In questo disgraziatissimo e maledetto 2020, con la Pandemia da Covid-19 che ancora non sembra darci tregua, il comparto culturale (congressi, conferenze, teatri, cinema, musei) è quello che più di tutti ha sofferto l’immobilismo che ha bloccato il mondo. Il cinema ovviamente ha lavorato a singhiozzo e si è adattato forzatamente alla moda dello “smart working”, che ormai ha conquistato il mondo. Lo “smart working” nel caso del cinematografo, ha creato un momento a suo modo epocale: la maggior parte dei film usciti nel panorama mondiale e nazionale sono approdate sulle varie piattaforme di streaming online come come Rakuten TV, Infinity TV, Google Play, Chili, TIMvision, Prime Video, Sky, Netflix o anche YouTube in versione a pagamento.
I cinema sono rimasti aperti, tra restrizioni e condizionamenti molto variegati, almeno fino ai primi giorni di marzo; per riaprire poi, in estate, ma con una programmazione ridotta; e riprendendo poi, un certo vigore tra settembre ed ottobre, quando un nuovo DPCM, ne ha previsto la chiusura a partire dal 26 ottobre, in concomitanza con l’inizio della seconda ondata della pandemia.
In questo contesto molto angosciante e avvilente per tutto il comparto cinematografico, le pellicole italiane uscite, in qualunque maniera, nella maledetta annata 2020, toccano le 240 unità. Un numero cospicuo, bisogna dirlo, che testimonia come il nostro cinema, sia in ripresa e goda di una certa freschezza di idee, non parimente riscontrabile una decina di anni fa, ad esempio.
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È indubbio che quest’anno passerà alla storia come l’anno della pandemia. Così come indubbio che quest’anno ha portato malessere sociale, psichico ed economico.
Ma dobbiamo sforzarci di cogliere un bagliore di luce anche in un anno così buio.
Da qui una carrellata dei migliori film italiani dell’annata, tenendo conto di vari fattori, come la popolarità degli attori impiegati, l’effettivo valore delle pellicole e infine del successo popolare, estendibile anche in campo internazionale.
TOLO TOLO, di Luca Medici [Checco Zalone]
Al suo quinto film Checco Zalone, debutta alla regia, firmandosi con il suo vero nome di Luca Medici. Lo fa con il suo copione forse più contestato, di sicuro il più ambizioso, arricchito anche da una certa vena di critica politica, che lo eleva certamente dai suoi lavori precedenti. Sembra un’era fa, ma un tempo nel nostro Paese si parlava solo di immigrazione. Checco offre la sua versione: libera, graffiante, molto più della visione dei democratici del nostro Parlamento. Un film che ha diviso spettatori e politica, ma che resta la tragicommedia (a fuggire dall’Africa all’Italia stavolta è un italiano stesso) che nessun altro saprebbe fare. Incassi in calo: dai quasi 66 milioni di lire di Quo vado, ai 46 dell’attuale film. Tanto basta per risultare campione di incassi annuali ed entrare quindi nella storia del cinema italiano.
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GLI ANNI PIU’ BELLI, di Gabriele Muccino
Remake dichiarato e in se, strepitoso omaggio a C’eravamo tanto amati, capolavoro di Ettore Scola, è la storia di tre amici (Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria) divisi dalla Storia e dalle storie personali; e di una donna (Micaela Ramazzotti) che proprio nel corso della loro vita si legano e si allontanano. Ne esce una cavalcata (meravigliosamente girata) dagli anni ’80 a oggi che ci riguarda tutti, nessuno escluso. Con sottofondo di Claudio Baglioni: «Noi che sognavamo i giorni di domani, per crescere insieme mai lontani», che si lega un po’ alla frase simbolo del film di Scola, recitata dal grande Nino Manfredi: “Credevamo di cambiare il mondo e invece è il mondo che ha cambiato noi”. Nelle parti di Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Stefano Satta Flores e Stefania Sandrelli, il quartetto di attori non fa rimpiangere il passato e ci regala uno squarcio di poesia, che ci riporta ai fasti di un tempo.
