Chissà se Heinrich Hertz, il primo a dimostrare l’esistenza delle onde radio e che nominiamo involontariamente ogni volta che impostiamo la frequenza della nostra trasmissione preferita, e Guglielmo Marconi, padre della telegrafia senza fili, la cui evoluzione portò allo sviluppo della radio, avrebbero mai immaginato che i loro studi avrebbero dato vita ad uno strumento di comunicazione di massa ancora così molto utilizzato.
Le trasmissioni radiofoniche hanno saputo attraversare il tempo, raccontandolo meglio di qualsiasi altro mezzo, ed in alcuni casi facendone la storia. Così, da strumento di alfabetizzazione, aggregazione e propaganda, nell’epoca fascista la radio diventa mezzo di lotta e resistenza grazie alle trasmissioni di Radio Londra a cura della BBC, fino a diventare persino strumento di liberazione; famoso è il messaggio radiofonico, ad esempio, che annuncia la fine della seconda guerra mondiale.
Nel dopoguerra c’è una radio quasi in ogni casa e la RAI (Radio Audizioni Italiane), assume l’egemonia delle trasmissioni; la prima edizione del Festival di Sanremo è trasmessa in radio, nel 1951, così come l’imparziale radio-giornale, che diventa un appuntamento fisso con l’informazione per milioni di italiani.
Le trasmissioni radiofoniche, fin dagli esordi regolate e codificate da concessioni statali in regime di monopolio dalla RAI, poi negli anni ’70 vengono liberalizzate, dando vita ed alimentando le tante radio pirata già esistenti, che da questo momento in poi saranno chiamate “Radio Libere”.
Alle Radio Libere si deve la diffusione di musica indipendente, di programmi di approfondimento culturale di carattere locale, delle idee politiche e persino di quelle religiose: libera era Radio Out di Peppino Impastato, libera era la militante Radio Alice, e libera era persino la religiosa Radio Maria.
Ma alle radio libere si deve anche lo sviluppo della comunicazione pubblicitaria come mezzo per finanziare le trasmissioni, da un lato, e come strumento per aumentare la Brand awareness aziendale, dall’altro.
La possibilità di raggiungere in modo capillare il proprio target, soprattutto i giovani, spinge le aziende ad investire sempre più sulla comunicazione pubblicitaria radiofonica, trasformandole spesso da strumento di protesta a mezzo di puro intrattenimento, dove lo spazio dedicato alla pubblicità diventa sempre più preponderante.
Grazie anche a questi capitali, le radio da libere diventano private, da locali a nazionali, spesso da generaliste a radio tematiche, con un numero sempre crescente di ascolti, anche quando la predominanza della televisione e l’avvento di internet ne avevano prefigurato il declino.
La radio è invece il media che più di tutti ha saputo reggere il passo con i tempi, anche quelli destabilizzanti ed incerti che stiamo vivendo.
Paradossalmente, nel bel mezzo di una pandemia mondiale, in cui la quarantena ed il distanziamento sociale hanno prefigurato situazioni di isolamento ed in cui imperversavano la caccia allo scoop ed alla notizia roboante (sempre condite dalle immancabili fake news da parte di tutti i mezzi di comunicazione, da quelli alternativi come i social a quelli più tradizionali come la televisione), le emittenti radiofoniche, invece di innescare concorrenza spietata all’ultimo ascoltatore, per la prima volta hanno deciso di unirsi per trasmettere all’unisono un messaggio che fosse, al tempo stesso, rassicurante e propositivo.
Ve lo abbiamo raccontato in pieno lockdown con “Fratelli d’Italia: le radio, i balconi e le altre storie di un paese blindato”, ma mai avremmo immaginato che l’esperienza delle emittenti radiofoniche, nazionali e locali, che trasmettono contemporaneamente lo stesso palinsesto, si sarebbe potuta ripetere, questa volta, per eleggere la canzone più amata degli ultimi 45 anni.
45 canzoni italiane, una per ogni anno, da “Sabato pomeriggio” di Claudio Baglioni del 1975, a “Soldi” di Mahmood, vincitrice, nel 2019, del Festival di Sanremo; 45 brani indimenticabili, che, entro il 31 luglio, decreteranno la canzone migliore, la più amata, grazie ai voti congiunti degli ascoltatori e delle direzioni artistiche delle Radio Unite per l’Italia.
Impossibile scegliere tra successi come “Una donna per amico” di Battisti, “La donna Cannone” di Francesco De Gregori, “Senza una donna” di Zucchero, “Mare mare” di Luca Carboni, “Domani” degli Articolo 31, “Luce” di Elisa, “Estate” dei Negramaro, “Albachiara” di Vasco Rossi, “Notte prima degli esami” di Venditti, “Perdere l’amore” di Massimo Ranieri e “Sei nell’anima” della Nannini, solo per citarne alcuni.
L’iniziativa, che non ha precedenti nella storia della radio italiana, non ha lasciato indifferenti neanche grandi big, che devono la propria popolarità anche alla radio, e che hanno deciso di incidere delle cover inedite di alcune canzoni in gara, come, ad esempio, Biagio Antonacci che ha reinterpretato “Centro di gravità permanente” di Battiato, e “Caruso” di Lucio Dalla, nella versione di Jovanotti.
La gara vedrà poi un evento conclusivo in ottobre, anch’esso unico e senza precedenti, che verrà trasmesso in contemporanea, in diretta via radio, tv e in streaming sui canali social di tutte le emittenti, a ribadirne nuovamente il senso di unità.
La capacità di rinnovarsi, unirsi, trovare nuovi modi di comunicare e stare insieme, essere un mezzo vicino alla gente, capillare e familiare, fa della radio uno dei mass-media più amati dal pubblico, che continua a preferirla ad altri più moderni e sofisticati; sarà perché, come diceva Eugenio Finardi, ne “La Radio”, del 1976, “Con la radio si può scrivere, Leggere o cucinare, Non c’è da stare immobili, Seduti lì a guardare, E forse è proprio quello Che me la fa preferire, È che con la radio non si smette di pensare”.
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