Li abbiamo dispregiati in tutti i modi chiamandoli fanulloni, ignoranti e più recentemente webeti e gretini. Ma se i giovanissimi, i nativi digitali, la Generazione Z, quelli nati dal 1995 al 2010 fossero non solo una risorsa fondamentale ma, addirittura l’unica speranza per la sopravvivenza dell’umanità?
Forse vi sembro troppo apocalittico, ma sono sicuro che questa generazione rappresenti la sola ed unica possibilità di svolta che ci resta.
I giovanissimi di oggi saranno entro il 2025-2030 non solo il più vasto gruppo di consumatori, ma anche il 30% della forza lavoro del mondo e basta sentirli parlare fra loro per rendersi conto di quanto questa generazione sia ben consapevole della realtà che la circonda.
Sono nati in un mondo iperconnesso, utilizzano in media 5 dispositivi elettronici, sono molto sensibili verso le problematiche ambientali (vedi il fenomeno innescato da Greta Thunberg), estremamente mobili e pronti a spostarsi in altre nazioni sia per studio che lavoro, sono estremamente aperti verso le questioni di genere, hanno uno spiccato spirito imprenditoriale, sono consumatori attenti ed informati, ed hanno dimestichezza naturale verso tutte le nuove tecnologie.
Insomma, sono tutto ciò che noi 40-45enni, nati fra il 1960 ed il 1980, la cosiddetta Generazione X, non siamo: razzisti, omofobi, attaccati al posto fisso, pantofolai, un po’ mammoni, poco avvezzi alle nuove tecnologie, patologicamente legati alla nostra terra di origine, con uno scarsissimo rispetto dell’ambiente e dei beni comuni.
Eppure, quando si decide la nuova linea politica di un paese, di una regione, di una nazione, siamo noi 45enni e la generazione precedente, i baby boomer, gente che per intenderci ha più di 65 anni, a decidere le elezioni e la linea politica. Prendiamo il caso dell’Italia, uno dei Paesi più vecchi d’Europa: ebbene, oggi il peso politico degli elettori italiani ultra 65enni rappresenta più del 26% e incentiva politiche a breve termine, che penalizzano i Millennials e la Generazione Z.
Allora, una delle prime cose che questo governo giallo/rosso dovrebbe fare è quello di abbassare l’età per votare, consentendo anche ai 16enni di farlo. La proposta è stata formulata a fine settembre, dall’ ex premier, oggi professore dell’Istituto di Studi politici di Parigi, Enrico Letta, e riportata e commentata dai principali quotidiani ed organi d’informazione.
Insomma, la nostra visione corta e appannata, le nostre politiche dal fiato corto, il nostro incespicare incerto e la nostra apatia sono solamente i sintomi dell’età, lasciare davvero spazio ai giovani, lasciandoli votare a 16 anni, può essere un primo passo concreto verso un ricambio generazionale che serve al nostro Paese in primis, ma anche all’Europa ed al Mondo.
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Il gap fra le generazioni è sempre esistito e continuerà anche in futuro, ma un contrasto può essere costruttivo e fecondo per tutti gli attori coinvolti, vecchi, giovani e giovanissimi.
Tutto quello che oggi diamo per assodato e culturalmente accettato, il rock, il punk, l’hip-hop, il graffitismo, l’arte pop, la minigonna, i capelli rasta, etc. etc. prima di diventare mainstream erano controcultura, erano il gesto di ribellione, alle volte anche violento, delle nuove generazioni per andare contro il sistema, i valori e la cultura dei propri padri e inventare nuove rotte, nuovi percorsi, nuove coordinate, per scoprire l’isola che non c’è, ma che si sapeva esisteva.
L’utopia non appartiene alle vecchie generazioni, ma alle nuove, saranno le nuove generazioni Millennials e Generazione Z quelle che inventeranno, edificheranno ed abiteranno il futuro, al quale noi potremo contribuire al massimo con la nostra saggezza ed esperienza, le uniche cose che possiamo e dobbiamo condividere con i nostri figli e nipoti.
Raffaello Castellano
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