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FAVOLACCE, dei fratelli D’Innocenzo
Vincitore all’ultima Berlinale dell’Orso d’Argento per la sceneggiatura, il film dei puntuali fratelli D’Innocenzo, è una commedia familiare di periferia che fonde Pier Paolo Pasolini e Tim Burton, e lo fa con un linguaggio stilistico, elegante e trasognante, che non può lasciare indifferenti. Disturbante, divertente, necessario, fresco e innovativo, ha in Elio Germano, il suo punto di forza. Proprio quell’Elio Germano che può essere considerato davvero l’attore dell’anno.
ODIO L’ESTATE, di Aldo, Giovanni e Giacomo
Odio l’estate è l’ultima fatica del leggendario trio composto da Aldo Baglio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti. Una pellicola che restituisce al trio i fasti del proprio glorioso passato. E questa volta non si rimane delusi. Odio l’estate ha qualcosa di ognuno dei film storici del trio: ti fa pensare, ti fa ridere e alla fine lascia una velatura di malinconia. Nel film si ritrova il solito Aldo fanfarone, il solito Giovanni pignolo e il solito Giacomino perfezionista maniacale con il punto di forza di un affiatamento collaudato e di un’amicizia sincera che dura da sempre, quasi a voler smentire, una volta per tutte, i soliti detrattori, che avevano preannunciato o sperato in un disfacimento del trio. E invece no, Aldo, Giovanni & Giacomo, dopo alcune scialbe prove sono tornati più convinti di prima al cinema, con una sceneggiatura importante, ben scritta, e con un ritorno al passato.
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FIGLI, di Giuseppe Bonito
Figli, già monologo reso celebre in tv da Valerio Mastandrea, è la commedia all’italiana dell’annata. Mastandrea è anche il protagonista, insieme a Paola Cortellesi, dell’adattamento cinematografico. La parabola dei genitori (non giovanissimi) che affrontano le fatiche erculee della crescita di un secondo figlio è costellata delle tenerezze e delle malinconie della vita di tutti. Ma è anche un resoconto infallibile della società di oggi: i protagonisti ultraquarantenni sono per primi gli eterni “figli”, schiacciati dalla generazione precedente.
HAMMAMET, di Gianni Amelio
Raccontare gli ultimi sei mesi di Bettino Craxi è l’obiettivo, difficile e ambizioso dell’ultimo film di Gianni Amelio. Sono passati 20 anni dalla sua fine prematura in Tunisia, complesso dire se pochi o molti per cominciare a guardare con il giusto distacco il discusso leader politico socialista. Ma Gianni Amelio con la complicità di un Pierfrancesco Favino reso straordinariamente somigliante ci prova e ci riesce bene; rientrando in quel filone che negli ultimi anni ha visto alcuni dei più importanti registi italiani affrontare la difficile materia di proporre una serie di personaggi politici che hanno segnato la storia del Paese: dal dittico cinematografico Loro di Paolo Sorrentino su Silvio Berlusconi, a Buongiorno, notte di Marco Bellocchio sul rapimento, la detenzione e l’omicidio di Aldo Moro, senza dimenticare il Giulio Andreotti de Il divo, sempre di Sorrentino.
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IL GRANDE PASSO, di Antonio Padovan
Strepitosa commedia lunare, opera seconda del regista veneto Antonio Padovan; che si serve della classe interpretativa di Stefano Fresi e Giuseppe Battiston e della loro incredibile somiglianza fisica; Il grande passo è un film ricco di ingredienti, situazioni e personaggi fuori dal comune. Il tutto ruota, però, attorno ad un unico grande sogno: raggiungere la luna solo con le proprie forze. Un fratello ostinato, tanto da costruire un vero e proprio razzo spaziale nella sua cascina di campagna; ed un altro, bonario, accomodante, comprensivo, che ha a cuore le sorti del fratello, che ha visto pochissimo nella sua vita, ma che è l’unico in grado di comprendere il suo malessere. Battiston e Fresi spaziano perfettamente tra il toccante e l’esilarante, tra il grottesco e il surrealismo, regalandoci scampoli di quella che può essere definita la “nuova” coppia del cinema impegnato. Già perché la pellicola è davvero una spanna sopra la media delle commedie all’italiana attuali. Il sogno dello spazio e dalla vita extraterrestre sono ben descritti, così come la capacità di questo film, di far sognare il pubblico, ed infondere positività, strappando risate amare, ma intelligenti. Il talento dei suoi due protagonisti e un finale davvero sorprendente ed azzeccato, rendono la pellicola, per chi ama davvero il cinema italiano d’autore, una gemma preziosa.
