Raffaello Castellano (562)
Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro?
Oggi ci troviamo immersi in un periodo di crisi, percepita o reale che sia, oramai endogena, che smaterializza le nostre certezze, infrange i nostri sogni, deprime ogni nostra speranza. Tutto ciò su cui posiamo la sguardo sembra allontanarsi da noi, o meglio sembra che siamo noi a prendere le distanze, quasi il congedo, dai fatti della vita che prima, un attimo fa, abbracciavamo nella loro interezza.
Il progresso, tanto agognato dalle generazioni precedenti, ha mostrato l’altra faccia della medaglia, o, per rimanere in tema con un film appena uscito nelle sale, il suo lato oscuro.
Il liberismo, che avrebbe dovuto appunto “liberare” l’uomo dal suo giogo, si è rivelato come il peggiore dei tiranni, costringendoci come schiavi in una prigione, sempre per citare un altro film, “che non ha sbarre, non ha mura, che non ha odore: una prigione per le nostre menti”.
Le nuove tecnologie, internet, i social network avrebbero dovuto, nelle intenzioni, liberare il nostro potenziale, creare un sapere universale, costruire una nuova comunità di rapporti e di persone. Invece gli smartphone, facebook, twitter e compagnia bella stanno diventando, piano, piano e subdolamente, altri strumenti di controllo di massa nelle mani dei potenti di turno; l’auspicata esplosione del nostro potenziale, quindi della nostra individualità, sta cedendo sotto i colpi di una nuova e massificata “omologazione” dei gusti, dei desideri e degli acquisti da una parte, e di una “radicalizzazione” del pensiero dall’altra, che fa sì che la rete delle reti diventi anche un potente mezzo di propaganda, sia essa politica, religiosa o di altro tipo.
Ci stiamo accorgendo in ritardo che la comunità virtuale di internet non corrisponde a quella reale, che un like ad un nostro post non è neppure lontanamente paragonabile ad una stretta di mano, ad un sorriso o ad una pacca sulle spalle. Insomma, ci stiamo rendendo conto che il mondo virtuale non è e non sarà mai quello reale.
Cosa dobbiamo derivare da questo ragionamento, allora?
Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro prossimo venturo?
Se tutto ciò su cui posiamo lo sguardo si fa effimero, fugace, liquido, come possiamo pianificare un qualsivoglia avvenire?
La risposta a questa stringente domanda sta sempre in noi, che si voglia o no, che lo si sappia o no, la soluzione a gran parte dei problemi che affliggono il genere umano si trova sempre dentro di noi.
Cosa importa se le promesse fatte prima dal liberismo hanno tradito gran parte dei suoi e dei nostri ideali, se nel frattempo, anche grazie alla rete, si stanno affermando forme altre di economia, come la sharing economy e il crowdfunding? Nulla!
Cosa importa se le nuove tecnologie stanno diventando un altro sistema di controllo di massa, se contemporaneamente sul web, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto gruppi organizzati di hackers, di dissidenti, di informatori non allineati, di semplici utenti riescono a portare all’attenzione dell’opinione pubblica fatti, storie ed informazioni che i media tradizionali censurano, dimenticano, o più “semplicemente” trascurano? Di nuovo nulla!
Insomma il futuro, per quanto meno roseo di prima, rimane comunque un qualcosa di dinamico, di aperto, di scrivibile o ri-scrivibile, di modificabile, in una parola di “inventabile”.
