I film italiani in sala a febbraio 2019

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Nel mese di febbraio le uscite italiane nelle sale cinematografiche nazionali supereranno quelle americane, e questa è la novità più rilevante degli ultimi anni, sintomo di una rinnovata freschezza e di una rinnovata fiducia nei nostri prodotti. Quota 18 a fronte di 10 prodotti hollywoodiani, un incremento rispetto al gennaio scorso di ben 8 film, il che vuol dire anche che le case di distribuzione hanno deciso di puntare maggiormente sull’ultimo dei mesi invernali, quello che si affaccia alla primavera senza però esserlo. Ovviamente i film di maggiore visibilità sono quelli legati a case di distribuzioni importanti e con registi e attori popolari, brillanti e di grande verve.

Nominiamo per primo allora 10 giorni senza mamma, distribuito dalla Medusa in ben 410 cinema, commedia brillante, sostenuta dal talento comico di Fabio De Luigi, in questo determinato momento storico, uno degli attori più presenti al cinema: è stato già pochi mesi fa, a novembre, in sala con Ti presento Sofia, al fianco di Micaela Ramazzotti, sui problemi familiari di un papà divorziato con figlia in fase pre-adolescenziale alle costole ed una nuova fidanzata.

Questo nuovo film, procede sulla falsariga del primo, rimangono i problemi familiari, affrontati con il sorriso sulle labbra. Stavolta Fabio De Luigi è un padre di famiglia, con una moglie e tre figli, anch’essi dai dieci anni in giù. Ad un certo punto “mamma”(Valentina Lodovini, bellissima) decide di partire per 10 giorni con la propria sorella, lasciando i tre figli con un papà praticamente assente, per lavoro e per pigrizia: guai a catena. E ancora una volta il volto di “gomma” di Fabio De Luigi si presta a meraviglia ad una tragicommedia familiare. Sebbene sia innegabile infatti che alcune delle vicende in cui si ritrova invischiato il suo personaggio siano esilaranti, dietro nascondono la forte malinconia di un padre che ha trascurato i propri figli. Ed ancora più importante, di un padre che non comprende a pieno il ruolo di una madre full time. Si nota la forte volontà di portare sul grande schermo tematiche attuali quali la frustrazione di una donna nell’essere “solo” una madre o il difficile connubio famiglia/lavoro. E specialmente nell’affrontare la prima, è lodevole il modo con cui è stato scritto il personaggio interpretato da Valentina Lodovini, un ruolo femminile dal sapore (finalmente) contemporaneo.

Sullo stile fantasy-eroico, altro film destinato al successo è Copperman, ancora una volta distribuito massicciamente in giro per lo stivale (quasi 200 sale) e ancora una volta dipendente, quasi in maniera integrale, dal suo popolare protagonista, ovvero Luca Argentero. Copperman ovvero Anselmo è un uomo che viaggia nel mondo    con l’innocenza di un        bambino e il cuore di            un leone. Anselmo è un bambino molto particolare. Dotato di grandissima fantasia e sensibilità, affronta la quotidianità da solo con la madre in maniera tutta sua: ha sviluppato un’ossessione per i colori, per le forme circolari e soprattutto per i supereroi. Desidera tanto possedere anche lui dei superpoteri per poter salvare il mondo come il padre, che in realtà lo ha abbandonato subito dopo la sua nascita. Questo desiderio cresce dopo aver conosciuto Titti, una bambina molto stravagante, che però viene costretta ad allontanarsi presto da lui.

Anselmo cresce ma non smette di guardare il mondo in maniera infantile tanto che, grazie all’aiuto di un caro amico di famiglia, si trasforma in Copperman, l’uomo di rame, che di notte aiuta a ripulire il proprio paese dalle ingiustizie. Le responsabilità di Copperman diventeranno più grandi quando finalmente Titti tornerà a casa. Un cinema d’altri tempi, non solo per le atmosfere vintage date da una (curatissima) scenografia che riporta direttamente indietro ad altri anni, ma soprattutto per l’approccio genuino e fresco con cui si avvicina a certe tematiche. L’espediente supereroistico qui non ha infatti nulla di ultraterreno, ma diventa una semplice fantasia infantile per affrontare dei traumi, delle problematiche intrinseche nei personaggi. Senza pietismo ed al tempo stesso senza superficialità, si mettono in campo le classiche dicotomie tra buoni e cattivi filtrate dagli occhi di un bambino che non è mai cresciuto.

