Simona De Bartolomeo (107)
Il risultato del referendum del 17 aprile è noto a tutti. La decisione dei votanti è stata un netto SI’, ma il quorum non è stato raggiunto, data la scarsa affluenza, solo il 31% degli aventi diritto, nonostante l’argomento messo in discussione riguardasse un bene prezioso e comune, comune a tutti: il mare. Certamente le teorie sono state tante e forse troppo poca la chiarezza.
Il referendum riguardava l’estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia nautiche dalla costa, si chiedeva agli italiani di decidere se i permessi per estrarre dovessero durare fino all’esaurimento del giacimento, cioè un tempo indefinito, o sino al termine della concessione.
La vittoria del SI’, che ha comunque guadagnato l’86% dei voti, avrebbe abrogato la norma in vigore, le concessioni avrebbero avuto nuovamente una durata di trent’anni, con possibilità di proroghe.
A prescindere dai risultati ottenuti, nei mesi e nei giorni precedenti il referendum, la comunicazione sul web, soprattutto quella schierata con il SI’, è stata corposa, presente e variegata.
Numerosi i comitati, i partiti, i movimenti e le associazioni a favore del SI’, che su siti e social network hanno fatto sentire la loro voce, talvolta anche attraverso uno stile comunicativo simpatico ed accattivante, talvolta eccessivo, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione delle trivellazioni in mare.
Greenpeace, la famosa organizzazione ambientalista, ci esorta con il suo “Salva l’Italia dai petrolieri, il 17 aprile c’è un referendum per difendere il nostro mare” con l’immagine di una piattaforma petrolifera che sovrasta e macchia la bandiera del nostro paese; il gruppo parlamentare Sinistra italiana immagina il matrimonio tra l’elettore ed un mare pulito (il fatidico momento del “Sì” diventa il SI’ nella cabina elettorale), mostrando due cuori vicini, con la scritta “Un mare senza trivelle? Sì, lo voglio”; nella campagna del movimento Green Italia, invece, il cuore colpito è quello rappresentato dal nostro mare e l’invito è “…vota SI’ per mettere le trivelle dalla parte sbagliata della storia”.
L’organizzazione LifeGate sceglie suggestive immagini di fondali marini e di splendidi delfini per dirci “vota SI’ per dire NO alle trivelle nei nostri mari”, e di gabbiani per esortare “Se vuoi continuare a svegliarti con la voce dei gabbiani quando vai al mare, il 17 aprile vota SI’”.
Legambiente denuncia che il governo ha boicottato il referendum scegliendo la data del 17 aprile e che “Abbiamo poco tempo!” per informarci ed informare, accostando l’immagine di una grande clessidra su un mare afflitto da una petroliera.
L’associazione ambientalista Fare Verde afferma “L’energia del futuro non sta sotto terra”, scritto sul nero del petrolio e l’8 marzo, in occasione della Festa della Donna, ha ricordato che mancavano 40 giorni al referendum, augurando “A tutte le donne, un mare pulito di auguri”, con l’immagine di una donna che si tuffa in un mare cristallino.
La comunicazione sul referendum è stata, quindi, presente, ma evidentemente non abbastanza, proprio come l’interesse e l’affluenza degli elettori, visti i risultati.
Le motivazioni del non raggiungimento del quorum si possono solo ipotizzare: scarso interesse degli italiani verso la tematica, cattiva o non completa informazione, non molta chiarezza sui risultati pratici che il SI’ ed il NO avrebbero portato, le condizioni climatiche favorevoli che magari hanno spinto ad organizzare una gita fuori porta o al mare. Lo stesso mare che non ci siamo preoccupati di tutelare, nella convinzione che questo compito spetti sempre a qualcun’altro, qualcuno che detiene il potere e non lo adopera nel giusto modo, quel potere che il 17 aprile avevamo noi e a cui non abbiamo dato il giusto valore, proprio come abbiamo fatto con il nostro mare.