Il vintage su grandi e piccoli schermi: campione di incassi o necessità di marketing?

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La moda e la storia rivivono ciclicamente di corsi e ricorsi. Il loro ricordo si trasforma in vintage e rievocazione e genera nel tessuto sociale tribù di appassionati a un certo stile o a una precisa epoca.
Questo fenomeno sembra essere stato traslato nel mondo fantastico del grande e piccolo schermo. I capolavori del cinema sono stati rivisti e copiati numerose volte ma nell’ultimo periodo la quantità di sequel e remake è aumentata esponenzialmente. Il 2019 sarà l’anno delle colonne portanti del cinema di animazione: si parte con Mary Poppins, che verrà riproposta in una versione molto simile alla precedente. Disney, dopo un’intensa operazione di ripulitura e digitalizzazione delle vecchie pellicole, riproporrà gli storici cartoni sotto forma di film. Quest’anno nelle sale ci attendono grandi classici dell’animazione come Dumbo, diretto nientemeno che da Tim Burton, il Pinocchio di Guillermo del Toro, e Il Re Leone con Beyonce. Operazione contraria invece per Spiderman, da fumetto a saga sbanca botteghini e ora nuovamente cartone. E poi il ritorno di Toy Story (quarto episodio), Space Jam (con LeBron James che a distanza di 13 anni prenderà il testimone di Michael Jordan), e infine Sonic (dedicato alla mascotte dei videogiochi anni Novanta).

La febbre del remake coinvolgerà anche il piccolo schermo, che riproporrà i simboli di un’era televisiva come Beverly Hills 90210, pare persino con lo stesso cast.

Le assolate spiagge di Los Angeles, protagoniste indiscusse per l’intero ultimo decennio del Novecento con Baywatch, porteranno nelle grandi sale un secondo lungometraggio dopo la prima trasposizione del 2017. Sono invece stati tagliati i baffi a Magnum P.I. con Jay Hernandez nei panni del super detective, in un reboot della serie TV record degli anni Ottanta.

Rumors negli USA propongono addirittura di rifare le avventure di Stanlio e Ollio.

I motivi di questa scelta sono tutti da studiare!

Non penso e spero che dietro queste ipotesi si celi la scarsa inventiva di Hollywood. Mi sembra una conclusione troppo banale.
Il fenomeno potrebbe essere dovuto a due ragioni: da un lato la risonanza omnicanale che può dare chi ha vissuto “in diretta” la prima edizione di questi blockbuster, grazie alla quale i remake possono contare su un effetto di trascinamento verso le generazioni più giovani.
Molti degli attuali influencer per le masse dei ragazzini più giovani hanno vissuto gli anni ’80 e ’90 e sono quindi affezionati a quegli anni e legati alle pellicole. I ricordi si mischiano mentre per i nuovi giovanissimi i remake sono in realtà degli inediti. Questo richiamo può sicuramente aiutare a colpire un target di giovanissimi che ha sostituito le serate pizza e cinema con sushi e Club, magari rilanciando il settore, dato che con lo streaming, la TV on demand e i vari servizi a pagamento o gratuiti l’anteprima del cinema ha perso un po’ di lustro.

Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia:

Una seconda ragione può essere dettata dall’instabilità economica e sociale di questi ultimi anni. Un potere d’acquisto ridotto tra i più giovani spinge a “ricentrare” il target del grande schermo su fasce d’età più alte. La precarietà, non solo economica, che non arriva neppure a misurarsi con il futuro ma si ferma al presente porta inoltre sempre più persone a volersi attaccare a un solido passato fatto di certezze e di capolavori intramontabili che sfigurano a confronto delle serie attuali che durano poco più di una stagione.

E se a Seattle non sanno più che catastrofi inventare per mantenere l’onda degli ascolti di Grey’s Anatomy alla 15a stagione, qui ci accontentiamo di rispolverare la Dottoressa Giò.

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