E se potessi riscrivere la storia? Questa è la domanda che ci pone “Hollywood”, la miniserie ispirata agli anni d’oro del cinema americano

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Tra le novità Netflix spicca senza dubbio “Hollywood”, la miniserie che racconta la storia di sei giovani ragazzi ed il loro sogno di sfondare nel mondo del cinema. La brillante serie, creata da Ryan Murphy e Ian Brennan, diretta da Daniel Minahan, potrebbe al primo sguardo sembrare solo leggera e piacevole ma, per fortuna, così non è. Il sogno del cinema è solo il punto di partenza, il pretesto del racconto. In realtà andando avanti con le puntate (meglio se viste in lingua originale), si capisce che quel che si vuole raccontare è molto di più. Il desiderio di soldi, successo e popolarità presto si trasforma in un potente veicolo, per un potente messaggio: l’uguaglianza.hollywood

Così le vicende di questi ragazzi giovani, belli e determinati, si incrociano nella splendente Los Angeles, terra delle opportunità, dove si arriva per realizzare i propri sogni e diventare qualcuno. Non è per tutti facile però: non lo è se, ad esempio, sei un aspirante sceneggiatore di colore o un’aspirante attrice di colore, ma non è facile neanche se sei la moglie del capo dei più famosi studi cinematografici di Hollywood, da cui ci si aspetta esclusivamente che faccia la moglie. Ed è proprio davanti a questi studi, gli Ace Studios, che ogni mattina una folla scalpitante di giovani, si apposta col sogno di essere reclutati, anche solo per fare la comparsa per dieci dollari al giorno; ma su uno che viene selezionato, altri cento ne restano fuori e si barcamenano per guadagnare qualche soldo per pagare le bollette, trovando lavori anche poco convenzionali. Lo scenario qui si sdoppia: da una parte l’America fatta di fast food, lustrini, progresso e icone glamour, dall’altra quell’America ipocrita e razzista, dove il finto perbenismo dei ricchi e le discriminazioni sono all’ordine del giorno, dove le persone di colore sono escluse dai luoghi pubblici, gli omosessuali perseguitati e le donne limitate all’unico compito di moglie e mamma. Sembrano lontane queste condizioni ma, purtroppo, non lo sono e alcune vicende di discriminazioni legate alla razza di appartenenza o agli orientamenti sessuali, a cui ancora oggi dobbiamo assistere, ne sono la conferma.

Ma torniamo agli anni ’40 e all’aspirante sceneggiatore, Archie Coleman, solo e squattrinato, che ha scritto una bellissima sceneggiatura sulla storia di Peg Entwistle, l’attrice che nel 1932 si uccise lanciandosi dalla scritta Hollywood (prima Hollywoodland), in seguito ad un flop cinematografico. Grazie a diverse vicissitudini la sceneggiatura del film “Peg” viene presa in considerazione e al suo interno convergono tutti i nostri protagonisti. Qui mi fermo con il racconto, per non cadere nello spoiler, ma vado avanti con le curiosità, dicendo che la grandezza di quella che possiamo definire un’ucronistica meta-serie sul cinema, sta nei dettagli: nel mostrare una storia alternativa a quella reale del cinema di quegli anni che conosciamo, nell’accuratezza delle scenografie, esaltate da una luminosa fotografia, nella raffinata colonna sonora swing e nella presenza di alcuni personaggi realmente esistiti, che rendono la storia ancor più intrigante.rock-hudson

Due su tutti, il divo amato dalle donne Rock Hudson (pseudonimo di Rock Fitzgerald) e Henry Willson, il controverso agente delle star, interpretato da Jim Parsons (presente anche tra i produttori esecutivi), il famosissimo Sheldon Cooper di The Big Bang Theory, che ci regala un’interpretazione molto distante dal nerd che conosciamo, per ritrarre un meraviglioso personaggio cinico e senza scrupoli. Uno dei principali personaggi inventati, invece, è quello di Camille Washington, la ragazza che ambisce a diventare l’attrice protagonista della pellicola “Peg”, per la quale i creatori si sono ispirati a due dive realmente esistite: Dorothy Dandridge, la prima attrice afro-americana ad essere nominata agli Oscar come miglior attrice protagonista e Lena Horn, la prima attrice di colore a firmare un contratto con una major cinematografica di Hollywood.

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Upgrade rappresenta l’ultimo elemento di un racconto che parte a Febbraio 2020. In questi mesi abbiamo raccontato cosa stava succedendo (Virale), ci siamo domandati come la pandemia avrebbe cambiato noi stessi e l’economia (Tutto andrà bene(?)), e abbiamo offerto soluzioni (Reset). Con questo numero abbiamo voluto fare un passo in più: immaginare un domani diverso, anche attraverso esperienze concrete.

Un altro punto di forza di questa serie è sicuramente l’evoluzione della storia che, come detto, solo in apparenza è una storia superficiale, ma successivamente, puntata dopo puntata, diventa sempre più emozionante, trasformando i suoi personaggi ed il suo messaggio, diventando così una serie imprescindibile per gli amanti del cinema, ma altrettanto coinvolgente anche per i meno appassionati.

Henry Willson, il controverso agente delle star, è interpretato da Jim Parsons, il famosissimo Sheldon Cooper di The Big Bang Theory.
Henry Willson, il controverso agente delle star, è interpretato da Jim Parsons, il famosissimo Sheldon Cooper di The Big Bang Theory.

Un cast con molti giovani esordienti e poche guest, tra cui il già citato Jim Parsons, Mira Sorvino, Rob Reiner e l’attrice e cantante Queen Latifah, a cui è affidato un personaggio che non rientra tra i principali, ma che risulta essere comunque fondamentale. La cantante americana interpreta l’attrice Hattie McDaniel, che fu la prima donna afroamericana della storia a vincere un premio Oscar, in particolare quello come miglior attrice non protagonista, per il ruolo di Mami nel kolossal “Via col vento” ma che, purtroppo, fu protagonista anche di un avvenimento al limite dell’incredibile, che viene raccontato in una struggente scena dell’ultimo episodio della serie. Ancora oggi, se parliamo di premi Oscar, gli attori di colore, nominati e premiati, sono davvero pochi rispetto alla totalità.

La serie “Hollywood” è stata presentata come miniserie, quindi, senza seguito e per ora è così, ma non è da escludere che, se dovesse ricevere il successo che merita, si possa proseguire il racconto, anche se tutte le vicende si sono concluse; uno dei protagonisti, secondo me, avrebbe ancora qualcosa da dire e proprio per questo credo non abbia avuto un degno finale, ma staremo a vedere.hollywood-3

La domanda con cui è stata lanciata questa entusiasmante serie è “E se potessi riscrivere la storia?” ed è rivolta proprio a noi spettatori, mettendoci davanti ad una prova: è possibile cercare di superare quelle brutte pagine di storia che, purtroppo, ancora oggi stiamo scrivendo e dar vita ad una versione alternativa del nostro presente? E’ possibile utilizzare questa drammatica situazione universale come spinta verso il miglioramento? Riusciremo a raccontare a chi non c’era, come ha fatto questa serie tv, una storia senza più discriminazioni, ingiustizie, ignoranza o sarà più facile cedere alla facile scorciatoia del giudizio ad ogni costo, anche, e soprattutto, quando non abbiamo conoscenze adeguate per poterlo emettere?

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