Ivan Zorico (353)
Audiweb, organismo “super partes” che rileva e distribuisce periodicamente dati di natura quantitativa e qualitativa sull’audience di internet in Italia, ha di recente pubblicato la “Total digital audience del mese di marzo 2016”. I numeri contenuti nel documento, come si dice in questi casi, parlano da soli:
- 28.3 mln di utenti unici nel mese;
- 21.4 mln nel giorno medio;
- 22.4 mln gli utenti online da mobile (smartphone e/o tablet) nel mese superando, seppur non di molto, la metà della popolazione tra i 18 e i 74 anni (50,8%).
Complessivamente, quei 28.3 mln di utenti unici nel mese hanno passato online in media per persona circa 51 ore, attraverso un qualsiasi dispositivo che li permettesse di accedere alla rete (PC, smartphone e tablet). Puntando lo sguardo esclusivamente sugli utenti di smartphone e tablet, vediamo che il tempo trascorso online si avvicina alle 47 ore e sono restati connessi in media per 1 ora e 52 minuti per persona.
Letti questi numeri, se fino a pochi anni fa quello dell’utilizzo e della massiva diffusione delle nuove tecnologie poteva essere ancora considerato qualcosa di sensazionale, sul quale magari interrogarsi anche filosoficamente, oggi possiamo dire che è la normalità. È così.
Ed è un fenomeno che riguarda non solo, o non più, le generazioni più giovani dei cosiddetti “millennials” o della “generazione z“, ma anche i loro genitori: smartphone e tablet sono infatti dispositivi ben conosciuti dagli over 55 che passano online il 57,8% del tempo totale trascorso navigando sul web.
Diciamoci la verità: senza il nostro (o i nostri) smartphone ci sentiamo persi. Sappiamo che loro ci potranno dare qualsiasi risposta in tempi rapidi e che ci faranno compagnia in quei momenti in cui siamo in attesa del tram o di fare altro. Quando per un qualche “assurdo” motivo ci capita di dimenticarlo a casa, ci sentiamo persi. Molte delle nostre abitudini e delle nostre piccole azioni quotidiane passano da lui: il nostro fedele amico Smartphone. A lui confidiamo segreti (cartelle bloccate da un codice si accesso), affidiamo la nostra agenda giornaliera, chiediamo che tempo farà nelle prossime ore (quando magari basterebbe mettere la testa fuori dalla finestra) e, davvero, molto altro ancora. Come detto, molte delle nostre attività, del nostro lavoro, finanche ai rapporti più intimi e personali, passano da lui; al quale destiniamo una fiducia ed un “amore” senza eguali. Ci preoccupiamo di averlo sempre carico prima di uscire di casa o dall’ufficio (un po’ quindi come ricordarsi di fare la p***), lo accarezziamo quando siamo sovrappensiero come per fargli delle coccole e gli puliamo la facci…(scusate) lo schermo per renderlo ben presentabile al pubblico. Insomma è uno di famiglia. È uno di noi. È noi.
C’è chi lo glorifica come una grande porta verso la libertà e l’ampliamento delle possibilità umane e chi, invece, lo disdegna come un qualcosa che disumanizza e che allontana dalla nostra natura ontologicamente sociale.
Da parte mia, non credo che chi lo demonizzi abbia ragione, proprio perché (come ho scritto) “lui è noi”,. Non credo che per colpa di uno smartphone o del web i rapporti personali siano cambiati in peggio. Non credo che ci faccia distaccare dalla realtà. Non credo che ci stia facendo diventare sempre più “social” e sempre meno “personal”.
È indubbio che in questi anni una qualche modificazione nella società c’è stata, ma non sono loro ad essere cambiati. Al massimo si sono evoluti tecnologicamente (e certamente non per proprio conto). Quelli che siamo cambiati, signori miei, forse siamo proprio noi. Non diamo la colpa ad una macchina quando ci rendiamo conto che per strada la gente ormai non osserva più quello che le sta intorno perché intenta a guardare un video.
Non diamo la colpa ad una macchina se ormai ai concerti, invece di sventolare la classica “fiamma dell’accendino”, innalziamo lo smartphone al cielo e ci perdiamo tutta l’emozione del live perché intenti a guardare i nostri beniamini mediati da un display. O, addirittura, non diamo la colpa ad una macchina se alla sera, piuttosto che parlare con chi ci sta accanto, preferiamo essere illuminati dalla una luce di uno schermo da circa 4 pollici ed immergerci nelle “esaltanti” vite degli altri, perché la nostra non si sembra (magari erroneamente) abbastanza.
Lì la colpa, se di colpa si vuol parlare, è la nostra. Punto.
Ivan Zorico
Note sulla diffusione dei dati Audiweb pubblicati l’11 maggio 2016
L’universo di riferimento della mobile audience:
- 18/74enni;
- possessori di smartphone/tablet con sistemi operativi Android o iOS;
- che dichiarano di navigare in Internet da smartphone/tablet.
L’universo di riferimento della total digital audience:
- individui con età 2-74+, ad esclusione dei dati “Mobile” che sono rilevati per i soli 18-74enni.