Quando abbiamo iniziato a “documentare” le nostre vite? E perché lo facciamo? Facebook ci incita quotidianamente a rispondere alla domanda “A cosa stai pensando?”, Twitter a “Che c’è di nuovo?” e veniamo spinti a raccontare le nostre giornate tramite selfie, video, dirette live, storie che si autodistruggono in 24 ore e sempre nuove funzionalità che rendono il web una sorta di red carpet in cui sfilare e metterci in posa per il nostro pubblico. Un pubblico fatto di amici, colleghi, conoscenti, ma non solo, perché internet è una grande rete, capace di creare connessioni anche inaspettate. Una rete di computer, ma anche, e soprattutto, di persone. Gli UGC, ovvero gli user generated content, i contenuti generati dagli utenti, sono in grado di creare sempre più spesso visibilità e opportunità di business per chi è in grado di utilizzare bene i mezzi e ha un certo seguito. Documentare le proprie vite e le proprie passioni può avere, dunque, dei risvolti molto interessanti.
Il Web 2.0 ha cambiato tutto: un tempo erano solo le aziende a seguire il trend dello storytelling, a documentare le proprie attività come il lancio di nuovi prodotti, le promozioni, le partnership e così via, il tutto grazie all’aiuto di strumenti professionali, sofisticati e per lo più molto costosi e quasi proibitivi. Un video in diretta non era così semplice e accessibile come lo è oggi, una foto a 360° poteva essere scattata solo da un professionista; per comunicare i propri valori o fare una panoramica sui nuovi prodotti bisognava pianificare e realizzare campagne pubblicitarie e spot Tv.
Oggi un qualunque smartphone ci permette di realizzare video in HD, i social media (come Facebook e recentemente anche Instagram) ci danno la possibilità di fare delle dirette live della nostra vita e le più recenti storie (lanciate prima da Snapchat, riprese da Instagram e Facebook e riproposte ancora su Whatsapp con il nome di “stato”) mettono per la prima volta in dubbio uno dei fondamentali principi della comunicazione sul web: la persistenza dei contenuti. Chi lavora sul web 2.0 sa quanto sia importante il concetto di condivisione, di relazione, di conversazione, di engagement , ma anche quello di persistenza. Muovendo i primi passi nel social web, e soprattutto aiutando le aziende a farlo, gli specialisti della comunicazione online hanno puntato per anni l’attenzione sulla persistenza delle informazioni sul web, ovvero sulla possibilità di creare contenuti disponibili per anni online e potenzialmente rintracciabili e utili anche nel tempo. Le storie, ossia il nuovo trend della comunicazione social, fanno traballare questo principio. I contenuti a tempo creano un senso di urgenza nella fruizione e, per evitare di perderli prima della loro scadenza, si passano ancora più ore online. Instagram ha recentemente annunciato che più di 200 milioni di utenti utilizzano la funzione Stories quotidianamente, un trend cavalcato sia da utenti che da aziende. Ma c’è davvero una sostanziale differenza nella comunicazione social aziendale e quella personale? Oggi sempre meno. Le stesse funzioni inizialmente lanciate solo per canali ufficiali di aziende e VIP, come le dirette live di Facebook, sono ormai disponibili anche per i profili personali.
I social media hanno segnato il trionfo del personal branding. Sviluppare la propria identità online oggi è decisamente molto più semplice e immediato rispetto ad un tempo. Le community non nascono più soltanto intorno a un brand, ma sempre più intorno a influencer, le cosiddette “star internettiane” che proprio grazie ai media sociali sono state in grado di emergere, di farsi notare ed apprezzare, di crearsi una propria credibilità in un determinato ambito e spesso di attirare l’attenzione anche di brand e aziende del settore, sempre più propense a coinvolgere le celebrità del web nelle loro attività. Ecco quindi che la giovane appassionata di moda, diventata fashion blogger quasi per gioco, può oggi ritrovarsi ad essere volto di una delle nuove campagne pubblicitarie di un brand noto e persino lanciare presto una sua collezione, scrivere un libro o guadagnarsi la copertina di una rivista. Non parliamo solo di moda ma anche di makeup, di cucina, di musica, di viaggi…In principio era il blog a far sentite gli utenti del web editori di se stessi o possibili casi letterari del futuro. Man mano le opportunità e le abilità sono aumentate di pari passo alla moltiplicazione dei media, basti pensare ai tantissimi casi celebri degli ultimi anni (Youtuber, travel blogger, cantanti scoperti sul web…). Casi esemplari di personal branding, che piacciono, appassionano e coinvolgono, perché ci ricordano che con il web 2.0 è tutto più semplice e possibile e ci fanno sognare opportunità nascoste anche nelle nostre vite. Ecco perché ci lasciamo ammaliare dai social media, dalla loro spinta alla narrazione e documentiamo i nostri momenti proprio mentre li stiamo vivendo, comportandoci sempre più come un brand o sperando, forse, di diventarlo.