“Il lusso inizia dove finisce la necessità” Coco Chanel
Se il lusso si potesse racchiudere in un’immagine sarebbe fumosa, vana e ostentata. Oggi il consumatore che cerca beni costosi ed esclusivi, non lo vuole per la qualità ma per metterlo in mostra.
Che lusso sarebbe, se gli altri non lo riconoscessero come tale?
La fascia di consumatori (italiani) tra i 35 e i 54 anni con un reddito annuo tra i 30 e i 60 mila euro scelgono piccole gratificazioni quotidiane che ogni tanto si possono regalare. Secondo una ricerca di Agroter sono circa 20 milioni le persone che il marketing potrebbe accaparrarsi perchè pronte a spendere qualcosa in più per qualche sfizio.
I prototipi sono variegati. Ci sono gli empty nester, i nidi vuoti, cioè le famiglie i cui figli sono diventati autonomi e quindi il loro livello di reddito è tornato alto; oppure i DINK (double income no kids) dove entrambi lavorano, ma possono disporre inteamente del guadagno per le proprie spese.
Un’altra categoria da tenere sott’occhio sono le donne divorziate, disposte a concedersi somme spropositare in certi settori, o semplicemente single e lavoratrici che pensano che risparmiare sia ancora un progetto londano.
Una piccola differenziazione, tanto storytelling, brand immaginifici e misteriosi sono quello che cattura questa fascia di popolazione.
Per la generazione dei 1000 euro al mese il miraggio della gratificazione è rappresentato dal weekend di stacco, dal pacchetto benessere, o dal prodotto high tech, difficilmente inquadrabili tra le spese pazze.
Ma sono gli sgarri alla regola a portata di tutti verso cui le aziende strizzano l’occhio. Un esempio sono i 6 piani da 61 milioni di euro che la Rinascente di Torino intende sfoggiare entro settembre 2019 per diventare centro del lusso per tutti.
Se il lusso inaccessibile fatto di manifatture pregiate e artigianali, massima personalizzazione, prezzi esosi e materiali preziosi è destinato all’export o a pochi, il neo lusso è un po’ per tutti.
Nel lusso intermedio si identificano chiaramente le icone del lifestyle, identià di marca e accurata selezione del target, dei canali e dei media. Così molti brand di successo sono riusciti a identificare un chiaro posizionamento in questo senso. Ce ne sono per tutti i gusti e tutti i settori: Bottega Veneta, Gallo, Artemide, Bugatti, Bulthaup, Miele, Stokke, Ducati, Harley Davidson, Lexus, Mini, Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, Grom sono solo alcuni.
Ciascuno di questi, con le sue particolarità e distinzioni suscita un brivido e una sensazione soltanto pronunciandone il nome, a dimostrazione di quanto siano radicati nell’immaginario collettivo.
Diverso il discorso del lusso accessibile, che è un’aspirazione di status, un’imitazione dei prodotti top a prezzi contenuti. Ci sono grandi nomi che hanno fatto di questa politica la loro bandiera – Zara in primis – ma non manca chi punta spudoratamente alla copia.
E le battaglie di slogan sono solo la punta dell’iceberg (cfr Diesel vs Piazza Italia con Be stupid e Be intelligent). Infatti oggi la massima dimostrazione di essere alla portata di tutti è data dalla possibilità di diventare modelli per un giorno di marchi del fashion low cost. Impazzano i contest per l’abbigliamento, i capelli, le creme dove il consumatore può diventare testimonial del prodotto, quasi a ribadire che quel marchio è per ognuno e tutti possono arrivare alla gloria (lusso?) per un giorno.
Approfondendo un’analisi sui consumi si nota che l’idea di lusso non è universale. Lo stesso consumatore può fare la spesa al discount per permettersi un’auto più prestigiosa o viaggiare su un usato, ma consumare solo cibi Bio. Questa varietà e assoluta personalità del settore medio o accessibile rende molto eterogenei i cluster di clienti.
Cosa attendersi dal futuro?
I siti che propongono abbigliamento o tecnologia di grandi marche a prezzi scontati non avrebbero più senso perchè se il brand esclusivo diventa per tutti perde parte dell’appeal. Così anche i ristoranti saranno stellati dalla Guida Michelin o da Tripadvisor?
Pare che la long tail del web che avrebbe dovuto garantire l’ugualitarismo in realtà abbia comunque portato a una classifica simile a quella off line.
E che ne sarà dei Millennials, oggi così aperti alla condivisione, alle esperienze digitali, all’offerta in rete quando potranno disporre di maggior reddito? Rimarranno così vogliosi di parificazione o punteranno, come le precedenti generazioni, alla stratificazione sociale?
Anche il lusso, infatti, se è alla portata di tutti, smette di essere tale.