Il talento di mr. Alain Delon: l’ultimo “divo” del cinema mondiale

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Nell'immagine l'attore Alain Delon sul red carpet - Smart Marketing

Attore in 80 pellicole, da Godot di Yves Allégret del 1957 all’Asterix alle Olimpiadi di Frédéric Forestier e Thomas Langmann del 2008, regista e sceneggiatore di due film, produttore cinematografico con la sua Adel Productions, attore per il teatro e, se tutto ciò non bastasse, uno dei sex symbol più grandi della storia, non solo del cinema, con Alain Delon, morto il 18 agosto 2024, se ne va uno degli ultimi mostri sacri, se non proprio l’ultimo, del cinema europeo e forse mondiale.

Definire in un articolo la statura, la grandezza e le idiosincrasie di questo mastodonte del cinema è molto difficile, di certo, come gran parte della critica concorda, fu insieme a Jean Gabin e Jean-Paul Belmondo il più grande attore francese.

Ribelle, anticonformista e rubacuori incallito, Delon, come tutti i veri divi (pensiamo ai nostri Marcello Mastroianni e Walter Chiari), fu una vera e propria macchina della celebrità, che faceva vendere non solo migliaia di biglietti del cinema ma anche innumerevoli riviste o, come si chiamavano all’epoca, rotocalchi rosa.

Alain Delon era nato il 1935 nel comune francese di Sceaux (nella Hauts-de-Seine) da un padre direttore di un piccolo cinema di quartiere e una madre commessa di farmacia e dopo il divorzio dei genitori, l’affidamento ad una famiglia adottiva, una promettente carriera da maestro salumiere, tre anni travagliati nella marina francese, una capatina a Roma dove divide l’appartamento con il futuro fotografo Gian Paolo Barbieri, grazie all’invito dell’attore Jean-Claude Brialy passa dal Festival di Cannes nel 1956, dove la  sua bellezza candida e al tempo stesso glaciale non passa inosservata.

Alain Delon in una scena del film “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini, del 1972.

È proprio qui e in quest’anno che gli viene proposto un contratto per una produzione hollywoodiana, ma deve imparare l’inglese, e mentre studia la lingua straniera ed è pronto per partire conosce il regista e sceneggiatore francese Yves Allégret, che lo convince a restare in Francia dove esordisce con un ruolo secondario, nel 1957, a soli 22 anni, nel film Godot.

I primi ruoli da protagonista arrivano quasi subito, nel 1958, con “L’amante pura” di Pierre Gaspard-Huit, sul cui set conosce l’attrice austriaca Romy Schneider, con la quale intratterrà una lunga e paparazzata relazione sentimentale, e soprattutto “Delitto in pieno sole” del 1960 di René Clément, tratto dal romanzo “Il talento di mister Ripley” di Patricia Highsmith, dove l’attore ha la possibilità di far valere le sue capacità drammatiche e la sua recitazione intensa e magnetica. 

Ma sarebbero davvero tanti i film da citare, i registi con cui collaborò e gli attori e le attrici con cui duettò: pensiamo a “L’eclisse”, di Michelangelo Antonioni, del 1962, dove è affiancato da una giovanissima e talentuosa Monica Vitti, “Rocco e i suoi fratelli”, di Luchino Visconti, del 1960, dove recita con Renato Salvatori e Claudia Cardinale, “I senza nome”, di Jean-Pierre Melville, del 1970, in cui è protagonista assieme a Gian Maria Volonté e Yves Montand, “Borsalino”, regia di Jacques Deray, del 1970, interpretato in coppia con Jean-Paul Belmondo, l’altro grande attore francese dell’epoca, “Frank Costello faccia d’angelo”, sempre di Jean-Pierre Melville, del 1967, dove interpreta un samurai killer freddo e metodico che diverrà un vero modello per i killer hard boiled, “La prima notte di quiete”, di Valerio Zurlini, del 1972, dove interpreta un professore che si innamora di una sua alunna, nel quale ci regala un’interpretazione intima e personale, fino ad indossare una maschera e diventare il mitico “Zorro” per un film di Duccio Tessari del 1975, dove duetta con una giovanissima Ottavia Piccolo, e tanti altri che, per ragioni di spazio, non posso citare.

Su Borsalino, però, ci sono due curiosità metacinematografiche che voglio ricordare: la prima e più conosciuta è quella relativa al nome del film, che viene dalla celebre azienda Borsalino, produttrice e fornitrice degli iconici cappelli indossati dagli attori, che concesse il marchio in licenza ufficiale alla produzione; la seconda, meno conosciuta, riguarda il nome del protagonista della pellicola interpretato da Delon,  Roch Siffredi, che un certo Rocco Antonio Tano, al secolo Rocco Siffredi, sceglierà come nome d’arte per la sua carriera da pornodivo.

Alain Delon in una scena del film "Borsalino" del 1970 - Smart Marketing
Alain Delon in una scena del film “Borsalino” di Jacques Deray del 1970.

Dichiaratamente di destra e nazionalista, Alain Delon si lasciò spesso andare a dichiarazioni molto infelici contro gli omosessuali, che ebbero una forte eco mediatica ma che non intaccarono l’amore che i francesi e non solo avevano per lui.

Un attore, Alain Delon, che ha segnato un’epoca d’oro del cinema mondiale, influenzando attori a lui contemporanei ma anche di generazioni successive, un attore che nei suoi ruoli ha sempre portato un po’ della sua biografia personale, un attore pieno di talento e fascino, ma anche di contraddizioni, che proprio per questo seppe interpretare al meglio i ruoli che gli furono affidati.

Per riscoprirlo ed omaggiarlo non c’è niente di meglio di rivedere i suoi film, io ve ne consiglio 5 + 1 da cui partire; non sono per forza i migliori o i più celebri, ma sono tutti abbastanza diversi per genere, ambientazione e messa in scena, in modo da comprendere la versatilità e le capacità mimetiche di questo attore:

“Delitto in pieno sole” di René Clément (1960),dove è possibile vedere le sottigliezze interpretative di Delon nel suo primo vero ruolo da protagonista a tutto tondo;

“Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti (1960), che consacra l’attore anche in Italia con un ruolo drammatico cucito su misura per lui;

“Frank Costello faccia d’angelo” di Jean-Pierre Melville (1967), primo film con il regista francese maestro del noir, dove Delon interpreta un killer algido e metodico dalle molte sfaccettature esistenziali.

“Borsalino”, regia di Jacques Deray (1970),  dove duetta e rivaleggia con Jean-Paul Belmondo, l’altro grandissimo attore francese e suo rivale sul set e anche un po’ nella vita;

“Zorro” di Duccio Tessari (1975), dove veste i panni e la maschera dell’eroe che libera il suo popolo dagli oppressi e in cui possiamo godere una performance più muscolare e scanzonata;

Infine, “Asterix alle Olimpiadi” di Frédéric Forestier e Thomas Langmann del 2008, dove Alain Delon, tornato in scena dopo 8 anni di assenza e per l’ultima volta in un film, interpreta con una notevole dose di autoironia un Giulio Cesare che nel monologo iniziale del film, descrivendo le sue conquiste di imperatore, in realtà ripercorre la biografia e la carriera di Delon stesso, che idealmente si congeda dal cinema con il laconico e sfacciato “Ave me”.

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