Il mercato del lavoro: mollare prima di essere mollati

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Nell'immagine, una ragazza lancia in aria dei fogli seduta sulle scale - Smart Marketing
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Iniziamo a mettere dei paletti

1) Gli esseri umani cercano il proprio interesse o il proprio bene, o al massimo quello dei propri cari.

2) Non si può stare simpatici a tutti. A qualcuno si dovrà pure non  piacere.

3) Potendo, credo che tutti sceglierebbero “una vita in vacanza. Nessuno che dice se sbagli sei fuori”

Quindi, perché il lavoratore dovrebbe impegnarsi oltre il necessario per un’azienda che offre un contratto precario, che sovraccarica di lavoro dovendo contenere i costi e ridurre il personale, che chiede reperibilità nei weekend senza retribuire la disponibilità offerta, che minaccia il dipendente perché tanto “c’è la fila fuori”, o che ha delegato un algoritmo a gestire l’ufficio risorse umane?

L’epoca di “questa è una grande famiglia”, a dispetto degli slogan ancora invocati negli annunci di lavoro, ormai è per pochi e quello che vige per la maggiore è un mercato. Il mercato del lavoro. Cioè la legge della domanda e dell’offerta: il datore di lavoro chiede, il dipendente mette in mostra la mercanzia migliore, fatta di studi, competenze e buona volontà. Ma il marketing insegna che la foto sulla confezione della pizza surgelata, non è il prodotto che uscirà dal forno delle case degli acquirenti, ma uno specchietto per allodole, una aspettativa di prodotto che si scosta dalla realtà, o come si riporta in minuscolo per evitare cause legali un’”immagine a puro scopo illustrativo”. Ed è questo che “acquista” il datore di lavoro: un volantino pubblicitario del dipendente, una foto con i filtri Instagram sul CV Europass. Ma senza Photoshop, un’esperienza all’estero, due master e le tre soft skill di tendenza non si arriva all’agognato colloquio.  L’anima del marketing è dare al cliente quello che vuole. E se è questo che chiede il datore di lavoro, perché offrire qualcosa di diverso?

Nell'immagine un ragazzo esulta dopo aver dato le dimissioni - Smart Marketing
Image by Drazen Zigic on Freepik.
Ma torniamo alla pizza

Chi scriverebbe un reclamo all’ufficio clienti della Buitoni perché nell’immagine della confezione c’è una foglia di basilico e nell’incarto surgelato non ce n’è traccia? Credo nessuno. Quindi perché il datore di lavoro si lamenta perché il dipendente non era così resistente allo stress come aveva promesso? E quel datore di lavoro è proprio certo di non aver taciuto qualche piccolo particolare? Perché forse, al momento del colloquio si era dimenticato di spiegare che le incredibili attività di team Building promosse dall’azienda prevedono la partenza alle 6 del mattino dalla sede di lavoro, direzione Monte Cucco (esiste!), con rientro alle 22 (sempre alla sede, non a casa propria). E si, tra i benefit ci sono corsi di lingua gratuiti. Ma ha sottaciuto che sono svolti in pausa pranzo e le verifiche sono da completare on line nel weekend. E ha garantito un ambiente meritocratico dove si lavora per il raggiungimento degli obiettivi. Ma ha omesso che il manager di riferimento chiede il venerdì pomeriggio di scalare l’Everest entro lunedì mattina. Se il dipendente tiene il ritmo, non si lamenta, riga diritto a tutte le attività e arriva in cima al Monte Cucco (so che morite dalla voglia di sapere dov’è, quindi ve lo geolocalizzo!) avrà nientemeno che il rinnovo del contratto.

“Ci vuole un fisico bestiale, per resistere agli urti della vita. Tu che cercavi comprensione, ti trovi lì in competizione”.

E alla lunga, questo, un po’ demotiva. E quando il prodotto-dipendente sente di essere vicino alla data di scadenza, preferisce mollare e concentrarsi sulle cose a tempo indeterminato.

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