Ivan Zorico (353)
L’estate 2016 verrà probabilmente ricordata per aver avuto indistintamente “trattori in tangenziale” e “barconi sul litorale”.
Per chi come noi di Smart Marketing affronta tutti i temi, ora di business ora più sociali, da un punto di vista della comunicazione (nel suo senso più vasto), non possiamo non tenere in considerazione che sullo sfondo di quelle che sono le notizie più leggere tipiche della stagione più calda dell’anno, si inseriscono tutta una serie di eventi che poco hanno a che fare con la leggerezza indotta dalle vacanze estive.
In questi ultimi mesi abbiamo assistito infatti, uno dopo l’altro, agli attentati di Nizza ed in Germania, al tentato e fallito “golpe” in Turchia, ai bombardamenti in Siria, al crescente odio razziale negli Stati Uniti e ad una campagna elettorale, sempre made in USA, fatta di toni accesi e parole pesanti.
Seppur questo elenco appaia già ampiamente corposo, visto il bombardamento mediatico a cui siamo sottoposti, avrò sicuramente “dimenticato” qualcosa. Proprio il mese scorso, per questo motivo, avevo avvertito la necessità di fermarmi a riflettere su quanto stava e sta accadendo. Ebbene, a distanza di un mese, devo dire che in parte mi è servito. Le idee sono un po’ più chiare, com’è chiaro che il tempo delle scelte importanti non è più prorogabile. L’Italia, i singoli Stati europei e l’Europa tutta, non possono più permettersi di temporeggiare. Questo particolare momento storico, fatto di sostanziale crisi a tutti i livelli (politica, finanziaria, identitaria, sociale ed umanitaria) preme incessantemente sull’orologio della storia per avere risposte all’altezza. Forse, presi come siamo dal “liquido presente”, non ci accorgiamo che stiamo vivendo un “medioevo” delle idee e della visione del futuro.
In Europa ci illudiamo di essere al sicuro, di essere distanti, di essere emancipati: questo comporta una sottovalutazione complessiva della situazione, che si traduce in una mancanza di scelte politiche. Ora diventiamo seguaci di Putin, ora restiamo in attesa che dagli USA arrivino con la soluzione a tutti i problemi in tasca (salvo poi prenderne un attimo dopo le distanze; atteggiamento, questo, tipicamente radical chic). Ma l’Europa dov’è? La politica europea del soft power, se non supportata da una visione chiara, comune, decisa e sostenibile, è davvero così efficace? Sono questi gli interrogativi a cui la classe politica europea dovrebbe dar voce e che, a nostra volta, dovremmo porre loro con maggiore insistenza.
È il tempo di una presa di coscienza seria, è il tempo di una ritrovata leadership politica, è il tempo delle scelte importanti: pena l’isolamento ed una consapevole inutilità.