L’Italia che usciva dagli scempi e dalle rovine della seconda guerra mondiale aveva voglia soprattutto di distrarsi, e se respingeva i tentativi di riproporre l’abulico cinema dei “telefoni bianchi”, non per questo voleva sentirsi ricordare lo sfacelo che aveva travolto il paese. E dopo la sfolgorante, ma breve stagione neorealista, al cinema italiano si chiese dunque intrattenimento, ma un intrattenimento che raccontasse storie vere, plausibili, autentiche, storie che avessero a che fare più da vicino con gli italiani stessi, con la loro voglia di riscatto e con la voglia di rinascita di un’intera nazione.
Nel decennio compreso tra la metà degli anni ’50 e la metà degli anni ’60 l’Italia infatti, visse una stagione di crescita economica e di cambiamenti sociali veloci e intensi, e divenne una delle maggiori potenze industriali. Lo sviluppo economico superò addirittura quello demografico (pure evidente) e ciò ebbe come conseguenza un miglioramento diffuso del tenore di vita (i primi apparecchi televisivi, la storica 500). Molti dei film girati in quegli anni testimoniano sia questi cambiamenti, sia le tante contraddizioni ad essi collegate. E se è vero che il cinema è stato ed è lo specchio della società, allora non è azzardato dire che la storia del cinema italiano è andata di pari passo con il mondo reale, e che il cinema dunque è la maniera migliore per rivivere una fetta importante della storia del nostro paese, meglio di qualsiasi trattato sociologico.
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In tutto ciò si inserisce prepotente la commedia all’italiana che parte sempre da un’analisi attenta della realtà, ma lo strumento che usa per rappresentarla è l’ironia unita alla satira di costume; e l’ambiente che viene preso di mira non è più quello dei contadini e dei poveracci, ma quello della borghesia rampante che scalciava per emergere, messa alla berlina per i suoi tanti vizi e le sue contraddizioni. Primi scampoli di benessere economico si registrano già a partire dai primi anni ‘50 in due capisaldi della commedia all’italiana: “La famiglia Passaguai” di e con Aldo Fabrizi; e “Pane, amore e fantasia” con Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida, due film leggendari che ironizzano splendidamente sui comportamenti di una piccola borghesia che si confronta a fatica con i primi segni del benessere, ma che guarda con rinnovata fiducia verso il futuro. Entrambe le pellicole vennero definite il punto di svolta del nostro cinema verso la commedia all’italiana.
E poi venne la fine degli anni ’50 e pellicole leggendarie come “Poveri ma belli”, con Maurizio Arena e Renato Salvatori; “I soliti ignoti” con Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni e ancora Renato Salvatori; e “La dolce vita”, che contribuirono a lanciare nel mondo il mito della “dolce vita” italiana, sinonimo di spensieratezza e di benessere economico. In particolare quel 1960 de “La dolce vita” di Fellini e Mastroianni e de “La ciociara” di De Sica e della Loren, è il nostro anno mirabilis: ciliegina sulla torta le Olimpiadi di Roma ’60, il punto più alto dell’Italia del secolo scorso.
PER APPROFONDIRE:
Negli anni ’60 poi, in clima di benessere economico, la commedia all’italiana è quasi dispoticamente dominati dai volti dei quattro grandi protagonisti brillanti del periodo: Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi e Nino Manfredi, più l’apporto di Marcello Mastroianni spesso impegnato in produzioni internazionali; e quello di Walter Chiari, a metà strada tra cinema più spiccatamente popolare e commedia all’italiana, con la perla, però de “Il giovedi”, delizioso film che per primo pone l’attenzione sulla difficile situazione dei padri separati in epoca pre-divorzio. Allo stesso modo epocali sono altre pellicole del periodo, tra le quali spiccano “Il sorpasso” con Vittorio Gassman; “I mostri” con Tognazzi e ancora Gassman; e “Una vita difficile” con Alberto Sordi, così per citarne alcuni, fra una miriade di ottimi film e non pochi capolavori.