Raffaello Castellano (533)
Internet of useful things, ovvero Internet delle cose utili. Mentre l’importante mercato asiatico delle nuove tecnologie ha deciso di puntare sulla realtà virtuale e sulla realtà aumentata, il mercato nordamericano, e soprattutto l’Europa, stanno investendo su quello dell’Internet of things – l’internet delle cose. A capeggiare quella che il fondatore e presidente del World Economic Forum, Klaus Schwab, nel suo ultimo saggio ha chiamato “quarta rivoluzione industriale” ancora una volta c’è la Amazon del vulcanico Jeff Bezos, che, da pochi giorni, ha reso disponibili anche in Italia i suoi Amazon Dash. Si tratta di pulsanti interattivi collegati direttamente alla rete wi-fi di casa, programmabili attraverso una apposita app, che consentono, una volta premuti, di ordinare direttamente il prodotto ad essi correlato.
Per il momento ci sono ventisette Dash disponibili in Italia, e solo per i clienti abbonati al servizio Amazon Prime, ognuno collegato ad un brand specifico, che va dal Caffè Vergnano alla Scottex, dai pannolini Pampers alla pasta Barilla, ognuno disponibile al prezzo di € 4,99, che però vengono rimborsati sul primo ordine. Insomma, da oggi si potrà fare la spesa direttamente seduti sul divano, senza bisogno né del pc né dello smartphone, ma premendo semplicemente un tasto collegato ad un prodotto; oltre alla comodità del gesto, sorprende ed un po’ ci preoccupa la facilità dell’acquisto, che rischia di trasformarci in consumatori ancor più compulsivi di quanto già non lo siamo.
Resta il fatto che l’internet delle cose è una realtà che, secondo gli esperti, fra cui Jan Frykhammar, Ceo della svedese Ericsson, rappresenta una vera terra promessa, che vede crescere le connessioni alla rete degli “oggetti” del 25% all’anno e che, almeno in Europa, supererà quello degli smartphone entro il 2018 e vedrà, entro il 2021, 28 miliardi di oggetti connessi alla rete contro i 15 miliardi di oggi.