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I PREDATORI, di Pietro Castellitto
La miglior opera prima dell’anno è scritta, diretta e interpretata da Pietro Castellitto, figlio d’arte del padre Sergio, che con I predatori ha vinto il premio Orizzonti per la sceneggiatura a Venezia 77. Un’idea di cinema personale ma già molto identitaria, e invidiabile per la sua chiarezza. C’è uno sguardo generazionale, fulminante e irriverente su questo scontro tra sottomondi (famiglia popolare, grezza e neofascista, posta in contrapposizione con quella ricca, borghese e radical chic), che però Pietro sviluppa su toni grotteschi e surreali, elaborando con un’ironia disarmante anche un certo giustificato complesso edipico. Per un’analisi antropologica degli italiani che vale più di mille trattati, travestita da filosofic-satira pronta a esplodere come una bomba a orologeria. Un ottimo debutto, che certamente verrà confermato con l’opera seconda, già in cantiere per il 2021.
VOLEVO NASCONDERMI, di Giorgio Diritti
Ancora Elio Germano, attore italiano dell’anno, senza se e senza ma. Questa volta al servizio del rigore di Giorgio Diritti. E del “genio e sregolatezza” (psichica: ma lì sta il genio) di Antonio Ligabue, il più celebre dei nostri pittori naïf. Anche in questo caso, un biopic che biopic non è, bensì opera pittorica, introspettiva, lieve sugli emarginati di tutti i luoghi e di tutti i tempi. E sui loro talenti (in)compresi. Immersa in un’Italia di provincia che raramente è stata così concreta, umana, realistica. Una collaborazione, quella tra Diritti e Germano, capace di generare il meglio del connubio autore-attore. E che non è ovviamente passato inosservato: al secondo è andato l’Orso d’Argento per la miglior interpretazione maschile all’ultimo Festival di Berlino.
PADRENOSTRO, di Claudio Noce
Lo scorso 12 settembre sul palco della 77esima edizione del più prestigioso e del più antico Festival del Cinema, ovvero Venezia, un emozionatissimo Pierfrancesco Favino riceve la Coppa Volpi, come miglior interprete maschile proprio per il film di Claudio Noce. L’avvenimento si erge come uno dei momenti più prestigiosi del cinema italiano del nuovo millennio. D’altronde Favino è ormai il miglior attore italiano degli ultimi vent’anni e l’interpretazione del vicequestore Alfonso Noce, assassinato nel 1976 per mano dei Nuclei Armati Proletari, negli anni di piombo, è resa con incredibile bravura e profondità drammatica, davvero senza eguali. Il film di Claudio Noce, sul proprio padre dell’Alfonso, interpretato da Favino, scava nei meandri del dramma del terrorismo, che colpì l’Italia e le più giovani generazioni, in quelli che furono definiti i “bui” anni ’70.
L’INCREDIBILE STORIA DELL’ISOLA DELLE ROSE, di Sydney Sibilia
Sydney Sibilia è un regista d’azione, innovativo nel panorama cinematografico italiano. Ha una poetica rude, ma che lascia il segno, e pone lo sguardo sul rapporto tra libertà individuale e potere costituito. La storia è di quelle italianissime, anarchiche e poco conosciute: l’avventura sessantottina quasi inconsapevole di un nerd d’altri tempi, Giorgio Rosa, che fondò uno Stato indipendente al largo delle acque di Rimini, mettendo in crisi Governo italiano, Consiglio d’Europa e ONU. Primeggia ancora una volta Elio Germano, ma c’è anche altro che luccica: una Matilda De Angelis deliziosamente bolognese e delicatamente seducente; e poi Zingaretti e Bentivoglio versione super caratteristi. Un cast perfetto per plasmare la nuova commedia all’italiana a immagine e humour del suo intelligente autore.
