Una strada si inerpica lungo un non meglio identificato crinale, il sole deve essere basso sull’orizzonte, ce ne rendiamo conto sia dalla lunghezza delle ombre, sia dai toni rossi che pervadono tutta la scena. Sulla strada scorgiamo, appena abbozzate, quelle che sembrano le figure di una mezza dozzina di ciclisti. Siamo disorientati e confusi davanti alla Copertina di Maggio del nostro giornale, sappiamo e lo deduciamo dal titolo “Forever bicycles” (biciclette per sempre), che anche questo dipinto omaggia, a suo modo, sia i 100 anni del Giro d’Italia, che il ciclismo più in generale, ma non comprendiamo perché l’artista abbia optato per una rappresentazione così rarefatta, minimale ed informale.
Il gioco delle deduzioni e delle possibili spiegazioni potrebbe protrarsi all’infinito. L’informale si diffuse all’indomani della seconda guerra mondiale, di fronte ad un continente dilaniato, bruciato, con milioni di morti; gli artisti non ebbero più alcuna certezza, nessuna speranza nel futuro, la quasi totale assenza di prospettive. Fu in questo brodo di coltura che l’Informale crebbe e si sviluppò. Gli artisti cominciarono ad usare una molteplicità di supporti e materiali, alcuni bruciavano e bucavano sacchi di tela come metafore della distruzione e desolazione che vedevano intorno a loro (Alberto Burri); altri cominciarono a prediligere il gesto pittorico più della tecnica, l’emozione più del pensiero (Georges Mathieu); alcuni non usarono neanche più i pennelli e le spatole, ma facevano gocciolare i colori direttamente dalle latte e dai tubetti sulle tele stese a terra (Jackson Pollock); altri ancora dipingevano grandi strisce di colore sui loro quadri che diventarono giganteschi campionari di colore (Mark Rothko). Insomma in un continente alla deriva, in un’Europa dissanguata ed in macerie, in un “continente selvaggio”, come è stato definito da molti storici, pare che neanche l’arte riuscisse a fornire alcuna risposta, nessuna via, un qualche tipo di salvezza.
Quanto assomiglia l’Europa di oggi a quella della fine degli anni ’40 del secolo scorso? Poco ad una occhiata fugace e distratta, ma noi abbiamo imparato che sotto le apparenze frivole, spesso si nascondono tensioni razziali, religiose ed ideologiche mai sopite. Oggi invece di una guerra mondiale abbiamo un terrorismo globale, invece di una presunta questione ebraica abbiamo una vera emergenza umanitaria, con milioni di immigrati che stanno sperimentando la loro personale diaspora, invece di una cinematografia e radio di regime abbiamo tutti le nostre belle identità virtuali e siamo tutti cittadini dei “social network”, che paiono le nuove dittature mondiali e che di sociale hanno davvero poco.
Insomma in questa realtà in cui tutto sembra bello, sereno, tranquillo e connesso, in questo mondo invaso da immagini ed icone di ogni tipo, ad alcuni artisti non resta altra via che rappresentare il mondo che vedono sotto la superficie, attraverso una pittura che perde le forme, sfuma i contorni e smarrisce i dettagli, perché anche la vita ed il Mondo intorno hanno perduto gli stessi elementi.
Il Percorso, questo il titolo dell’opera che fa bella mostra di sè sulla copertina del nostro giornale, realizzata da Grazia Palumbo, è un’opera, che ci interroga e si interroga, sul nostro ruolo nel mondo. Le figure dei ciclisti, appena abbozzate, che si perdono in un paesaggio soverchiante sembrano una metafora della condizione umana alle soglie del terzo millennio, in un mondo reso sempre più piccolo dalla rete internet, i nostri dissapori e malumori sono di fatto smisurati. Il paesaggio ritratto, benché rappresenti uno spazio aperto, ci trasmette un senso di inquietudine, a tratti sembra che sia vivo e che voglia ghermirci. Infine i colori, sono lividi, pastosi, magmatici, il cromatismo e la tavolozza usata dall’artista paiono presi in prestito dall’Urlo di Edvard Munch o da una fotografia di Edward Burtynsky, e rendono tutta l’immagine una critica alla nostra contemporaneità.
Ma una speranza pare esserci: l’artista ritrae un percorso in salita, ma la via non pare impervia ed impossibile da scalare, il gruppo dei ciclisti è distanziato ma abbastanza compatto, l’artista, quindi, ci sta indicando sia la via, che la maniera di scalarla. Pare dirci che solo come squadra riusciremo a domare la strada, a vincere la salita e ad affrontare il nostro percorso.
Grazia Palumbo (classe 1989) è nata a Trani, dove vive ed opera.
Dopo aver conseguito la laurea in scienze della comunicazione ed alcune esperienze lavorative in campo grafico si iscrive al corso di pittura presso l’Accademia di belle arti di Bari, che attualmente frequenta.
La sua ricerca artistica si concentra sulla necessità di trovare un equilibrio interiore, le sue opere nascono dall’ispirazione del mondo naturale temperata da una fervida e libera fantasia.
Colore e gesto sono prevalenti nella sua pittura, che scandaglia la superficie delle cose per giungere all’essenza, s’immerge nella profondità per carpire il segreto e l’autenticità di forme, luoghi e soggetti.
La sua opera scandaglia il presente da un punto di vista originale, in contrappunto ed antitesi con le immagini ed i mondi virtuali della nostra contemporaneità.
Mostre recenti
2017
VORTICOSO, in occasione dell’evento artistico di beneficenza, Noi per loro, presso la galleria Linea d’arte Bari;
2016
URAGANO e LINGUA ROSSA “Tra evidenza e imprevisto”, in occasione dell’evento La Pittura Ovunque presso l’ Ex convento di Santa Chiara, Mola di Bari;
ERUZIONE EMOTIVA, in occasione della mostra El signo de la pasion, presso la galleria dell’accademia di Belle Arti di Bari;
ERUZIONE EMOTIVA, in occasione della mostra El signo de la pasion, la sala mostre della facoltà di Belle Arti dell’università Complutense in Madrid;
PAESAGGIO BARI, in occasione dell’evento organizzato dalla Fondazione Nikolaos, NikolArt presso Spazio Murat,, Bari;
2015
“La notte dell’arte”, presso “Il Pendio”, Corato;
Estemporanea collettiva di pittura, Estemporandria, Andria;
Concorsi e premi
2017
SENZA TITOLO, opera vincitrice 1° PREMIO-ACQUISTO premio nazionale di arti visive “Emilio Notte”, Ceglie Messapica;
2016
L’ATTIMO DOPO, opera vincitrice 3° PREMIO-ACQUISTO “il Pendio”, Corato;
Premio Ginko Art Award;
Eneganart 2° concorso Nazionale di Arte Attuale;
Premio Creatività Città di Marsciano;
2015
ULIVO IRRADIATO, opera vincitrice 2° PREMIO “PUGLIA TERRA degli ulivi”, cooperativa sociale “PUGLIA SOCIAL CLUB, Andria;