Perché l’accordo sulla Nuova Via della Seta allarma e preoccupa i principali partner internazionali?
Procrastinato, per il momento, lo scontro sulla realizzazione della discussa tratta Torino-Lione, a dividere nuovamente Movimento 5 Stelle e Lega è la firma del Memorandum of Understanding Italia-Cina in occasione della visita del Presidente cinese Xi Jinping in una Roma blindata durante la tre giorni 21, 22 e 23 marzo. Al di la’ delle opinioni non perfettamente allineate tutte interne al governo, l’accordo tra i due Paesi suscita qualche imbarazzo a livello Europeo, perché l’adesione italiana alla Belt and Road Initiative non è un atto concordato all’interno dell’UE.
Inevitabilmente il dibattito scaturito pone l’attenzione anche sulle reali opportunità di un simile accordo. In particolare alcuni politici ed imprenditori, hanno espresso dei dubbi sul potenziale dell’export del nostro Paese. Evidenti, invece, i progetti espansionistici ed i relativi benefici per il colosso cinese che, così come avvenuto in altri paesi dell’U.E., mira ad investire enormi capitali per costruire infrastrutture commerciali per poi estendersi ancor più in Europa.
Inoltre, un elemento determinante risiede sull’effettiva reciprocità per tutte le nostre aziende di libero accesso al mercato cinese, in quanto si ha come interlocutore commerciale un Paese con un modello legislativo, economico e culturale, completamente diverso da quello europeo e per certi versi contrastanti.
Il documento d’intesa, in particolare, prevede cinque ambiti di cooperazione quali:
- coordinamento delle politiche,
- connettività ed infrastrutture,
- libero scambio,
- integrazione finanziaria,
- scambi culturali.
Ambiti, che come ha sottolineato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, non sono certo vincolanti sul piano giuridico e politico, ma rappresentativi di un’opportunità vantaggiosa e imperdibile. In particolare, l’alleanza con il colosso cinese permetterebbe di valorizzare il “Made in Italy” ed aprire, ancor più, ai prodotti ed alle imprese italiane la strada verso il mercato asiatico.
Posizione leggermente diversa è quella, invece, assunta dal Ministro degli Interni Matteo Salvini, che condivide l’intento dei suoi alleati di governo di aiutare e sostenere le imprese italiane, ma non a discapito della sicurezza nazionale, e cioè nei settori strategici quali le telecomunicazioni ed il trattamento dei dati.
Perplessità condivise dal nostro principale alleato straniero, gli Stati Uniti d’America, preoccupato non solo per la sicurezza nazionale, ma anche per l’impatto sul ruolo del nostro Paese nell’alleanza Nordatlantica. Gli USA sostengono, infatti, che il Memorandum of Understanting non è un semplice accordo commerciale, bensì un’opportunità per la Cina di modificare gli equilibri sul piano geopolitico.
Alle preoccupazioni espresse da Washington (in coro con Bruxelles) il nostro governo ha replicato assicurando che si tratta di un’intesa puramente commerciale e non politica, dando così ampia rassicurazione circa il “rispetto dei principi europei” riguardanti la sostenibilità economica, ambientale e sociale.
Il Memorandum sulla BRI (progetto di sviluppo interno ed internazionale, previsto nella costituzione del Partito comunista cinese), non è una mera iniziativa economica e commerciale, ma include l’obiettivo di migliorare la connettività globale tra Cina ed Europa (sia via mare che via terra) attraverso reti di trasporto e sistemi di logistica, assieme a finalità molto più estese e strategiche quali l’integrazione finanziaria e cooperazione nelle infrastrutture.
Ma, se ad oggi appare prematuro esprimere un giudizio sulla positività in termini economici di tale accordo, non ci sono dubbi che il mega progetto di cooperazione fra Asia ed Europa ha rapidamente acquisito straordinaria visibilità ed interesse, così da influenzare significativamente le relazioni politiche ed economiche internazionali.
Non possiamo permetterci il rischio di restare isolati, in uno scenario politico ed economico in cui, la capacità di cooperare e la diplomazia, rappresentano il miglior biglietto di visita.
Al più resta un’ulteriore domanda da porci: l’isolamento a cui abbiamo fatto riferimento è esso stesso una caratteristica endemica del nostro tessuto economico? Se infatti il “Made in Italy” rappresenta un marchio di cui andare orgogliosi e che positivamente impatta la nostra bilancia commerciale, gli accordi sinora siglati riguardano per lo piu’ prodotti nazionali a basso valore aggiunto. Probabilmente la lacuna da colmare risiede proprio nella debolezza su settori strategici come quello tecnologico il cui valore aggiunto e il vantaggio competitivo renderebbero davvero l’Italia un partner indispensabile a livello internazionale.