Ci siamo! Puntuale come un orologio svizzero, arriva il più classico degli appuntamenti italiani. No, non si tratta del Festival di Sanremo, né dei festeggiamenti di Carnevale o Pasqua. Non si tratta neanche dell’eventuale partita di calcio per il qualsivoglia trofeo, no, il più classico degli appuntamenti italiani è la tornata elettorale dell’anno. Che, come l’equinozio di primavera, addirittura prima dello stesso, colpirà il nostro Paese il 4 Marzo 2018.
Gli Italiani sono chiamati alle urne per eleggere il prossimo esecutivo ed il premier, scegliendo fra una rosa molto ampia di partiti e movimenti. I partiti che però concentreranno maggiormente i voti sono cinque. Per il centrodestra Forza Italia e Lega, rispettivamente guidati dal redivivo Silvio Berlusconi e da Matteo Salvini. Per il centro sinistra ci sarà in campo il PD, guidato da Matteo Renzi, per la sinistra Liberi e Uguali, guidato da Pietro Grasso ed infine il Movimento 5 Stelle, che vede Luigi Di Maio come candidato premier.
Come prassi, gli schieramenti non hanno parlato quasi per nulla dei programmi, ma si sono lanciati a piè pari nella più becera e volgare campagna elettorale di sempre, condita dalle solite promesse elettorali irrealizzabili e da litigi e insulti reciproci, “rigorosamente” a favore di telecamere e microfoni, per fomentare il proprio elettorato e inasprire e radicalizzare sempre più il confronto politico.
Tutto, dal salotto televisivo, alla pagina Facebook, alla trasmissione radiofonica, al palco elettorale, è diventato una pubblica piazza, delle più rozze, dove vomitare le proprie sentenze e parlare del pessimo lavoro fatto dalla controparte politica.
Come avviene, ahimè, molto spesso, ultimamente la guerra si è spostata sul terreno dei social che, anche in questa occasione, dimostrano quanto la rete sia necessaria per radicalizzare lo scontro, ma pure quanto la stessa sia diventata strategica ai fini del consenso e della vittoria politica.
I tormentoni non sono mancati neanche questa volta, autentici o falsi che fossero; nella prima categoria dobbiamo annoverare per lo meno la riscrittura del “contratto con gli Italiani” che Berlusconi ha officiato durante la trasmissione di Porta a Porta, creando un cortocircuito e deja vu mediatico con la stessa scena avvenuta nel lontano 2001: stesso conduttore, Bruno Vespa, stessa inquadratura, quasi lo stesso Berlusconi, che però nel 2001 aveva non solo meno chili ma pure meno capelli. Il video caricato su You Tube è diventato virale.
Se si può, ancora più sorprendente è il concorso social lanciato dal candidato premier della Lega: “Vinci Salvini”, questo il nome, permette a chi partecipa, a fronte di un cospicuo numero di like, di scorrere la classifica e di aggiudicarsi una telefonata con Matteo Salvini e una foto con lo stesso da postare sui social.
Ed ancora, spostandoci dalla destra alla sinistra, gli spot elettorali del PD, prodotti di qualità professionale, con una scrittura quasi cinematografica, che presentano la famiglia tipo italiana, due adulti e due ragazzi, intenti in auto a parlare di politica e decisione di voto. Il capofamiglia, disilluso, afferma che no, non voterà il PD questa volta ed i figli gli ricordano punto per punto le presunte o vere conquiste della legislatura uscente, con un cammeo finale di Matteo Renzi, che a cavallo di una bici al semaforo esorta il capofamiglia dicendogli “Pensaci”, che poi è il titolo degli stessi spot. Peccato che i vertici del PD che hanno commissionato lo spot non abbiano fatto bene i compiti: la famiglia ritratta, padre, madre, figlia e figlio, era attuale fino alla fine degli anni ’80. Come ci ricorda ogni anno l’ISTAT, in Italia i figli sono diventati un lusso, e quelle famiglie che decidono di averne si fermano ad uno soltanto.
Infine, all’insegna della par condicio, gli appelli all’onestà del Movimento 5 Stelle, che, non curante degli scandali, di alcuni suoi amministratori, legati alla questione “Rimborsopoli”, sollevata dalla trasmissione “Le Iene”, continua a fare le pulci agli altri schieramenti.
Nella seconda categoria, quella dei falsi, da segnalare è la campagna social #AboliamoQualcosa, nata come risposta della rete al trasversale tormentone politico che ha accompagnato le dichiarazioni dei politici, presi dalla smania di voler comunque ed a tutti i costi abolire qualcosa.
Insomma, in piena aderenza al gattopardismo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Quindi abolire qualcosa per dare il senso del cambiamento, abolire qualcosa per segnare il punto, abolire qualcosa perché distruggere è meglio che creare.
Come chiamare allora questo numero della nostra rivista se non “Fake Politics”, visto che non si parla più di promesse non mantenute, ma di vere e proprie bufale elettorali? Tutta la campagna 2018 è diventata una battaglia a chi le spara più grosse, con la disaffezione degli elettori che, anche questo come prassi consolidata, in massa eviteranno di recarsi ai seggi il 4 marzo prossimo.
Come al solito, noi di Smart Marketing faremo il punto attraverso le attente analisi dei nostri collaboratori oltre che attraverso la nostra copertina, come al solito affidata alla sensibilità di un artista.
Questo mese lo scultore Nicola Illuzzi ci sorprende con la sua “Urnal Media”, che in uno scintillante stile Pop ci mostra quanto i social media non solo dirigano ed influenzino le nostre preferenze, ma rappresentino pure la deriva finale delle prossime elezioni.
Buona lettura e soprattutto buone elezioni a tutti voi.