Il grande spirito – Il film

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Quello appena uscito nelle sale, ovvero Il grande spirito, è un film complesso, poeticamente stralunato e avvolto da un realismo magico, cifre distintive del cinema di Sergio Rubini e di Rocco Papaleo, attore comico “lunare”, un po’ alla Macario. Sempre in bilico fra materia e spirito, fra concretezza anche gretta e allucinazione sempre nobile, Il grande spirito è una storia di miseria e nobiltà, con una grande attenzione all’elemento polisensoriale: il suono, in particolare, è molto curato, dal lamento gutturale di un malato costretto al ricovero forzato al ticchettio di una mano nervosa. Il grande spirito è dunque un piccolo gioiello, partito quasi nell’ombra, ma che ben presto ha assorbito ammiratori come una spugna assorbe l’acqua. Surreale e a tratti bizzarro, ma anche profondamente calato nella realtà locale: il film è girato a Taranto, ma nella parte industriale, quella avvelenata dai veleni dell’industria siderurgica, la quale però, saggiamente, rimane sempre sullo sfondo.il-grande-spirito-locandina

I due personaggi principali creano una sinergia magistrale che dà forza e propulsione alla storia. La vicenda per lo più si sviluppa sui tetti e resta in alto, in una dimensione onirica, senza mai cadere in basso nel sentimentalismo o nella banalità. E’ la storia di Tonino (Sergio Rubini), un ladruncolo sempre in cerca del grande colpo di fortuna: che sembra finalmente arrivare quando il bottino di una rapina, per cui lui era stato relegato al ruolo di palo, finisce fortuitamente nelle sue mani. Tonino fugge con la refurtiva sui tetti di Taranto e trova rifugio in un abbaino fatiscente abitato da uno strano personaggio: Renato (Rocco Papaleo), che si è dato il soprannome di Cervo Nero perché si ritiene un indiano, parte di una tribù in perenne lotta contro gli yankee. Renato, come sillaba sprezzantemente Tonino, è un “mi-no-ra-to”, ma è anche l’unica àncora di salvezza per il fuggitivo, che tra l’altro si è ferito malamente cadendo dall’alto di un cantiere sopraelevato. Fra i due nascerà un’intesa frutto non solo dell’emarginazione, ma anche di un’insospettabile consonanza di vedute.il-grande-spirito-foto-di-scena

Rubini, alla sua 14esima regia, sforna un film, che sembra rifarsi allo stralunato gioiello della commedia all’italiana Non toccare la donna bianca, in cui la guerra di secessione americana, era ambientata in una cava nel centro di Parigi e le avventure dei protagonisti (Mastroianni, Tognazzi, Noiret, Piccoli), si svolgevano con i grattacieli di Parigi sullo sfondo. Allo stesso modo la storia attuale si svolge sui tetti, anziché in una cava, e sullo sfondo al posto dei grattacieli ci sono le famose ciminiere di Taranto. Le immagini della fabbrica, con le sue fornaci e i suoi tossici fumi, si mescolano alle immagini del fuoco “purificatore” acceso da Cervo Nero: inferno e praterie celesti, distruzione e devozione, peccato e redenzione. Altra scelta fortemente simbolica è quella di ambientare quasi tutta la storia sui tetti di Taranto, in una ricerca visiva di elevazione fisica e spirituale: tutta la parabola (è il caso di dirlo) di Tonino e Renato si consuma nella verticalità, in ascese celestiali e rovinosi schianti a terra – quella terra avvelenata dalle fabbriche e infestata dalla malavita. Anche le ciminiere dell’Ilva incombono grazie alla loro altezza, che si erge arrogante sopra il livello del mare tarantino.

La questione dell’Ilva insomma, pur senza invadere il campo della vicenda, permea – come un veleno silenzioso e letale – tutta la storia: le esistenze miserabili, la decimazione degli “indiani”, la rabbia (mal) repressa, l’orizzonte forzatamente (de)limitato. Tonino e Renato sono quindi, l’uno l'”uomo del destino” dell’altro perché attraverso il loro rispecchiarsi si accende la loro luce interiore, quella luce che lotta contro il buio circostante. Ma i due personaggi sono soprattutto lo specchio del talento dei due protagonisti, autori-attori di straordinario talento, poliedrici e capaci di acchiappare il pubblico di tutte le età, con un viscerale amore per il cinema, che permea dal primo all’ultimo minuto di film. Una pellicola da ricordare e…da vedere: amara e figlia dei tempi attuali.

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