I “cinque” fenomeni comici italiani degli ultimi 25 anni

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Che in Italia il “volto” dell’attore di turno, sia stato fin da sempre, storicamente più importante dell’autore del film, è risaputo. I “fenomeni” da botteghino sono stati sempre volti comici, familiari, a partire dai vari Totò, Macario, Taranto, Rascel, passando per i Mostri della commedia all’italiana e per gli attori degli anni ’80: Celentano, Villaggio, Pozzetto, Banfi…Questa tendenza si è confermata anche nei tempi più recenti, basti immaginare come dal 1995 all’attuale 2020, i film campioni di incassi annuali sono stati letteralmente monopolizzati da “5” fenomeni comici italiani: tre attori singoli, una coppia ed un trio. 17 volte su 25, dal 1995 al 2020, il film campione di incassi ha le sembianze di questi cinque fenomeni comici. 4 volte Leonardo Pieraccioni (1995: I laureati; 1996: Il ciclone; 1999: Il pesce innamorato; 2005: Ti amo in tutte le lingue del mondo); 4 volte Aldo, Giovanni & Giacomo (1997: Tre uomini e una gamba; 1998: Così è la vita; 2000: Chiedimi se sono felice; 2010: La banda dei Babbi Natale); 4 volte Checco Zalone (2011: Cado dalle nubi; 2014: Sole a catinelle; 2016: Quo vado; 2020: Tolo tolo); 3 volte Alessandro Siani (2012: Benvenuti al nord; 2013: Il principe abusivo; 2015: Si accettano miracoli); 2 volte Ficarra & Picone (2017: L’ora legale; 2019: Il primo Natale). Ed ancor più rilevante è, che tra alterni momenti di variabile successo, tutti siano più o meno attivi e longevi allo scoccare del nuovo decennio.

Pieraccioni ad esempio, il più vecchio ed anche il più duraturo di questi fenomeni comici, è stato in sala poco più di un anno fa con Se son rose…, un film azzeccato, poetico e inusualmente anche un po’ amaro, un punto di nuovo inizio nella carriera pluriventennale dell’attore toscano, che piaccia o no uno dei mostri cinematografici italiani più importanti degli ultimi trent’anni. Quello certamente con la più rilevante presenza nella speciale classifica dei “film che hanno incassato di più”: 6 presenze contro le 5 di Adriano Celentano. Un attore che sarà in sala anche alla fine di quest’anno con la sua nuova fatica. Tutto iniziò nel lontano 1995, quando I laureati a sorpresa si issò come campione di incassi della stagione. L’anno successivo è il trionfo: dirige, scrive e interpreta Il ciclone, il film della vita, quello rimasto nella storia del nostro cinema e nella memoria collettiva. Nel cast i suoi amici di sempre Massimo Ceccherini e Alessandro Haber, oltre ad una strepitosa Tosca D’Aquino, forse la migliore della compagnia. Il botteghino premia la pellicola con un incasso mostruoso di 75 miliardi di lire entrando nella top ten dei film italiani di maggior incasso e al quarto posto assoluto come biglietti venduti. La storia è semplice e gustosa. Un gruppo di ballerine spagnole di flamenco, rimaste a piedi, trova ospitalità presso la famiglia Quarini, in una bella casa della campagna toscana. La normale vita di provincia naturalmente viene sconvolta dalla verve di queste ragazze vivaci e disponibili. Questo successo abnorme ha comunque delle spiegazioni. Una è il naturale “volàno” del film (che ha tenuto le sale per un anno), che a un certo punto “deve” essere visto da tutti perché fa moda. Poi naturalmente c’è la grana della regia e della storia. Si può parlare di film medio che manca al nostro cinema, di sapori di commedia all’italiana, che sono ben percepibili, ma in questo caso c’è una ragione “tattile”, immediata, che capiscono tutti subito: è un film pulito, fuori dai contesti grigi, tristi, omologati, spesso malamente sociali del cinema nostrano. Un film che non invecchia mai e che non ci si stanca mai di vederlo. Presenta poi, qualcosa che non si vedeva dai tempi di Poveri ma belli: la felicità di vivere. Una felicità, che non sarà aderente al nostro momento storico, ma è una bella fortuna che qualcuno ce la descriva almeno nella finzione.