MISS MARX, di Susanna Nicchiarelli
Un film sulla figlia minore di Karl Marx, Eleanor, la quale porta avanti l’eredità politica del padre Karl, avvicinando i temi del femminismo e del socialismo, partecipando alle lotte operaie e combattendo per i diritti delle donne e per l’abolizione del lavoro minorile. La regista Susanna Nicchiarelli, fa ballare Eleanor (un’ottima Romola Garai) sulle note di un pezzo dei Downtown Boys come fosse Courtney Love. È proprio quel “punk”, tra le altre intuizioni, a lanciare Miss Marx oltre il biopic. Attenzione però: non si tratta di un film femminista, ma semplicemente “libero”, come ha spiegato la Nicchiarelli.
IL GIORNO E LA NOTTE, di Daniele Vicari
Una pellicola che detiene un primato da guinness: il primo “smart film” della storia del cinema. Le riprese sono cominciate nella Fase 2 e sono state rese possibili dal fatto che gli attori – in alcuni casi si tratta di coppie nella vita oltre che sulla scena – si riprendono da soli da casa propria, grazie alla propria attrezzatura tecnica. L’idea non è solo quella di fare un esperimento cinematografico ma anche quella di tradurre, dal punto di vista creativo, questo particolare momento storico, caratterizzato da isolamento e restrizioni della libertà, con tutte le conseguenze del caso, nel bene e nel male. Vicari porta con sé un cast d’eccellenza: Vinicio Marchioni e Milena Mancini (coppia nella vita, in quarantena insieme alla famiglia), Dario Aita, Elena Gigliotti, Barbara Esposito, Francesco Acquaroli, Isabella Ragonese, Matteo Martari, Giordano De Plano. Tutti comunicano tra di loro in video attraverso le varie piattaforme online, così come gli attori anche il regista è a casa sua e dirige il cast a distanza.
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DIVORZIO A LAS VEGAS, di Umberto Riccioni Carteni
Un road movie garbato, divertente, fresco e ben congeniato, che si ispira alle commedie romantiche americane, con tanto di lieto fine annesso. I protagonisti della storia sono Giampaolo Morelli e Andrea Delogu, bella, brava e disinibita al suo primo ruolo cinematografico; ben supportati da Grazia Schiavo, Ricky Memphis e Gianmarco Tognazzi in partecipazione straordinaria. La storia è piuttosto ben congegnata negli snodi (pur all’interno delle esagerate circostanze comiche), ma sono soprattutto i dialoghi a fare centro, e a risultare divertenti e romantici: il che è davvero una rarità nel cinema italiano contemporaneo di commedia.
DNA- DECISAMENTE NON ADATTI, di Lillo & Greg
Lasciato, non a caso per ultimo, Dna- Decisamente non adatti è il più bel film di genere comico dell’annata: nona fatica della coppia composta da Lillo & Greg, al secolo Pasquale Petrolo e Claudio Gregori. I due tornano al cinema, dopo tre anni di assenza, con una commedia decisamente azzeccata: surreale, dissacrante, esplosiva. La loro è un’accoppiata intelligente, che dopo i tanti successi radiofonici e televisivi, ha saputo farsi spazio anche nel cinematografo. E questa volta si testano, con risultati eccellenti, per la prima volta anche dall’altra parte della cinepresa. Il racconto si lascia seguire e i due seguono tutte le regole della commedia popolare italiana, riuscendo ad inserire la loro vena comica originale, che fa leva su giochi di parole intelligenti e gustose parodie. Al loro fianco Anna Foglietta, sempre brava e sempre nella parte. Insomma quello di Dna- Decisamente non adatti è un divertissement, davvero consigliabile, soprattutto in momenti così difficili, come quelli attuali.
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