Communication for dummies: quando l’esperienza non insegna.

Dopo 100 anni di studi sulla comunicazione, siamo ancora in alto mare (inquinato!)

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Communication for dummies: quando l'esperienza non insegna

Once upon a time….

C’era una volta un mondo di pubblicità fatte a carosello, di “I want you” e di “incontriamoci in piazza”. Ma questa è storia troppo vecchia.

C’era una volta un mondo di SMS da 160 caratteri, di costosissimi MMS che si visualizzavano solo su alcuni cellulari e l’alternativa era collegarsi al sito dell’operatore per vedere una foto, di “facciamoci uno squillino” perchè la telefonata costa troppo.

E oggi? Puoi scegliere tra: telefonata, mail, Whatsapp, Pinterest, vocale, Skype, Facebook, Instagramm, Twitter, LinkedIn, Youtube, Snapchat, Tumblr, Messenger, Telegram, Hangout, Videomessaggio e…. me ne sono sicuramente dimenticata qualcuno.

Con tutti questi strumenti dovremmo essere tutti esperti in comunicazione. Invece…..

1949: emittente, ricevente, messaggio.

C’era una volta il 1949, quando due studiosi (Shannon e Weaver) hanno analizzato il processo di comunicazione e l’hanno spezzettato in varie fasi. Prima di tutto un emittente che dal suo cervello codifica il messaggio e lo passa al ricevente che lo decodifica. Tutto questo avviene in un contesto specifico e attraverso un mezzo. Ovvio, no?

E nel 2019, dopo 70 anni, come siamo messi?

Chi non ha mai acceso la TV e nello zapping quotidiano è incappato (o rovinosamente inciampato) in Uomini e Donne? Il format, attivo dal ’96, si arricchise annualmente di errori (o strategie) di comunicazione.

Un tronista parla. E la platea interpreta. Chi corteggia interpreta. E ognuno “decodifica” a proprio modo il messaggio, sulla base di idee, convinzioni, esperienze personali, sentimenti e pregresso. Il mezzo è la voce. Queste incomprensioni generano dibattito (e audience). Negli anni si è arricchito di RVM. Cambia il mezzo. Il linguaggio sarà lo stesso? Le teorie comunicative dicono di no. Ma tutta la schiera di corteggiatori e corteggiati non ci fa caso e quindi fioccano i commenti e le critiche (e il product placement).

1967: non si può non comunicare

C’era una volta il 1967, quando un gruppo di studiosi della Scuola di Palo Alto in California (Watzlawich, Beavin e Jackson) hanno definito 5 assiomi della comunicazione. Tutto comunica e le comunicazioni sono influenzate dai rapporti tra le parti e dagli strumenti impiegati. Come dire che un complimento fatto dal fidanzato non ha lo stesso peso un apprezzamento urlato da un ubriaco fuori dal bar. Ovvio, no?

E nel 2019, dopo 52 anni, come siamo messi?

Alla fermata dell’autobus tutti con lo smartphone in mano. Cosa va di moda quest’anno? Vediamo cosa dicono gli influencer. Cosa cucinare per cena? Vediamo cosa propone in 8 minuti Benedetta. Come attaccare un bottone? Vediamo un tutorial su Youtube.

Scopri il numero: “Tutto è Comunicazione”

Se possiamo scegliere tra parlare con il vicino in treno o il cellulare, opteremo per una serie TV in streaming. Tra chiedere un consiglio ad un collega e cercare le recensioni sul web (a volte pagate), preferiamo comunque la seconda. Affidiamo gran parte delle nostre scelte agli influencer, emeriti sconosciuti a cui attribuiamo valore. Quanto peso diamo alle stelline, ai like e alle recensioni? E che dire poi della diffusione delle fake news? Dove si prende per vero, senza cercare conferma, ogni genere di notizia: dalle diete alla politica, preferendo siti o commenti non autorevoli alle informazioni e notizie dirette.

Tra i rapporti a km zero finiamo per preferire i racconti mediati, travisati, pagati.

1971: comunicazione non verbale

C’era una volta il 1971, quando uno psicologo statunitense (Mehrabian) ha studiato come la comunicazione sia formata da diversi ambiti. Una parte è formata dalle parole (7%), una dal contenuto paraverbale, cioè il tono della voce, le pause (38%) e ben il 55% è data dal linguaggio non verbale. Insomma, gesti e atteggiamenti comunicano più di mille parole. Come dire, un dito medio non ha bisogno di sottotitoli. Ovvio, no?

E nel 2019, dopo quasi 50 anni anni, come siamo messi?

Da pochi giorni è approdata la sesta edizione di Temptation Island. Con il suo 22,3% di share alla prima puntata del 2019 si è accaparrata grandi sponsor del calibro di Tezenis. Gli ascolti sono stati pari agli Europei di calcio nella stessa serata.

Le puntate di questo gioco al massacro appassionano via via maggiormente perchè la comunicazione viene sempre più travisata. Il fidanzato o la fidanzata vede il rispettivo partner ammiccare, squadrare, spalmare la crema, abbracciare, ballare e strusciarsi con un/una single. Quando si incontrano al termine dell’esperienza la faccia basita di uno e furibonda dall’altro rivela la diversa interpretazione del linguaggio non verbale. I commenti sono ripetitivi in modo seriale “ma io non ho detto nulla. Tu mi hai criticato a parole” addita uno dei due, di solito quello che ha subito la serie infinita di video. Ma il detto (e anche 50 anni di studio) non dice che un gesto, vale più di 1000 parole?

Beata ignoranza…. Tanto la cultura a che serve? Perchè navigar m’è dolce in questo mar!

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