta in tempo reale sui social. La serata ha un tragico epilogo quando, infuriato per i commenti al vetriolo dell’esperto, Carl Casper corre di volata al ristorante e, davanti a tutti gli altri clienti, al suo staff ed al proprietario, litiga ed urla in faccia a Ramsey, ancora seduto al suo tavolo. Il tutto, ripreso da un cliente, diventa un video, ancora più virale del precedente, che inevitabilmente mina la credibilità e la carriera stessa di Carl Casper.
Ma qui, come spesso succede anche nella vita reale, insieme alla caduta ed alla sconfitta arriva pure l’opportunità, interpretata dalla sua ex moglie, Inez (l’attrice ed ex modella Sofía Vergara), che gli propone un viaggio a Miami e l’opportunità di reinventarsi come chef di un food truck. Dapprima riluttante, ma via via sempre più convinto, Carl Casper trasforma un diroccato furgone in una vera cucina viaggiante per offrire i famosi panini cubani lungo tutto il percorso che lo porterà a bordo del suo furgone da Miami a Los Angeles. Un tour gastronomico da costa a costa dove, ad ogni tappa, cresce l’attesa dei clienti per i panini dello chef. In questa lenta odissea Carl Casper è accompagnato dal figlio, Percy (l’attore Emjay Anthony), che si cura di creare e amministrare le pagine social dell’attività, e da uno dei suoi chef in seconda che aveva al ristorante di Riva, Martin (l’attore John Leguizamo), che lo aiuta nelle preparazioni sulla cucina viaggiante.
Senza voler svelare altro sulla trama di questo gustoso film, sarebbe interessante affrontare ed approfondire alcuni dei ricchi spunti che questa pellicola offre a tematiche come il successo professionale, il marketing e i social media, che sono così importanti per la nostra rivista.
Per prima cosa si tratta di una storia di caduta, fallimento, risalita e riscatto esemplare e credibile come poche; il film si concentra fortemente sull’importanza del cambio di prospettive che bisogna assumere quando una carriera gastronomica, ma potrebbe essere di qualsiasi altro tipo, raggiunge una fase di impasse o di stop. Carl Casper capisce lentamente, ma profondamente, che quando un lavoro non ci rende più felici, il disastro è dietro l’angolo e che parole come cambiamento e ridimensionamento possono essere le chiavi di un nuovo successo, non solo professionale, ma anche personale. Tornando alle origini del suo lavoro, ricominciando, lui chef rinomato, come semplice cuoco di un food truck, riscoprendo profumi e sapori dimenticati, letteralmente Carl si re-innamora della sua professione, e noi sappiamo quanto sia importante amare quello che si fa.
In secondo luogo il film affronta l’importanza fondamentale che in certi momenti della vita assumono le tematiche del viaggio e del cambio geografico di attività. Carl Casper riannoda i fili lacerati della sua trama gastronomica, tornando nella città di Miami, dove aveva mosso i primi passi come chef, scoprendo per la seconda volta tutti quei motivi che lo avevano spinto a fare della cucina il suo mestiere e la sua ragione di vita. Anche in questo caso noi sappiamo quanto alle volte, lungo i nostri percorsi professionali, quando perdiamo motivazioni e mordente, sia importante fermarsi, magari tornare alle origini delle nostre scelte, per ricordarci le motivazioni che, allora, ci spinsero ad agire, al fine di poterle riutilizzare per superare le crisi odierne, di qualunque natura esse siano, professionali, familiari o esistenziali.
In terzo luogo, ed è l’aspetto meno scontato del film, la rinascita di Carl Casper come chef è documentata passo passo dal diario virtuale che il figlio dipana su social network come Twitter, Facebook ed Instagram, che rappresentano una parte importante del successo della nuova attività on the road. Qui gli insegnamenti che possiamo trarre sono svariati e molteplici, ma fra tutti si impone quello dell’importanza che lo storytelling sta assumendo nelle campagne pubblicitarie non solo social. La storia coast to coast, riportata sui profili social dal figlio dello chef, infarcita di curiosità, foto divertenti, ricette, successi e soste, appassiona prima centinaia, poi migliaia di utenti, tutti potenziali clienti, che il food truck incontra nelle città lungo il suo percorso per tornare a casa. Il bisogno di storie e di serialità, così evidente nella scrittura di soggetti e sceneggiature di serie tv di successo, ci dice inequivocabilmente che, se pure al mondo i lettori sono sempre meno, il bisogno di storie è comunque in crescita.
Il film, insomma, è un solido prodotto cinematografico, diretto alla vecchia maniera, con un cast di primo livello ed interpretazioni credibili ed efficaci, ma, accanto a questo, esso rappresenta un ottimo esercizio di marketing e management applicato, ci insegna l’importanza di concetti spesso astrusi come il cambio di prospettive, lo storytelling, il ritorno alle origini delle nostre scelte di vita e da ultimo affronta l’importanza del cambiamento cui spesso la vita ci costringe. Il film ci dice, o meglio, ci racconta e chiarisce una delle più belle massime del poeta Thomas Eliot quando scrisse: “Non smetteremo mai di esplorare, di cercare, di sperimentare e dopo innumerevoli giri torneremo al nostro punto di partenza per scoprire quel posto per la prima volta”.
Come spesso ho scritto e detto, un buon film non è solo un buon film, ma è sempre qualcosa di più. Buona visione.