Lo sappiamo, l’altra grande vittima di questo Coronavirus è l’economia mondiale, messa in ginocchio dal lockdown adottato via via da tutti i paesi del mondo in cui si diffondeva il contagio. Alcune industrie ed alcuni settori produttivi, più di altri, hanno risentito del blocco forzato; fra questi ci sono comparti strategici come quello dell’automobile, quello dei trasporti in genere e quello dei voli aerei, che, come conseguenza, hanno affossato ai minimi storici indicatori economici importanti come il petrolio, il cui prezzo è giunto in questi mesi ai minimi storici.
Ma, come spesso succede, come le crisi di portata così epocale, anche questa pandemia ha ridefinito non solo le nostre vite, ma probabilmente gli assetti geopolitici mondiali. Sul palcoscenico della storia si affacciano nuovi attori che sgomitano per rubare la scena alle vecchie star un po’ in affanno. Comprendere queste evoluzioni è non solo importante, ma strategico per cercare in una certa misura di non farsi cogliere impreparati dal futuro prossimo venturo.
Per capire questi riassetti geopolitici mondiali e scoprire il ruolo dell’Italia, noi di Smart Marketing abbiamo rivolto alcune domande al prof. Silvio Labbate, docente di Storia Contemporanea all’Università del Salento, con un dottorato di ricerca in Storia delle relazioni internazionali ed esperto di questioni mediorientali.
Domanda: Prof. Labbate, il nostro Paese, da sempre crocevia geograficamente strategico conteso dalle superpotenze mondiali, si è trovato nei momenti di massima emergenza sanitaria bisognoso di aiuti internazionali di ogni tipo, dai DPI al personale medico. Le prime nazioni a correre in nostro aiuto, quando l’Europa tardava a dare una risposta, sono state la Russia e la Cina. Alcuni osservatori internazionali, come l’americano Edward Luttwak, hanno dichiarato che l’Italia ha fatto male ad accettare questi aiuti e che doveva rifiutarli. Secondo lei sono stati aiuti “interessati”?
Risposta: Partiamo da una certezza spesso volutamente taciuta: nessun governo aiuta un Paese straniero solo per scopi umanitari. Non esiste situazione passata che non abbia generato un qualche vantaggio ai cosiddetti “donatori”. A mio parere, la situazione critica in cui versava l’Italia all’inizio della pandemia non lasciava spazio a decisioni molto diverse. Del resto è in questo genere di scenari (drammatici o quasi) che un Paese interessato propone il proprio aiuto. Analizzando quello offerto da Pechino, possiamo immaginare che ci si aspetti la continuazione degli accordi commerciali recentemente stipulati nel quadro di quella che conosciamo come la “via della seta” – che tanto gli USA hanno provato a contrastare (come nel caso della rete 5G). Sul fronte russo, invece, è probabile che Mosca chiederà un sostegno sulle politiche energetiche in atto; per esempio sul Nord Stream 2, il gasdotto che raddoppierebbe la fornitura di gas in Europa e che viene, anche in questo caso, fortemente osteggiato da Trump e da diversi paesi europei. Ci sarebbe poi anche l’aiuto albanese: sarà difficile per l’Italia non sostenere l’aspirazione dell’Albania a entrare nella UE.
Domanda: Una delle conseguenze economicamente più rilevanti della pandemia e del relativo lockdown è stato il crollo del prezzo del petrolio (dovuto anche all’iniziale decisione dell’Arabia Saudita di aumentare i primi di marzo la propria produzione), arrivato a inizio aprile addirittura a segnare la cifra negativa di – 37 dollari a barile. L’industria automobilistica, i trasporti in genere e l’intero comparto aeromobile escono pesantemente danneggiati da questi due mesi di blocco totale. Secondo lei il coronavirus innescherà nuove strategie energetiche di lungo corso, favorendo le energie rinnovabili e quelle green, oppure in capo a qualche mese torneremo alla situazione pre-coronavirus?
Risposta: Il mercato petrolifero è sempre in continua evoluzione e quasi mai è possibile fare previsioni. Già prima della pandemia esistevano diverse situazioni complesse che si immaginava sarebbero esplose. Il prezzo del greggio, per esempio, veniva volutamente tenuto basso dai principali paesi OPEC per contrastare il cosiddetto shale oil: petrolio estratto attraverso la frammentazione delle rocce con metodi invasivi e onerosi che si ripercuotono sul prezzo finale. Fatta principalmente negli USA, questa produzione si è fermata e difficilmente ripartirà a breve. Esistono poi altre contingenze preesistenti che hanno reso il sistema degli approvvigionamenti assai articolato, come il boicottaggio americano nei riguardi sia del greggio dell’Iran, sia di quello del Venezuela. Il coronavirus rappresenta l’occasione giusta per puntare sulle energie rinnovabili e sulla green economy, ma bisogna davvero volerlo, investendo in maniera massiccia e superando le enormi pressioni delle lobby petrolifere. Personalmente nutro forti dubbi.
Domanda: Il presidente Donald Trump, per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli sbagli della sua amministrazione nel gestire prontamente la pandemia e l’emergenza sanitaria, continua a fare dichiarazioni pesanti sui colpevoli ritardi e sulle responsabilità della Cina in merito alla questione del coronavirus. Il presidente è arrivato ad accusare il paese comunista di aver creato e rilasciato il virus per destabilizzare gli equilibri economici mondiali. Ora, noi sappiamo, grazie alla scienza, che il virus ha un’origine naturale, ma nelle dichiarazioni di Trump, ai minimi storici di consensi elettorali, c’è solo propaganda o qualcosa di più e di diverso?