Sono invece attualmente al cinema Aldo, Giovanni & Giacomo con il film Odio l’estate. Una pellicola, a detta della critica, che restituisce al trio i fasti del proprio glorioso passato. Quando si parla di Aldo, Giovanni & Giacomo, si tende sempre a paragonare una loro novità cinematografica con i loro grandi successi come Tre uomini e una gamba, Chiedimi se sono felice o Tu la conosci Claudia?. E questa volta non si rimane delusi. Odio l’estate ha qualcosa di ognuno dei film storici del trio: ti fa pensare, ti fa ridere e alla fine lascia una velatura di malinconia. Nel film si ritrova il solito Aldo fanfarone, il solito Giovanni pignolo e il solito Giacomino perfezionista maniacale con il punto di forza di un affiatamento collaudato e di un’amicizia sincera che dura da sempre, quasi a voler smentire, una volta per tutte, i soliti detrattori, che avevano preannunciato o sperato in un disfacimento del trio. E invece no, Aldo, Giovanni & Giacomo, dopo alcune scialbe prove sono tornati più convinti di prima al cinema, con una sceneggiatura importante, ben scritta, e con un ritorno al passato. A dirigerli infatti, torna Massimo Venier, il regista dei primi immortali film del trio. Aldo, Giovanni e Giacomo, insomma, sono tornati a fare ciò che riesce loro meglio: raccontare l’amicizia che li lega da decenni attraverso una storia semplice che attinge alle loro esperienze personali. Semplicità che forse è la chiave del loro successo. Quando sono semplici, ma non semplicistici, il trio funziona. E’ dalla semplicità che il trio trae linfa per i propri film.

Come quel Tre uomini e una gamba, che li lanciò al successo nazionale. Il successo di pubblico e critica, aprì la strada ad una serie di altri film scritti, diretti ed interpretati dai tre attori, diventati l’unico trio, che può davvero chiamarsi così, della storia del cinema italiano. Nonostante abbia incassato ben 40 miliardi di lire al botteghino a fronte di una spesa per realizzarlo di appena due, Tre uomini e una gamba è oggigiorno considerato un assoluto cult del cinema comico italiano in un modo che va ben oltre il pur innegabile successo avuto al cinema. Il film ha conquistato il suo status di semi-immortalità odierno grazie soprattutto al pubblico giovane degli anni immediatamente successivi alla sua uscita al cinema, conquistando anche i più piccoli. Siamo infatti di fronte a un classico caso di pellicola elevata a capolavoro grazie ai continui passaggi televisivi e al contemporaneo crescente successo dei tre comici protagonisti, che l’hanno resa un must irrinunciabile. Il successo del trio è stato bissato l’anno successivo dal film Così è la vita e da un’altra decine di pellicole, di discontinuo valore, ma di immutato successo popolare, soprattutto delle più giovani generazioni (ottimi Chiedimi se sono felice-2000, Tu la conosci Claudia?-2004, La banda dei Babbi Natale-2010; discreti La leggenda di Al, John e Jack-2002, Fuga da Reuma Park-2016; trascurabili Il cosmo sul comò-2008, Il ricco il povero il maggiordomo-2014).

Anche Checco Zalone è attualmente in sala con la sua quinta fatica, la prima anche da regista. Tolo tolo è il titolo del film, che seppur lontano dal record di incassi di Quo vado (65 milioni di euro al botteghino) ha registrato un considerevole successo di pubblico, che lo isserà come campione di incassi assoluto del 2020. Checco Zalone, al secolo Luca Medici, questa volta non è solo interprete e coautore della sceneggiatura (insieme a Paolo Virzì, abbandonato il sodalizio con Gennaro Nunziante) ma anche regista, e si vede, perché la sua direzione è pirotecnica e schizzata come la sua vis comica, sempre pronta ad aprire mille finestre all’interno di un discorso continuamente interrotto. In Tolo Tolo (che significa “solo solo”) ce n’è per tutti: politici incapaci dalle vertiginose carriere, migranti innamorati delle griffe (di pessima resa qualitativa), nostalgici mussoliniani (perché “il fascismo ce l’abbiamo tutti dentro, pronto a riemergere, come la candida”) e buonisti favorevoli alla “contaminazione” etnica. Nella sua rappresentazione a tutto tondo dell’italiano medio e dei suoi difetti ricorrenti, Checco fugge da un Paese “che ci perseguita”, invitando l’immediata identificazione del pubblico. Lo stesso pubblico sarà poi messo di fronte alle proprie meschinità e ipocrisie, ai suoi pregiudizi ed egoismi, nonché alla banalità di certi slogan populisti e all’inettitudine della politica.

