Siamo la generazione più smart di tutti i tempi. Siamo diventati smart negli acquisti, smart a destreggiarci nel traffico, smart nei social e ora anche nel lavoro.
Ma questo Natale con meno luci, sarà davvero più felice?
Mai come quest’anno siamo martellati dalle pubblicità del black friday: Instagram è piena di promo, le newsletter sono black ovunque e i negozi sembrano aspettare queste offerte nell’ottica che ogni lasciata è persa.
Solo le piccole rivendite di quartiere resistono, ma per quanto?
Anche loro stanno diventando parte del grande mondo globalizzato, inserendosi, ad esempio, nel circuito dei punti di ritiro. Come Wish che offre l’opportunità, riducendo le spese di spedizione, di prelevare i prodotti ordinati presso i negozianti. Chi ha deciso di candidarsi come luogo di prelevamento ha ottenuto una interessante pubblicità passiva, incrementando il numero di chi conosce il punto vendita e sia mai che poi ci scappi un acquisto o un cliente in più.
Già da un po’ Amazon offriva differenti modalità per ricevere il pacco, a volte fin troppo tecnologiche per un utente occasionale. Codici da inserire, armadietti con combinazioni, punti di ritiro anche dentro gli ospedali, ancor prima di iniziare a vendere i farmaci.
Dove ci porterà tutta questa tecnologia?
Magari tra una zona arancione e un lockdown, quest’anno i regali saranno recapitati da droni rossi con la barba direttamente a casa degli amici e parenti. (Ma nessuno ci ha ancora pensato a droni a forma di slitta???)
Mentre molte professioni non possono essere svolte in remoto, altre hanno cambiato così radicalmente le abitudini da creare nuove fette di mercato e nuovi bisogni.
Barilla pensa al pranzo dello smartworker. Il prezzo dei PC è salito alle stelle, mentre al supermercato si fatica a trovare una presa multipla per tutti i device che elettrizzano la nostra casa.
Ci sono le piattaforme contro lo spreco del cibo (ad esempio ToGoodToGo) che offrono visibilità e aiutano sia il commerciante ad avere un ritorno anche sulle rimanenze e ai fruitori ad avere prodotti a prezzi scontati.
Le app per il food delivery sono intasate e i negozi che non hanno saputo evolversi soffrono la mancanza dei clienti. Che fare? Migrare all’e-commerce. Dall’aperitivo, ai vestiti, passando per il noleggio di attrezzature da giardino quando le giacenze sono troppo alte.
Addio ai tacchi e W i calzini antiscivolo, basta con il cibo spazzatura e sì agli spuntini nutrienti, stop alle code nel traffico, sì alle sneakers delle 18. Così anche l’abbigliamento si rinnova. Il dress code degli uffici diventa house dress seguito anche dalle grandi firme.
Mentre diventiamo tutti più self confident con la rete, torniamo ad apprezzare le chiacchiere nelle botteghe del vicinato e non disdegnamo la consegna a casa, dopo aver fatto acquisti nei negozi di prossimità.
Dopo aver imparato ad essere multitasking, anche l’arredamento diventa polifunzionale: un tavolo si trasforma in un desk dell’ufficio, in una sala riunioni con lo sfondo caraibico (o piatti da lavare e asse da stiro, dipende dai casi), nel bancone di un bar per l’aperitivo in chat con gli amici e all’occorrenza anche un supporto dove appoggiare i piatti della cena, se non li consumiamo sul divano in una maratona di serie tv.
Ma una casa smart e l’home work, quanto costano?
Selectra ha valutato i consumi elettrici mensili per il lavoro in remoto stimandoli in circa 2 euro per il solo utilizzo di PC e modem. Senza contare tutti gli altri dispositivi sempre ON, dal riscaldamento o raffreddamento (circa 200 euro in più a semestre), al microonde, alle luci, ai nuovi smart coinquilini come Alexa e Google Assistant. Quello che invece è cambiato è la quantità di emissioni di CO2, circa il 30% in più per famiglia rispetto allo stesso periodo del 2019, a fronte di un indubbio risparmio sui trasporti e le aziende (Fonte Il Sole 24 ore – Quanto pesa lo Smartworking sulle bollette?).
La casa assume un nuovo significati. Ogni riunione, ogni call, ogni contatto da remoto diventa un’occasione per far entrare degli estranei in uno spazio personale, fatto di disordine, di addobbi di Natale, di oggetti che parlano di noi. Per chi ha cercato di affrontare questo isolamento, fino a rinchiudersi in uno spazio (sindrome della capanna) diventa il luogo sicuro per non affrontare ciò che c’è all’esterno e l’ansia di tornare a quella normalità che spaventa. Per altri diviene occasione di business con le web series che inneggiano a una quotidianità da esaltare (Facchinetti, Katia Follesa, Ferragnez).
E per chi non può esmimersi dall’essere presente al lavoro?
Incontrerà meno traffico, meno ore di punta, niente file nei bar per il pranzo, meno persone disinteressate nei negozi, che non sanno come occupare il tempo o vogliono solo fare un giro.
E, speriamo, più reponsabilità.
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