Vengono alla mente alcune opere di Jean-Pierre Jeunet in cui non ci si interfaccia solo con il racconto di un personaggio, ma il suo mondo diventa visivamente anche quello dello spettatore. Ed è quello che prova a fare Puglielli con il proprio film e quello che riescono a ricreare anche i bambini (non) cresciuti interpretati perfettamente da Luca Argentero e Antonia Truppo.

E in questo mese ritorna in sala Fausto Brizzi, ormai riabilitato pienamente dalle accuse di “molestie sessuali”, con una commedia comica delle sue, trascinante e dilagante, dal titolo Modalità aereo, e lo fa servendosi di Paolo Ruffini, di Violante Placido, di Dino Abbrescia, ma soprattutto di Pasquale Petrolo in arte Lillo, qui privo di Greg, ma che ha verve, simpatia e magnetismo attrattivo, alla stregua dei più grandi comici del cinema italiano. Il classico cliché della commedia degli equivoci è utilizzato sapientemente, da chi (Brizzi) sa come si creano commedie di successo. Sociologicamente il film è una commedia all’italiana a tutti gli effetti, con spunti di situazioni che rimandano ai nostri maestri più celebrati e si basa su una semplice domanda: cosa succederebbe se un uomo importante (imprenditore, influencer, uomo d’affari) in viaggio di lavoro in Australia, dimenticasse il proprio telefonino nei bagni dell’aeroporto e questo finisse in mano a due poveracci desiderosi di godersi la vita? Pensateci: contocorrente, post-pay, social network…il punto della questione del film è questo, tutta la nostra vita è nei nostri cellulari.

Se, anni fa Perfetti sconosciuti aveva sdoganato l’importanza dei nostri smartphone dal punto di vista sentimentale, con annesse possibili relazioni extraconiugali, ora Brizzi lo fa guardando un punto di vista meno intimista, più pubblico e più lavorativo, in ossequio all’apparenza che sembra, ahimè, il vero motore per fare soldi nella società di oggi, dove la stessa apparenza vale più della realtà: specchio di tutto watshapp, facebook, instagram e prodotti similari.

Tra gli altri film in sala a febbraio, posto d’onore merita senz’altro Domani è un altro giorno, con la supercoppia d’autore composta da Marco Giallini e Valerio Mastandrea remake dell’argentino Truman – Un vero amico è per sempre. La storia è quella di due grandi amici che si ritrovano per quattro giorni: uno dei due è malato, l’altro lo raggiunge dal Canada, dove vive e lavora. Sono tante le cose da dirsi e da sistemare, tra cui un cane, che nell’originale si chiamava appunto Truman, in questo Pato, e avrà uno spazio importante all’interno della storia. Una bella storia di amicizia al maschile in cui vengono fuori tante cose, tra cui il fatto che se si è amici nella vita lo si è per sempre e ci si ama soprattutto perché si è diversi.

I personaggi sono volutamente agli antipodi: da una parte un carattere molto estroverso, dall’altro uno più chiuso e riflessivo. Se uno vive in Canada, al freddo, l’altro ha una sua vita a Roma. La conoscenza tra i due diventa una sorta di partita a tennis, in quello che si configura come un dramma privato: “Continuiamo ad evitare di pensare alla morte ma è bello che il cinema lo racconti: dopo l’ondata delle commedie, anche un po’ scadute, degli ultimi tempi sentivo il bisogno di far realizzare un film drammatico. Sarà una riflessione sui rapporti e sull’esistenza, che farà anche sorridere lo spettatore”. Non a caso il titolo è diverso dall’originale: “Rinvia all’idea dell’accettazione della morte, per cui poi le cose vanno avanti: chi fa cinema deve sempre pensare che domani è un altro giorno, lo dico anche in riferimento alla scomparsa del mio caro amico Carlo Vanzina”. (Maurizio Tedesco, produttore del film in un’intervista rilasciata per l’Ortigia Film Festival).

Lo stesso giorno del precedente film, il 28 febbraio, esce nella sale anche Croce e delizia, una commedia familiare di stampo romantico interpretata da Alessandro Gassman e Jasmine Trinca; mentre chicca del mese è la presenza in sala di Ladri di biciclette, il capolavoro neorealista del maestro Vittorio De Sica, restaurato e riportato allo splendore delle origini.

Per il resto scarse distribuzioni, per scarsa visibilità: purtroppo i grandi nomi sono i veri trascinatori di una pellicola, da sempre è così, ad Hollywood quanto a Cinecittà. Non c’è che da prenderne atto e sperare che un giorno il cinema indipendente in Italia, possa avere un regolamentazione capace di farlo emergere e dare piena dignità a tutto quel sottobosco cinematografico che lavora in silenzio e spesso crea dal nulla, capolavori che poi rimangono nel cassetto.

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