Solitamente quando si sente parlare di diritto d’autore si tende a fare l’associazione immediata a canzoni e cantanti; libri e scrittori e non ci si rende conto che, invece, in realtà si tratta di un diritto che si estende a qualsiasi tipologia di opera di ingegno che sia caratterizzata dall’elemento creatività.
Dalla letteratura alla musica, dalle arti figurative all’architettura, alle creazioni di design, alle opere teatrali o cinematografiche fino al software, ai contenuti on line tutto ciò che è creativo è anche tutelato.
La sottovalutazione naturale avviene perché Il grande mondo del WEB, da sempre riconosciuto come luogo virtuale di libertà dell’espressione ha infatti reso disponibile contenuti di facile accesso per i consumatori, e l’evoluzione delle tecnologie digitali ha radicalmente modificato il modo in cui le opere dell’ingegno vengono prodotte, ma anche quello con cui vengono distribuite e sfruttate, determinando due lati di una stessa medaglia.
Da un lato una maggior facilità per gli autori di ottenere visibilità per le proprie opere, dall’altro una maggior difficoltà per autori ed editori di vedere garantita una adeguata remunerazione per la fruizione dei contenuti, ha fatto sì che la Commissione Europea si interrogasse sul diritto d’autore e lo regolamentasse.
Ma cerchiamo di capire di più su cosa effettivamente sia il diritto d’autore e come questo possa essere tutelato nell’era dell’“appropriazione” dei contenuti per la condivisione nella rete.
Si tratta di quel diritto, appunto, che consente all’autore di poter disporre in maniera esclusiva delle sue opere e di rivendicarne la paternità decidendo se e quando pubblicarle. È il diritto che gli dà la facoltà di opporsi ad ogni loro modifica, di autorizzarne l’utilizzo e di ricevere i relativi compensi e sorge, in capo all’autore o agli autori dell’opera, nel momento in cui avviene la creazione della medesima. A differenza di quanto previsto per i brevetti e i marchi non è necessario adempiere a formalità amministrative. Per la paternità dell’opera non è richiesto alcun deposito ma è sufficiente dimostrare di esserne l’autore e di averla creata prima di altri. Colui che si dichiara autore di un’opera è considerato tale fino a prova contraria per cui è consigliabile, al fine di avere la prova che ne testimoni la paternità, depositare l’opera presso un ente che ne certifichi la data*.
Con lo sviluppo di internet e delle tecnologie con contenuti sul web che facilmente vengono condivisi, riprodotti, riutilizzati, il diritto d’autore ha subito profondi mutamenti e adattamenti, soprattutto in materia di diffusione, aprendo una panoramica molto diversa da un’epoca precedente dove tutto questo era impensabile (La legge sul diritto d’autore che disciplina la materia è la n.633 del 22 Aprile 1941 “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) tanto da richiedere un aggiornamento ultimamente.
Se parliamo di diritto d’autore non possiamo non considerare i copyright che vengono utilizzati in molti casi come sinonimi. Esistono alcune differenze tra i due termini sia in riferimento al significato che alla tutela dei diritti in questione.
Storicamente il copyright – tradotto letteralmente come “diritto di copia” – nasce in Inghilterra nel XVI secolo, con il diffondersi delle prime macchine automatiche per la stampa, per poi assumere l’accezione di diritto patrimoniale ponendo al centro la persona, quindi l’autore (e il suo diritto morale).
La principale differenza tra il copyright di stampo anglosassone e la sua evoluzione nel diritto d’autore, infatti, riguarda l’origine del diritto stesso:
- Il copyright nei sistemi anglosassoni nasce con il deposito dell’opera all’Ufficio Copyright;
- Il diritto d’autore si acquista con la semplice creazione dell’opera, espressione del lavoro intellettuale, senza che sia necessario alcun deposito formale dell’opera.
Ecco perché in rete e sui social network ci si imbatte frequentemente in contenuti testuali o visivi in documenti, immagini e video protetti da copyright, attraverso un apposito simbolo: ©, formato dalla lettera “c” all’interno di un cerchio, oppure posta tra parentesi: (c) o (C). a segnalare la presenza del diritto d’autore o copyright che si utilizza.
I cambiamenti intervenuti negli ultimi anni hanno reso perciò necessaria una rivisitazione dell’istituto del diritto d’autore, al fine di adeguarlo al nuovo scenario globale.
Una necessità che sta disseminando malcontenti, malumori, scuole di pensiero, schieramenti su chi la ritiene giusta e chi punta il dito sul rischio di imbavagliare la rete che da sempre è fonte di libera espressione. Agli antipodi i colossi I-tech e gli attivisti per la libertà nella rete.
I primi che non vogliono sobbarcarsi ruoli di controllo sui dati diffusi sulle proprie piattaforme, oltre a conservare i pesanti flussi di investimenti pubblicitari monetizzati finora e i secondi che vogliono evitare che la circolazione di contenuti sia schiacciata sotto al peso dei grandi editori (e delle stesse aziende tech), a discapito della libertà di espressione e di aziende di dimensioni minore.
Ciascuno potrà farsi la propria opinione e schierarsi secondo il proprio pensiero, in un mondo dove a farla da padrone è ancora una volta il grande divario fatto da tutto ciò che velocemente evolve e la legge che a fatica cerca di stargli dietro.
*Fonte Unicusano: https://www.unicusano.it/blog/didattica/master/diritto-dautore/