Chi è il più grande campione sportivo italiano di sempre?
Tazio Nuvolari, con le sue rocambolesche ed eroiche imprese motociclistiche prima, ed automobilistiche poi?
Oppure è Primo Carnera, l’unico pugile italiano campione dei pesi massimi?
Magari no. Magari bisogna volgere lo sguardo al passatempo nazionale, al calcio ed ai campioni che ha prodotto negli anni.
Allora potrebbe trattarsi di un campione del passato come Silvio Piola, Gigi Riva o Gianni Rivera, o di un campione più recente come Roberto Baggio, Alex Del Piero o Francesco Totti, che ha appena dato l’addio ai campi a 40 anni compiuti?
Siamo fuori strada, o meglio fuori pista: non solo il più grande campione sportivo italiano non è fra quelli appena menzionati, ma neppure fra gli sport appena elencati!
È giudizio storico ed unanime che il più grande campione italiano di tutti i tempi sia un certo Fausto Coppi e che lo sport sia l’umile e faticoso ciclismo.
Sì, avete capito bene, il più grande campione sportivo italiano di tutti i tempi è Fausto Coppi.
Il suo albo d’oro del ciclismo è il più ricco di questo sport dopo quello del “cannibale” belga Eddy Merckx. La sua sfolgorante carriera sportiva ed umana abbraccia 20 anni di storia del nostro Paese, dalla sua prima vittoria al Giro d’Italia nel 1940 alla sua morte avvenuta il 2 gennaio del 1960.
Dopo la seconda guerra mondiale, in un’Italia che cercava di rialzarsi dopo la dittatura e la devastazione, fu il ciclismo e non il calcio ad appassionare e scaldare il cuore degli Italiani. Le sfide epiche, ma correttissime, fra Fausto Coppi e Gino Bartali unirono un Paese lacerato dalla guerra e dalle divisioni politiche sotto un’unica passione. Il boom economico, che sarebbe scoppiato di li a poco, vide la sua scintilla proprio in questo sport umile ed in questi due campioni eccezionali.
Fausto Coppi e Gino Bartali insegnarono ad un’intera nazione che con la forza di volontà, la fatica e il coraggio nessuna impresa era impossibile. Questi due paladini in bicicletta ri-forgiarono non solo lo spirito sportivo ma, in un certo senso, anche la cultura del Paese. La radio e la tv nazionali si appassionarono a questo sport ed a queste sfide. Anche il cinema fece delle due ruote un suo simbolo, il filone neorealista comincia la sua corsa proprio in bicicletta con il capolavoro di De Sica, “Ladri di biciclette”. Insomma, nel dopoguerra, complici due campionissimi come Coppi e Bartali, il ciclismo ed il Giro d’Italia sono i veri sport e passatempi nazionali.
Il Giro d’Italia compie 100 anni. Cento anni in cui ha rappresentato lo specchio fedele dei tempi che cambiavano, cento anni in cui al suo fianco è cresciuta la storia della prima impresa culturale italiana, quella Rai, i cui cambiamenti, non solo tecnologici, hanno accompagnato quasi tutte le edizioni del Giro.
Noi di Smart Marketing non potevamo non parlare di questo importante fenomeno sportivo e di costume, in un anniversario così importante e prestigioso.
Per affrontare questo tema al meglio abbiamo scelto per prima cosa il solito riferimento all’arte contemporanea, ed il titolo del magazine si riferisce ad una famosa installazione di Ai Weiwei, “Forever Bicycles”, esposta anche in Italia, nel 2014, durante la Biennale di Architettura di Venezia, nel cortile del Palazzo Cavalli-Franchetti; poi ci siamo rivolti ad un artista che potesse, attraverso la sua sensibilità, interpretare al meglio una copertina e la scelta è caduta sulla talentuosa Grazia Palumbo. Ed infine ci sono i contributi dei nostri collaboratori, sempre precisi, puntuali e documentati.
Due ruote per vincere una gara, due ruote per aggredire una salita, due ruote per fermare un cronometro, o magari due ruote per lavorare, due ruote per muoversi, due ruote per ripartire e due ruote per finire nella leggenda.
In un’Italia che stenta a risalire, la metafora ciclistica è azzeccatissima: noi tutti dovremmo prendere esempio da questo sport e da questi campioni, noi tutti siamo chiamati a far parte di una squadra, ognuno con il suo compito: scalatore, velocista, scattista, gregario. Ognuno indispensabile, ognuno necessario, perché se l’Italia, come Paese, vincerà questo giro, lo farà solo in quanto squadra.
Noi tutti indossiamo la maglia rosa, anche se spesso ce ne scordiamo.
Buona lettura e buona pedalata.