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Pochi giorni prima, catalogato però nella stagione 2019, era uscito in sala Il primo Natale, ennesima commedia razionale ed intelligente di Ficarra & Picone, campioni di incassi dello scorso anno. Che la coppia composta dai siciliani Salvatore Ficarra e Valentino Picone, fosse la più completa dell’ultimo ventennio, non c’erano dubbi già da almeno dieci anni. Il penultimo film, L’ora legale, campione di incassi della stagione 2017, aveva alzato l’asticella della loro commedia comica intelligente, con un pizzico di amarezza di fondo, in puro stile da “grande” commedia all’italiana. Quella di Ficarra & Picone, non è una comicità semplice e fine a se stessa. E’ piuttosto una comicità amara, che si basa e raccoglie linfa vitale dalla realtà che viviamo. In questo, non solo si porgono come eredi di Franco & Ciccio, ma anche di tanta riuscita commedia all’italiana degli anni ’60, perché si pongono, con ottimi risultati, l’ambizione di descrivere la società italiana di oggi, con i falsi miti, le poche certezze e le tante amarezze, in primis la dilagante corruzione. Ora con Il primo Natale, l’asticella cinematografica della coppia continua a crescere. Già, perché stavolta Ficarra e Picone si cimentano per la prima volta, con un film in costume, scegliendo l’anno 0 come punto focale del loro racconto, regalandoci anche una precisa descrizione della società al tempo della nascita di Gesù Cristo.

In ultimo va analizzato il “fenomeno” Siani, attore napoletano, nelle intenzioni troppo debitore di atteggiamenti e monologhi alla “Troisi” e di buonismi rassicuranti alla “Pieraccioni” difficilmente pareggiabili. Nonostante ciò, il pubblico dimostra di gradire la sua dissacrante comicità. Infatti, Siani si è piazzato per ben tre volte come campione di incassi, l’ultimo dei quali è Si accettano miracoli, film del 2015, al quale molto si rifà il suo ultimo lavoro (Il giorno più bello del mondo), uscito in sala ad ottobre 2019. Alessandro Siani torna infatti al grande schermo due anni dopo Mister Felicità, da lui scritto, diretto e interpretato, ma questa volta cambia cosceneggiatore, passando da Fabio Bonifacci a Gianluca Ansanelli, con cui aveva già firmato Si accettano miracoli. La differenza de Il giorno più bello del mondo con Si accettano miracoli non è grande, perché a dominare la narrazione è sempre comunque il mattatore Siani, con quel suo misto di “guasconeria” partenopea e buonismo da grande pubblico. Questo è esattamente il punto di forza e la debolezza del suo cinema: perché se da un lato Siani è straordinariamente efficace nei siparietti da varietà, in particolare quelli con Giovanni Esposito, dove mette a frutto la sua vis comica (deliziosa la creazione di storie della buonanotte che utilizzano i personaggi delle favole meglio di Shrek), dall’altro l’autore-attore cede troppo spesso alla tentazione di aggiungere melassa e ripetere i cliché rassicuranto “alla Pieraccioni” che fanno a pugni con il suo talento autentico di guitto.

E allora tratte le somme, ognuno di questi 5 fenomeni comici italiani detiene un record: Leonardo Pieraccioni come pubblico in sala (Il ciclone è il quarto film italiano più visto della storia del cinema nazionale; Il pesce innamorato chiude invece la top ten); Checco Zalone come incassi medi al cinema, che non corrisponde però con la top ten dei film più visti (il suo Quo vado, infatti, è soltanto 23esimo nella speciale classifica); Aldo, Giovanni & Giacomo poi, sono l’unico trio, che può chiamarsi tale, del cinema italiano; mentre Ficarra & Picone sono l’unica coppia cinematografica veramente stabile dell’ultimo ventennio; e infine Alessandro Siani rappresenta, nel bene o nel male, l’erede più importante della comicità partenopea dopo la morte di Massimo Troisi. Si badi bene, da questo saggio sono stati esclusi, attori comici di indiscusso valore come Fabio De Luigi, Vincenzo Salemme, Antonio Albanese e Rocco Papaleo, soltanto perché la loro carriera non si è svolta e non si svolge esclusivamente nel genere comico–brillante, ma tocca più campi, financo il drammatico.

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