Editoriale Marzo 2015 – Raffaello Castellano

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Raffaello Castellano (543)

 

 

 

 

Raffaello CastellanoÈ il 1980 quando il Whitney Museum di New York, in una vendita con trattativa privata, si aggiudica l’opera “Three Flags” (Tre Bandiere) di Jasper Johns  per la cifra stratosferica di 1 milione di dollari, la cifra più alta mai pagata, fino ad allora, per un’opera di un artista vivente. Possiamo dire che è questa, senza ombra di dubbio, la data in cui il mercato, la finanza e l’economia prendono possesso del mondo dell’arte contemporanea. Sulla scia del neo-liberismo di stampo reaganiano e thatcheriano dilagante ed imperante, in quegli stessi anni, l’arte contemporanea scopre che il “mercato” è il suo più grande alleato e che tutte le regole fino ad allora accettate e condivise stavano per essere stravolte e cambiate. Fino a questa data, infatti, ciò che consacrava un’artista era un sistema composto principalmente da curatori, critici, mostre internazionali, alle quali l’artista veniva invitato ad esporre, e musei. Era la combinazione di questi quattro fattori, scanditi in sequenza, che rendeva famoso un artista: il curatore importante che organizza una mostra di respiro internazionale, il critico o i critici che inquadrano e concettualizzano le opere del singolo artista o degli artisti invitati ad esporre, le grandi
Three Flags (1958) di Jasper Johns
Three Flags (1958) di Jasper Johns
mostre internazionali che, alla fine o durante i processi appena decritti, avevano il compito di consacrare e rendere mediaticamente rilevante non solo l’opera dell’artista o degli artisti invitati, ma, ancora più importante, quello di anticipare e suggerire le nuove tendenze ed i gusti dei collezionisti e del pubblico più in generale, ed infine il museo, al quale spettava il compito di storicizzare il lavoro dell’artista stesso.
È in questo mondo pressoché chiuso che irrompono, come abbiamo detto, il mercato, la finanza e l’economia. Proprio in questi anni fanno la loro comparsa i primi “artisti manager”. Forse non proprio il primo, ma certamente il più capace ed emblematico, è, guarda caso, un ex agente di borsa, Jeff Koons, che prima di tutti i suoi jeff-koons-copie-1colleghi capisce quanto sia importante costruire la propria immagine pubblica, la sua identità mediatica, il suo brand insomma. La sua strategia di marketing era potente e virale (diremmo oggi) e prevedeva inserzioni pubblicitarie, a pagamento, sulle principali riviste del settore, una cura del proprio look quasi maniacale (il suo make up artist è lo stesso di Michael Jackson), una tendenza alla provocazione ed all’irriverenza nient’affatto spontanea, ma calcolata e manipolatoria, come quando dedica tutto un ciclo della sua produzione artistica al suo chiacchierato matrimonio con la pornostar Ilona Staller, che lo consacra e lo rende immediatamente riconoscibile presso il grande pubblico. Jeff Koons è il prototipo del nuovo artista contemporaneo globale, inventato, a dire il vero, verso la fine degli anni ‘60 da Andy Warhol, ma portato a maturazione ed alla ribalta proprio da Koons e definitivamente consacrato da alcuni artisti successivi, come Damien Hirst e Maurizio Cattelan. Oggi assistiamo sempre più di frequente ad aste milionarie alle quali i prezzi più alti sono spuntati proprio da artisti moderni e contemporanei e a grandi rassegne internazionali, come la Biennale di Venezia o Documenta di Kassel, nelle quali vengono consacrati nuove tendenze ed artisti sempre più provocatori e irriverenti. Ma allora l’arte di oggi è tutta una questione di marketing? Oppure, proprio perché contemporanea, rispecchia fedelmente il nostro gusto, il nostro essere, i nostri tempi?
Come molti lettori avranno certamente notato, i temi culturali, e quello dell’arte in particolare, sono particolarmente cari ed importanti per la nostra linea editoriale, soprattutto quest’anno in cui, a cominciare dal numero di Gennaio e dalla copertina di Giulio Giancaspro, abbiamo deciso di inaugurare una nuova rubrica e di affidare la copertina, a tema, del nostro magazine alla sensibilità di un artista diverso ogni mese; dodici copertine, dodici artisti che a fine 2015 confluiranno in una mostra collettiva e in un numero speciale di Smart Marketig, a
 Jeff and Ilona (Made in Heaven), 1990 di Jeff Koons
Jeff and Ilona (Made in Heaven), 1990 di Jeff Koons
metà strada fra un catalogo ed un’antologia del meglio di, che sarà stampato e costituirà l’apparato critico e il cuore dell’evento espositivo stesso.
Questo numero di Smart Marketing, insomma, continua ed esaurisce i discorsi cominciati sul numero precedente, quello sul Marketing Culturale, declinando gli articoli ed i punti di vista dei nostri collaboratori, proprio dalla prospettiva dell’arte contemporanea, che inesorabilmente, dagli anni ottanta in poi, ma ancor più dalla grande crisi del 2008, è sì diventata terreno di speculazione e nuovo giocattolo di trader e investitori spregiudicati, ma anche un bene rifugio per quei fondi di investimento e piccoli risparmiatori che confidano e credono, come Dostoevskij, che “la bellezza salverà il mondo”, o almeno i loro portafogli.

Raffaello Castellano

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