Consigli utili per costruire la propria tribù

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Consigli utili per costruire la propria tribù

Vi ricordate la “Tim Tribù” dei primi anni 2000?

Era la campagna promozionale lanciata da TIM e rivolta principalmente ai giovani, che offriva promozioni esclusive incentivando l’uso dei servizi TIM a chi faceva parte di questa comunità, la “Tim Tribù”.

La martellante campagna promozionale, che si concentrava principalmente sulle televisioni nazionali, sfruttando la tecnica dello storytelling, e che vantava promoter illustri come Cristian De Sica, cercava di creare un senso di appartenenza a partire dal gestore telefonico scelto offrendo particolari vantaggi economici, come ad esempio le chiamate illimitate.

Semplice quanto geniale. All’inizio del secondo millennio, quando i rapporti umani erano solo reali ed il virtuale si affacciava appena, le crew, le comitive, le tribù definivano stile di vita, appartenenza, gruppo sociale.

L’avvento dei social network, la globalizzazione, la depersonalizzazione, la circolazione sempre più accelerata di idee e informazioni, ma anche la vita sempre più virtuale hanno in qualche modo reso labili le tribù, facendoci sentire sempre più soli e individualisti, fino ai giorni nostri, quando il riconoscersi in un personaggio pubblico, un influencer con cui possiamo avere la parvenza di avere un contatto diretto, si sgretola a colpi di truffe e indagini giudiziarie.

Ma davvero, oggi, non ci riconosciamo più in nessun gruppo?

Secondo Matteo Rinaldi e Luca Bertocci, autori di “Mindset Tribale”, le tribù oggi sono più attive che mai ed aggregano, grazie alla rete, persone non più legate da vincoli geografici o familiari, ma piuttosto a interessi, valori e culture condivise.

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Con una fan base di di nicchia, avere una relazione diretta con i follower è certamente meno difficile. Le persone che seguono questa tipologia di influencer hanno un rapporto che potremmo definire one-to-one che le fa sentire valorizzate. E questo valore ha, per l’influencer stesso, un grande significato. È la sua vera forza, il suo potere.

Il concetto di “Tribù Moderna” e conseguentemente quello che gli autori definiscono “Marketing Tribale”, appunto, è amplificato dall’uso dei social media e delle tecnologie digitali, che permettono alle persone di connettersi e formare comunità attorno a passioni comuni e non conosce davvero confini, ecco perché è importante comprenderne le dinamiche e cercare di trarre vantaggio da questo approccio per coinvolgere e fidelizzare i clienti.

Alla base di questo concetto c’è una targettizzazione quasi maniacale, dove i microgeneri la fanno da padroni e grazie ai quali è possibile andare ad individuare in modo puntale il nostro buyer persona.

Ma come si fa comunità? Come si costruisce un gruppo coeso e pronto a seguirci?

Sicuramente interessi comuni e fattori culturali sono le basi su cui fondare la tribù, che dovrà sempre essere inclusiva e non esclusiva, permeabile (il far parte di una tribù non dovrebbe escludere l’appartenenza alle altre) e trasmettere valori positivi e condivisibili.

Sviluppare il senso di appartenenza e costruire una comunità coesa non è un lavoro di poco conto e risolvibile in poco tempo, la tribù si costruisce passo passo dal basso e nulla può essere lasciato al caso.

Per fare questo, azioni mirate sulla brand awareness e una brand reputation in linea con i valori della tribù di riferimento sono la base per costruire la comunità pronta a seguirci e sostenerci.

Del resto, anche Giorgio Gaber nella sua “Canzone dell’appartenenza” ci insegna che per sentirsi parte di qualcosa non basta la mera aggregazione, ma è necessario che ci sia un sentimento empatico che ci spinga a riconoscerci nell’altro e sentirlo parte di noi stessi.

Hai letto fino qui? Allora questi contenuti devono essere davvero interessanti!

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