Anna Rita Leone (4)
Il tempo delle ferie è terminato già da un paio di settimane, l’estate 2015 sta inesorabilmente finendo in una cartella del pc con le foto degli ozii delle lunghe serate calde; oltre a qualche immagine, al 50% degli italiani rimane la cosiddetta sindrome da rientro: un vero e proprio disturbo dello spirito fatto di tono umorale basso, svogliatezza, preoccupazione e angoscia per il tran-tran quotidiano che ancora non si è pronti ad affrontare e ha gravi ripercussioni sul posto di lavoro, ma anche sul tono fisico con mal di testa, tachicardia e dolori e tensioni muscolari, senso di pesantezza.
Gli esperti devono averci pensato un bel po’ per arrivare alla conclusione che, con il rientro alle attività quotidiane, è bene seguire un ritmo di vita regolare, consumando regolarmente frutta, verdura e tanta acqua, evitando gli stravizi e praticando una graduale ma continuativa attività fisica, cercando di tenere quanto più possibile lontano lo stress; aggiungono, inoltre che è necessario ascoltare di più se stessi e i propri bisogni fisici ed emotivi.
Nonostante l’apparente banalità di questi consigli, l’idea di ripartire con le giuste abitudini di vita sottende l’idea di avere una gestione diversa del tempo.
Il problema del tempo, della sua percezione e della sua gestione ha caratterizzato fin dal principio l’era Moderna; con la modernità, la Nieztschana morte del Dio – Logos e dunque dell’eternità che è per definizione atemporale, il tempo diviene divinità e demone dell’uomo, diventa merce e prestazione, e fattore di produzione. L’uomo smette di vivere il tempo dell’esistenza ma corre al risparmio del tempo, sottraendo a se stesso il tempo di vita. D’altro canto anche il cosiddetto tempo del loisir, il tempo libero somiglia sempre di più a un tempo lavorativo: il paradosso di un loisir strutturato in serie, o che impegna quanto un lavoro.
L’idea di qualche anno fa era quella di essere uomini al passo coi tempi; oggi, nonostante i mezzi di comunicazione fisici e virtuali pensati per annullare il tempo (e lo spazio), è aumentata esponenzialmente l’idea di dover lottare contro di esso. A una profonda riflessione, si cerca di lottare contro il tempo futuro, un tempo ancora inesistente e vuoto; per andare nella direzione del tempo invece, è necessario guardare al passato: luogo tutt’altro che cimiteriale, che ci indica la direzione di ciò che è stato, dove sono state assemblate tutte le ricchezze di cui viviamo noi esseri umani.
Leggerezza e lentezza potrebbero essere le parole chiave per un cambiamento di direzione.
Molti sociologi e filosofi hanno ipotizzato negli ultimi anni un riconversione della società, che parte dal singolo verso un atteggiamento nei confronti della vita più sostenibile: la quiete interiore di origine stoica, la leggerezza frutto degli animi che accolgono gli eventi come necessità e ne fanno fruttare le conseguenze, la lentezza di un tempo umano che asseconda i ritmi biologici e delle stagioni.
Non andiamo lontano: questo sta avvenendo già, non in centri di meditazione yoga, ma nelle associazioni che negli ultimi anni promuovono un nuovo stile di vita, con delle attività concrete.
L’associazione L’Arte del Vivere con Lentezza Onlus, ad esempio nasce nel 1999, porta avanti piccoli e grandi progetti di supporto alle realtà più svantaggiate, promuovendo iniziative orientate alla cultura, istituendo anche una giornata mondiale della lentezza. Lo Slow Food, presidio internazionale pensa al cibo in modo sostenibile per il pianeta, disancorando da esso l’idea di merce, promuovendo la biodiversità e le culture gastronomiche all’insegna dell’incontro con l’Altro. Non solo il cibo, però, anche l’arredamento: Slow Wood raccoglie ad oggi trenta attività artigianali italiani ed è un esempio di come conciliare l’innovazione e il design con la durevolezza del classico.
Proporre la lentezza nel caotico mondo della crisi, può sembrare inverosimile, perchè il tempo appare poco e le generazioni future chiedono risposte concrete per il loro futuro; eppure la lentezza intesa come un ritorno a una filosofia del tempo premoderna può rivelarsi la risposta giusta, in una società in cui, alla fine la filosofia del multitasking ha lasciato nell’oblio numerose realtà; o per concludere con Walter Benjamin: “Che senso ha parlare di progresso a un mondo che sprofonda in uno stati di rigidità cadaverica?” (cit. W. Benjamin – Angelus Novus)