Editoriale Giugno 2017 – Raffaello Castellano

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Raffaello CastellanoFake, bufale, gossip, pseudoscienza, ma pure, fantapolitica, diffamazione e bullismo. Tanti termini, alcuni vecchi di un secolo, altri più recenti, ma che, nella nostra era dominata dalla grande rete globale, stanno conoscendo una diffusione, anzi meglio sarebbe dire viralità, senza precedenti.

La rete internet, che ha prodotto sviluppo, democrazia e conoscenza per miliardi di persone, cosa impensabile solo 50 anni fa, ci sta facendo conoscere il suo lato peggiore, la sua onda di riflusso, il lato oscuro della sua immensa forza.

Impossibile oramai, anche per gli addetti ai lavori, siano essi giornalisti, blogger, comunicatori, perfino scienziati, districarsi nella confusione mediatica generata in questa immensa torre di Babele. Sono sempre meno le persone che riescono a distinguere fra notizie vere e notizie false, bufale e fake.

Soprattutto la scienza si trova in un’impasse tutta nuova, basta pensare alla campagna di disinformazione sui vaccini, che, portando alla ribalta singoli e mediaticamente accattivanti casi di allergia ai vaccini, trascura, ma meglio sarebbe dire ignora, le leggi della statistica e dei grandi numeri, che ci raccontano una storia di successo clinico dei vaccini forse unica nella medicina. Il risultato? Stanno tornado a farsi pericolose malattie che parevano debellate come  morbillo,  tetano, poliomenite e differite. Il calo di alcune vaccinazioni (morbillo, parotite, rosolia), come riporta Cesmet.com, ha raggiunto il 4% negli ultimi 12 mesi, mettendo a rischio quella che virologi ed immunologi chiamano “l’immunità di gregge”, il che fa sì che, se in un gruppo di 20 persone 16-17 sono vaccinate, le rimanenti 4- 3 sono protette dalle vaccinazioni degli altri, quindi del gregge.effetto-gregge

Ma la rete sta generando tutta una serie di problematiche: la mancanza di un controllo delle fonti, di una revisione critica degli articoli e la mancanza di una qualsivoglia etica professionale, ha permesso, come già ci ricordava il compianto Umberto Eco, a milioni di imbecilli di dire e scrivere quello che vogliono, trovando comunque un pubblico pronto a credere alle affermazioni più assurde e farlocche.

Ma cosa centra tutto questo con l’argomento del mese del nostro magazine, che è “Net Art”?

Poco e tutto, verrebbe da dire. Poco perché abbiamo imparato che l’arte è sì lo specchio fedele dei tempi che viviamo, ma che la vera arte, quella scomoda, disturbante e non facile da capire, si occupa soprattutto dell’avvenire; tutto perché la net art, che cominciò a prendere piede non tanto con i primi computer quanto con la diffusione del Word Wilde Web, ha accompagnato, e cercato di indirizzare virtuosamente, lo sviluppo di quell’internet che, oggi, tutto avvolge, collega ed ahimè livella.

Vuk Ćosić
Vuk Ćosić

Si può dire che la Net Art nasca a metà degli anni ’90 del secolo scorso, in concomitanza con il diffondersi dei primi utenti della neonata internet. Il termine “Net Art” nasce abbastanza per caso, la storia (e la leggenda) vuole che l’artista e programmatore Vuk Cosic, un giorno di dicembre del 1995 aprendo un messaggio di posta elettronica, si sia imbattuto in un testo incomprensibile, probabilmente scritto con un software incompatibile con il suo, che fu visualizzato come una lista di caratteri “ascii” senza alcun senso. Vi era un unico frammento che era comprensibile: […] J8~g#|\;Net. Art{-^s1 […], e fu così che Cosic decise di adottarlo per definire la nuova arte che andava nascendo.

L’anno dopo, nel 1996, gli artisti che facevano arte utilizzando come strumento la rete cominciarono a collaborare a progetti comuni e discussioni collettive.

Pare strano in un Paese come il nostro, ma l’Italia giocò un ruolo di primo piano in quegli anni per la neonata “Net Art”, ospitando nel 1996 il primo evento internazionale dedicato all’arte della rete “Net Art Per Se”, organizzato a Trieste proprio dallo stesso Vuk Cosic.

Tanto ci sarebbe da dire su questa nuova forma d’arte che forse meglio di tutte le altre rispecchia e “riflette” la nostra virtualizzata contemporaneità, ma lasciamo ai lettori curiosi il compito di cercare in rete le informazioni che vorranno, io mi limiterò a un unico ed emblematico successo della “Net Art” ignorato dai più.

Era il 1997 al Festival dell’Arte Elettronica di Linz, il primo premio viene assegnato non ad un opera ma ad un software, dal nome “Linux”, il primo sistema operativo “open source” della storia,  ideato per spezzare il monopolio di Windows e Machintosh. Non solo Linux era gratis e libero da licenze d’uso, ma il suo codice sorgente era aperto, ossia permetteva agli utenti e programmatori di modificare, personalizzare e migliorare la piattaforma esistente, una vera rivoluzione non solo allora ma anche oggi, a distanza di 20 anni.19549815_683719505154004_1332915497_o

Quindi, chi ancora pensasse che l’arte, anche e soprattutto quella contemporanea, non abbia ricadute pratiche sulla vita di tutti noi, dovrebbe leggere la storia di Linux e ricredersi.

L’arte, ma anche la cultura, ha non solo ricadute profonde sul nostro quotidiano, ma è la malta che tiene insieme i mattoni della nostra vita. Lo ha capito bene anche l’artista di questo mese di Smart Marketing, Lorenzo Galuppo, che ci propone un sarcastico ed irriverente “Autoritratto” 3.0, un biglietto da visita con su incise solo due informazioni sul suo possessore: il nome completo e l’indirizzo del profilo di Facebook. L’artista sembra dirci che non importano il lavoro, il titolo, il domicilio e neanche il numero di telefono, bastano solo il nome ed il profilo Facebook a definire le nostre vite ed esistenze virtualizzate. Noi siamo ed esistiamo solo se il web può confermarlo.

Ma è davvero così?

O meglio, deve essere per forza questa l’unico tipo di esistenza possibile?

Raffaello Castellano

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