Il Giro d’Italia nel cinema italiano

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Il Giro d’Italia nasceva nel 1909, il cinema qualche anno prima. Fin dagli albori del cinema sonoro c’è chi aveva già tentato di crearne un binomio, ovvero di servirsi del Giro a fini cinematografici. Nel 1939 ci prova Mario Camerini, che ha intenzione di portare le telecamere al Giro d’Italia per una commedia sentimentale. Riceve però un nettissimo rifiuto da parte dell’allora organizzatore del Giro, Armando Cougnet, che si oppone in maniera anche al dir poco sgradevole: “Impossibile: la corsa è cosa seria, mica sollazzo”. Già, perché allora, negli anni dell’era fascista, il cinema non era ancora presa in considerazione come un’arte, o comunque come espressione di essa.fausto-coppi-e-fiorenzo-magni

Ci vorranno gli anni post seconda guerra mondiale, quelli bisognosi di intrattenimento, per fare entrare il Giro d’Italia nel cinema, e il cinema nel Giro d’Italia. I campioni del Giro d’Italia, Fausto Coppi, Gino Bartali, Luison Bobet, Fiorenzo Magni, erano popolari al pari dei divi del cinema, e il nuovo organizzatore del Giro, Vincenzo Torriani, raccolse subito la palla al balzo. I contatti tra i produttori cinematografici e gli organizzatori del Giro, divennero sempre più intensi, soprattutto a cavallo tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50. Torriani, nuovo titolare dell’organizzazione del Giro, fin da subito coltivò un sogno, ovvero quello di rendere la corsa rosa l’evento più importante del calendario ciclistico con l’obiettivo di colmare il divario di fama e prestigio con il Tour de France. Aveva soprattutto idee all’avanguardia per i tempi, il coraggio della sperimentazione, la propensione all’azzardo.toto-con-fausto-coppi-nel-film-toto-al-giro-ditalia

Il primo fu quello di aprire al cinema le porte della corsa. Per farlo bisognava però utilizzare l’attore più popolare del momento, in maniera tale da affiancarlo ai campioni della bicicletta. Il nome prescelto fu ovviamente quello di Totò, con quel “Totò al Giro d’Italia”(1949), che rimane tra le pellicole più riuscite e divertenti dell’epoca. Totò è straordinario, insolitamente truccato con una barba folta e ardimentosa, mentre è impegnato in una serie di volate immancabilmente vincenti con i più grandi campioni del Giro. Già perché il film vede la partecipazione, anche nelle parti recitate, dei ciclisti, impegnati al fianco della Maglia Rosa del cinema italiano.

locandina-toto-al-giro-ditaliaLa storia inventata dagli sceneggiatori e servita per un Totò al massimo della forma, è quella di un professore di Liceo, che si innamora della bella e giovane Doriana(Isa Barzizza). Un sentimento a senso unico, impossibile tanto quanto la speranza di quella promessa: “Noi ci sposeremo quando lei avrà vinto il Giro d’Italia”. Come fare? Come vincere la corsa? Già era missione disperata per tutti quelli che non erano Coppi e Bartali, figuriamoci per un professore di Brescia. L’unica era vendere l’anima al diavolo. Fu così che si presentò Pippo Cosmedin, diavolo veneto di seconda classe, con un contratto che lo avrebbe fatto trionfare nella corsa in cambio della sua anima. Contratto che lo faceva correre più forte di tutti, anche di Coppi e Bartali, di Kubler e Cottur, Schotte e Bobet, Ortelli e Magni. Alla fine, ovviamente, trionfa il lieto fine, i due si sposano senza bisogno che Totò vinca il Giro, ma quel che più conta è guardare il film come un documento di estremo valore sul rapporto tra sport e cinema, utilizzato con quello che era l’evento sportivo più importante del panorama nazionale.

fiorenzo-il-terzo-uomoErano gli anni in cui l’Italia si divideva tra Coppi e Bartali, anni in cui Fausto e Gino mietevano trionfi in patria e in giro per tutta l’Europa: giri d’Italia, tour de France, giri delle Fiandre. E il cinema coglie l’occasione di raccontare a modo suo il ciclismo, dato anche il successo che aveva ottenuto il primo prototipo del genere. Nel 1951 viene imbastito un film sulla figura di Fiorenzo Magni, soprannominato il “terzo uomo”, perché all’ombra dei due miti c’era lui, non meno forte, ma che sovente riusciva a inserirsi e a mettere i bastoni tra le ruote ai due fuoriclasse. In epoca di “coppisti e bartalisti”, infatti Fiorenzo Magni vinse tre Giri d’Italia. Da qui nasce il titolo del film “Fiorenzo, il terzo uomo”, che pensato come documentario sportivo descrive il 34esimo giro d’Italia e viene arricchito da scenette e sketch interpretati dai più importanti attori italiani dell’epoca, all’arrivo delle varie tappe: Renato Rascel, Nino Taranto, Aldo Fabrizi sono le stelle che partecipano al film. Il titolo richiama il nome e il soprannome dato a Fiorenzo Magni, perché in questa occasione risulta lui il vincitore della 34esima edizione del Giro.locandina-bellezze-in-bicicletta

Altro film epocale, costruito sul mito della bicicletta e del ciclismo è “Bellezze in bicicletta”, a sorpresa campione di incassi della stagione 1952. All’inizio degli anni ’50 gli italiani, brava gente, costruiscono e ricostruiscono case, credono in Dio, nel Totocalcio e nei concorsi di bellezza, e cantano per consolarsi una canzone di Giovanni D’Anzi: “Ma dove vai, bellezza in bicicletta, così di fretta pedalando con ardor? Le gambe snelle, tornite e belle, m’hanno già messo la passione dentro il cuor!”. E’ inevitabile che da questa canzone-manifesto, leggera, sorridente e tipica, nasca un film di uguale segno, leggero, sorridente, tipico e addirittura omonimo. Le protagoniste sono Silvana Pampanini e Delia Scala, due ballerine squattrinate, che inseguono Totò con tutti i mezzi di locomozione possibile, bicicletta compresa, nella speranza di essere scritturate. Totò non si vede mai nel film, ma accanto alle due attrici ci sono altri grandi interpreti dell’epoca, su tutti Renato Rascel e Peppino De Filippo, strepitoso nei panni di un ladro talmente affamato da svaligiare l’orto prima dell’appartamento.

fantozzi-e-filiniNegli anni successivi, l’Italia scopre le vacanze, scopre la commedia all’italiana e dunque il riferimento al Giro, alla bicicletta e agli eroi a due ruote, si fa meno visibile, più cripticizzato all’interno delle pellicole. Due esempi su tutti: Fernandel nei panni di Don Camillo, nell’omonima serie cinematografica, va sempre in giro in bicicletta; mentre nel “Secondo tragico Fantozzi”, c’è uno degli sketch epocali del grottesco personaggio inventato da Paolo Villaggio, ovvero l’episodio della “Coppa Kobram”, che rimane un gioiello di comicità dilagante e surreale.

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