Nell’Italia post-sessantottina inizia a svilupparsi quel particolare filone sexy che sfocerà ben presto nell’erotismo. E’ causa dell’allentamento dei freni censori. Questo è un periodo di profonde trasformazioni sociali, per cui una censura moralizzatrice come quella degli anni ’50 e dei primi anni ’60, non ha più ragione di esistere. L’erotismo però, da non confondersi con la becera pornografia fine a se stessa, raggiunge il suo apice con la rivoluzione sessuale operata dal regista Tinto Brass, che ci arriva per tappe, gradualmente. La sua fase, cosiddetta erotica, viene vista dal regista all’insegna di un erotismo vitale e gioioso, e al tempo stesso libero e trasgressivo. Il primo film, che contamina la commedia all’italiana con una visione più evoluta di erotismo, è “La chiave”(1983). Musa di Tinto Brass, qui è una sensualissima Stefania Sandrelli, coadiuvata dall’inglese Frank Finley e da Franco Branciaroli. Ispirandosi ad un romanzo di Tanizaki e ambientandolo nella Venezia del periodo fascista, Brass descrive una storia d’amore in cui marito e moglie si abbandonano alla gioia del godimento sessuale.
Ma anche al piacere di creare tra loro una sottile gelosia per accrescere il desiderio. Questo è uno dei motivi ricorrenti del suo modo di intendere l’erotismo, che tornerà più volte nella sua filmografia, da “Miranda” a “Monella”, sia pure con le dovute variazioni sul tema. Lo stile inventivo del film, le immagini di forte erotismo, i movimenti della macchina da presa, l’atmosfera suggestiva e la recitazione, fanno della pellicola un’opera di voyeurismo filmico di grande ispirazione, sottolineato dalla suggestiva colonna sonora di Ennio Morricone. Anche i successivi “Miranda”(1985), con Serena Grandi; “Capriccio”(1987), con Francesca Dellera; “Paprika”(1991), con Deborah Caprioglio; e “Così fan tutte”(1992), con Claudia Koll, contribuirono a rendere sempre più disinvolta la trattazione dei tabù dell’erotismo. Non solo. Le piccanti discussioni e le roventi polemiche che i suoi lungometraggi susciteranno, contribuiranno a rendere famose le sue attrici protagoniste, che verranno soprannominate le “Muse di Tinto Brass”.
Questa serie di film, ebbe un successo senza precedenti, e rimangono più eccitanti di un semplice porno, perché molto è lasciato all’immaginazione di chi guarda, ma si vede e tanto. L’atto sessuale è abbozzato, ma sempre avvolto da un alone di originalità, e la bellezza delle attrici di turno è sempre ben evidente, prosperose, materne, mostrano le loro grazie senza vergognarsi, consapevoli del fatto che avrebbero fatto impazzire lo spettatore. Ma consapevoli anche del fatto, che tali pellicole non le avrebbero dispregiativamente confinate nel porno, perché quella era una cosa diversa, era l’erotismo all’italiana, in fondo, una branca della commedia all’italiana.
E poi Tinto Brass era per loro una sicurezza, ed un regista comunque d’alta scuola. Il suo erotismo affonda le radici nella disillusione degli anni post benessere economico, anni cambiati all’insegna della delusione e della sconfitta di un’intera classe sociale, che voleva una reale rivoluzione. Ma quella rivoluzione, se davvero fosse riuscita, avrebbe sostituito un potere con un altro. Tradito dagli echi del ’68, Brass si muove nella direzione di un cambiamento che predilige il linguaggio erotico in quanto modo di esprimersi comprensibile a tutti.
Da qui la necessità di misurarsi con ogni aspetto della sessualità senza imbarazzi, continuando a proclamare il sesso un dissenso innato verso il potere. Brass aveva fatto vedere al pubblico del cinematografo, quel che c’era dopo il famoso bacio cinematografico della bigotta Italia degli anni ’50, quando esso non poteva durare più di tre/quattro secondi, pena un feroce e pronto intervento della censura democristiana. Con Brass invece, si vede tutto ciò che succede dopo il bacio, sempre però velato, perché oltre alla vista, il suo cinema stuzzica anche l’immaginazione. E immaginare dopo una bella scena di sesso artistico è diverso che immaginare dopo un casto bacio cinematografico. Ecco qui la sua rivoluzione sessual-cinematografica, per cui il regista milanese è rimasto nella leggenda. Brass ama parlare di libertà e colleziona ritratti di donne affascinanti, sensuali, eccitanti. Su tutte forse rimane Anna Galiena, che con “Senso ‘45(2002), a 53 anni, sbaraglia la concorrenza con un incredibile fascino e tante scene di sesso d’autore. Peraltro il film è una riuscita rilettura in chiave erotica, di “Senso”, che nel 1954 venne diretto da Luchino Visconti, e al posto della Galiena c’era Alida Valli. La dimostrazione che i tempi sono cambiati, ma che la bellezza della donna resta indelebile. Chiudiamo con il succo del cinema di Tinto Brass, raccolte in queste parole che il regista milanese sintetizzò, riguardo alla sua idea di erotismo:
“La vita è semplice, ma complicata dalla paura che le persone hanno della libertà. L’erotismo è questione che non riguarda la massa, ma i singoli presi ad uno ad uno. La libertà di un uomo si evince primariamente dal rapporto che ha con la propria sessualità. Le pulsioni sessuali non vanno trattenute, ma lasciate libere di generare piacere ed esperienza. Non c’è colpa nel sesso, ma gioia di vivere”