Se sino a pochi anni fa un po’ tutti quelli che non si occupavano di digitale tendevano a prendere sotto gamba questo settore economico, oggi è davvero difficile trovare qualcuno che non riconosca la centralità del digitale e le tante opportunità di sviluppo che offre.
A dir la verità qualcuno, anzi più di qualcuno, che nega l’evidenza o che, più o meno faziosamente, sottostima l’impatto del digitale c’è e lo si può trovare a tutti i livelli. Le motivazioni di tale realtà, a mio parere, possono dipendere o da una incapacità (anche in buona fede) di non comprendere la rivoluzione digitale che ormai da 10 anni è in atto o, peggio, da una difesa strenua di posizione derivante da una old economy. In tutti i casi, entrambi i personaggi, prima o poi, dovranno fare i conti con il cambiamento.
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Per tutti gli altri però, siano essi addetti ai lavori o semplici “persone informate sui fatti”, è sempre giusto tenere costantemente monitorata la situazione perché, il digitale, tutto è tranne che un business stabile, nel senso di immobile. L’evoluzione è una sua caratteristica intrinseca.
E allora vediamo un po’ lo stato dell’arte del digitale: analizziamo i numeri e le opportunità di crescita.
Nel 2017, l’industria digitale in Italia ha registrato un +9% rispetto al 2016, totalizzando quasi 58 miliardi di euro. Sempre nel 2017, l’intero indotto economico del digitale, quindi a perimetro allargato (consumi, investimenti, ecc.), ha registrato una cifra pari a 80 miliardi euro. L’intera filiera occupava oltre 600 mila persone.
E nel 2018?
Secondo quanto si apprende dalle Elaborazioni IAB/EY su dati Atoka 2017, il mercato del digitale in Italia vale 65 miliardi di euro (+22% rispetto al 2016). Gli asset che contribuiscono maggiormente alla crescita del settore sono l’e-commerce e l’online advertising. Questa crescita ha anche delle ricadute a livello occupazionale: 285 mila sono gli occupati nel digitale nel 2018 contro i 253 mila del 2017. A perimetro allargato, i numeri che abbiamo appena visto assumono valori ben più importanti: in Italia il digitale, nel 2018, genera un indotto economico pari a 89 miliardi di euro e registra 675 mila occupati.
Sin qui i numeri freddi ci forniscono sì una fotografia evidentemente chiara della situazione, ma che magari non ci danno la possibilità di vedere quali possono essere le opportunità di crescita del digitale.
Per farlo ci serve analizzare altri numeri.
Il digitale infatti è entrato pervasivamente in tutti i processi aziendali: modelli di business, partnership, budgeting, way of work.
E questo significa che il bisogno delle aziende di persone capaci di gestire questa trasformazione e di lavorare in questo ambito è sempre maggiore. C’è estremo bisogno di persone da impiegare sia verticalmente su singoli temi e sia di persone capaci di avere una visione di insieme. Persone quindi estremamente qualificate che abbiano un approccio al lavoro flessibile e molto diverso rispetto a quanto avveniva nel passato. Perché il digitale, oltre agli strumenti, ha portato un enorme cambiamento proprio nel modo di lavorare, nel concepire il lavoro e le relazioni.
Per identificare e semplificare quanto appena espresso, si può parlare di “pensiero laterale”. Una capacità raramente acquisibile sui libri di scuola, ma che si sviluppa nel tempo e con il confronto continuo.
Chi saprà formarsi in questo senso, sviluppare capacità specifiche e gestire questi processi di trasformazione, potrà certamente godere delle opportunità del digitale. Per tutti gli altri, consiglio vivamente di correre ai ripari. Il cambiamento non si evita, e men che meno si ferma, fingendo solo che non esista. Lui arriva comunque e interessa, indistintamente, sia le persone che interi business.
Sta a noi farci trovare preparati.