Risposta: Non è facile rispondere a questa domanda in poche righe, in gioco vi sono diverse questioni. Appare evidente che la campagna presidenziale USA occupi un ruolo importante; già 4 anni fa Trump riuscì a ribaltare ogni pronostico con dichiarazioni altrettanto forti. In questo quadro risulta palese l’obiettivo di identificare nella Cina il nemico da attaccare. Del resto Pechino è divenuta la nuova superpotenza capace di competere in diversi ambiti con Washington. Le difficoltà enormi che gli USA hanno registrato durante il coronavirus hanno messo in forte imbarazzo l’amministrazione Trump, per cui in tempi elettorali bisognava effettivamente “distrarre” l’opinione pubblica americana, da sempre sensibile alle cause concernenti gli “interessi nazionali”. Quello che è difficile accettare è l’esistenza di un Paese – per di più comunista – che minacci la supremazia statunitense dalla fine della guerra fredda. Nella realtà dei fatti, però, l’impero USA appare in continuo declino e in deficit di consensi nello scenario internazionale odierno.
Domanda: Altra domanda, che fa il paio con la precedente. Sappiamo che la lotta fra Stati Uniti e Cina per la supremazia economica e culturale mondiale è in corso da decenni. Negli ultimi tempi sembrava che l’ago della bilancia puntasse decisamente in favore del gigante asiatico. Secondo lei questi due mesi e mezzo di lockdown hanno portato alla ribalta internazionale altri paesi?
Risposta: Noi siamo soliti semplificare ciò che ci circonda. USA e Cina sono certamente le due superpotenze economiche del momento, ma esistono diverse altre realtà che potrebbero emergere – seppur non allo stesso livello. Anche in questo caso, tuttavia, non è facile fare pronostici. La pandemia sta interessando tutti i Paesi del mondo e non sappiamo ad oggi come si evolverà. Nel contesto internazionale, per esempio, l’azione di Putin sembra sempre più orientata a trasformare la Russia in una nuova potenza economica. Esiste poi un progetto di collaborazione relativo ai Paesi anglofoni che accomuna la Gran Bretagna, gli stessi Stati Uniti e l’Australia da tenere sotto attenta osservazione. Infine c’è il caso del Giappone, terza potenza economica del mondo – dietro USA e Cina – che non è stata colpita in modo drammatico dalla pandemia. La grande assente, ahimè, risulta l’Unione europea, ferita gravemente dal coronavirus e ancora troppo divisa su tutto.
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Upgrade rappresenta l’ultimo elemento di un racconto che parte a Febbraio 2020. In questi mesi abbiamo raccontato cosa stava succedendo (Virale), ci siamo domandati come la pandemia avrebbe cambiato noi stessi e l’economia (Tutto andrà bene(?)), e abbiamo offerto soluzioni (Reset). Con questo numero abbiamo voluto fare un passo in più: immaginare un domani diverso, anche attraverso esperienze concrete.
Domanda: Che ruolo giocheranno sullo scacchiere internazionale, nell’immediato futuro, paesi come Israele, Turchia e tutti quelli appartenenti alla Lega Araba? Quali sono secondo lei quelli che avranno un ruolo più decisivo?
Risposta: Il Medio Oriente vive un periodo in constante evoluzione. Le situazioni di crisi – malgrado i nostri media si siano concentrati quasi esclusivamente sulla pandemia – sono ancora tante. La guerra in Siria, per esempio, non si è mai fermata, l’Iraq continua e essere instabile, la Libia è sempre divisa tra al-Sarraj e il generale Haftar, Israele non ha mai abbandonato la politica degli insediamenti che infuoca sempre più il rapporto con gli arabi. In questo scenario, il paese che si sta muovendo maggiormente è la Turchia, interessata a recuperare un ruolo di primo piano nello scacchiere mediterraneo; tuttavia ciò avviene ai danni dei Curdi che tanto hanno dato nel combattere l’IS – o ISIS, come continuiamo a chiamarlo erroneamente in Italia – e che vivono oggi momenti difficili un po’ ovunque, chiedendo la tanto desiderata indipendenza. Nell’immediato futuro non intravedo cambiamenti importanti, piuttosto il consolidamento delle posizioni ottenute, con Israele e Arabia Saudita a svolgere ancora un ruolo importante.
Silvio Labbate (Taranto, 1977). Docente a contratto presso il Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’uomo dell’Università del Salento. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia delle relazioni internazionali presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Si è occupato di guerra fredda in Medio Oriente, con particolare riferimento alla questione dei petroldollari, ai problemi energetici nazionali e internazionali, al dialogo euro-arabo e alla politica estera dell’Italia agli inizi degli anni Ottanta. È autore dei volumi Il governo dell’energia. L’Italia dal petrolio al nucleare (1945-1975), Illusioni mediterranee: il dialogo euro-arabo e della curatela Al governo del cambiamento. L’Italia di Craxi tra rinnovamento e obiettivi mancati; ha scritto saggi e recensioni per diverse riviste tra cui «Clio», «Ventunesimo Secolo», «Nuova Rivista Storica», «Storia e problemi contemporanei», «European Review of History», «Journal of European Integration History», «Middle Eastern Studies» e «The International History Review».
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