Una ragazza bellissima ci osserva dalla copertina di questo mese. Sembra uscita da una rivista patinata di moda, il trucco è perfetto, l’espressione intensa, tutto concorre a farci capire che questa è una modella di esperienza, ma questa è solo una parte della storia, la copertina di questo numero ha molte più storie da raccontarci.
Innanzitutto la cosa più evidente, metà viso della ragazza è coperto da una vecchia finestra spalancata da cui è affacciata un’altra donna, questa senza volto. D’un tratto e quasi senza preavviso l’artista ci trasporta in un mondo etereo e surreale.
E c’è di più, lo sfondo è rarefatto e indefinito e due pesci rossi svolazzano intorno alla testa della ragazza.
Non c’è che dire, quest’opera è davvero un colpo basso alle nostre “prime impressioni”, ai nostri preconcetti, fors’anche alle nostre più radicate convinzioni in fatto di arte.
Come siamo passati dalla più classica delle immagini da copertina di moda alla Vanity Fair alle suggestive ed un po’ inquietanti opere alla Magritte o alla De Chirico?
Cosa ci sta “raccontando” l’artista di questo numero?
Perché mai per rappresentare il nostro rapporto con lo “smart working” ha scelto un’immagine comune, commerciale quasi, e al tempo stesso così surreale che ricorda anche le celebri fotografie dell’artista tedesca Loretta Lux?
Proviamo come sempre ad azzardare qualche spiegazione, forse la ragazza senza volto alla finestra rappresenta la progressiva perdita di identità alla quale il lavoro in remoto ci sta portando. Lavoriamo, ci incontriamo, facciamo riunioni, addirittura aperitivi filtrati dai pixel di uno schermo, le nostre facce sono sempre in bassa risoluzione, i nostri dialoghi metallici, le nostre connessioni e conversazioni piene di interruzioni e ritardi.
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La pandemia è stato un fortissimo shock che ha interessato tutti gli aspetti della nostra vita e il mondo del lavoro è certamente tra questi. Dal telelavoro allo smart working, passando per il south working, vedremo come sta velocemente cambiando il concetto di lavoro.
Forse l’artista di questo mese, Grace Green, al secolo Natascia De Nigris, vuole dirci che anche con tutte le nostre connessioni veloci, la fibra, gli smartphone ultimo modello e i mega schermi HD, le nostre interazioni sociali stanno diventando sgranate, tremolanti ed a bassa definizione?
Stiamo diventando più efficienti sul lavoro, ci spostiamo meno ed inquiniamo meno, risparmiamo soldi e tempo, ma forse stiamo perdendo un po’ di concretezza e con essa un poco di verità?
Forse, spingendo un po’ più in là la nostra interpretazione, potremmo pensare che la finestra dell’opera richiama quella del più celebre sistema operativo del pianeta, quel Windows, pubblicizzato da sempre come una finestra sul mondo, ma che oggi, dopo due mesi di lockdown, ed altri due di Fase 2 e 3, rischia di diventare la nostra unica veduta sulla realtà?
“Non mi riconosco più”, è questo il titolo scelto per quest’opera e dissipa ogni nostro residuo dubbio sulle intenzioni dell’artista. Grace Green ci dice, senza mezzi termini, che ci siamo persi, non sappiamo dove andare, né da dove veniamo, viviamo sospesi in un limbo, affacciati alla finestra, cercando inutilmente un punto di riferimento, un panorama familiare, ma è tutto tempo perso perché, la verità, è che noi non sappiamo più chi siamo.
Noi non possiamo che raccogliere il sagace ed irriverente ammonimento dell’artista, sperando di imparare a dosare vecchio e nuovo, smart working e lavoro tradizionale, virtuale e reale, per non perdere alcune delle cose che ci rendono autentici esseri umani.
Sia quello che sia, Grace Green ci ricorda ancora una volta che l’arte ci costringe a riflettere ad un grado di profondità maggiore, ci esorta a pensare e in ultima istanza, ed è la cosa più importante, ci addestra al cambiamento.
Natascia De Nigris, in arte Grace Green, è una visual artist di origini leccesi nata nel 1984. Ecclettici e variegati la sua produzione ed i suoi interessi, che spaziano dal restyling di mobili antichi alla musica (dove si è distinta come producer), dalla creazione di una linea di accessori alla fotomapilazione, sino ad arrivare ad una linea di t-shirt dedicata alla natura, all’amore e all’universo. Il suo stile estremamente personale è connotato da un surrealismo che mischia abilmente antico e moderno, classico e pop, innovazione e tradizione.
Dal 2017 sino ad oggi ha collaborato con vari artisti di tutto il mondo creando per loro delle cover art per cd, vinile e libri, qualche nome: Bonbooze, Cafiero, P.Savant, Aaron b. Able, No Finger Nails, Kiriku e molti altri.
Per contattare l’artista Natascia De Nigris, in arte Grace Green: natashadenigris@gmail.com
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