Raffaello Castellano (533)
Ti chiami Benjamin Mee, sei un giornalista d’assalto, inviato speciale in zone di crisi, posti avventurosi e fatti di cronaca insoliti, hai due figli, un maschio adolescente e una splendida bambina di 6 anni, una moglie stupenda della quale sei innamorato perso.
No, non è il concept dell’ultima pubblicità per una qualche merenda o biscotto per la prima colazione, tutto questo è vero ed è la tua vita.
Ma l’imprevisto, travestito da tragedia, è lì, in agguato, dietro l’angolo: tua moglie si ammala e muore, e tutto il tuo mondo muore insieme a lei: non hai più inventiva sul lavoro, non riesci a comunicare con tuo figlio, la tua casa, il tuo quartiere, la città stessa sono pieni di dolorosi ricordi, insomma non riesci a voltare pagina e sei sull’orlo del precipizio.
Un giorno ti svegli e decidi di cambiare tutta la tua vita, ti licenzi dal lavoro, stanco delle occhiate di pietà dei tuoi colleghi e del tuo capo e ti metti in cerca di una nuova casa. Ne vedi diverse, poi un giorno con la tua figlioletta ed un simpaticissimo agente immobiliare trovi la casa dei tuoi sogni, una splendida villa immersa in un parco enorme di 7 ettari, ad un prezzo eccezionale. Sei sicuro, è questa la tua nuova casa, è qui che ricomincerai da capo, ma c’è un problema, o, come dice l’agente, una complicazione: annessa ad essa c’è uno zoo! E non puoi comprare l’una senza acquistare l’altra, con in più l’impegno di prenderti cura dei 200 animali esotici, del personale e della struttura che, chiusa da anni, è destinata ad un rapido fallimento in mancanza di incassi.
Insieme alla tua bambina decidi che è questa la tua nuova vita e compri la proprietà; peccato che tuo figlio maggiore non sia d’accordo con la tua decisione e che, ben presto, ti renderai conto che gestire uno zoo è tutt’altro che semplice.
E’ facile per i più smaliziati fra voi riconoscere in questo incipit non solo il recente film “La mia vita è uno zoo” (Usa, 2011), ispirato ad una storia vera, ma pure le tematiche ed i personaggi tanto cari a Cameron Crowe (splendidi perdenti, che risalgono la china delle loro vite franate, diventando più saggi, più forti, perfino più belli). Questo regista, che ci ha abituato a soggetti, diciamo, “particolari”, non si stanca mai di farci vedere l’ennesima rivisitazione del sogno americano, dell’uomo che si fa da sè, dell’uomo che diventa uomo solo se fallisce e si rialza.
Matt Damon, chiamato a vestire i panni di Benjamin Mee, ci regala una interpretazione matura ed efficace, aiutato da un cast di comprimari e attori bravissimi, tra cui spiccano Scarlett Johansson (la zoologa Kelly Foster) e Thomas Haden Church (Duncan Mee, fratello maggiore di Benjamin).
Come si è detto, i film di Crowe affrontano le vite problematiche di gente vera, uomini e donne che si confrontano quotidianamente con i figli da crescere, il lavoro che non funziona, il fallimento personale, quello professionale e l’elaborazione di un qualche tipo di lutto. Ostacoli che i protagonisti dei suoi film cercano di superare attraverso la rete di rapporti umani che ciascuno di loro si è costruito. La famiglia, gli amici, la comunità dove essi vivono, diventano la spinta ideale per superare lo stallo in cui sembra essere precipitata la loro vita.
Tematiche forti e quanto mai attuali in un mondo sull’orlo della Grande Crisi come il nostro, tematiche autentiche ed, ahimé, sempre più diffuse in una società sempre più connessa, a portata di un clic, eppure con gli individui sempre più isolati gli uni dagli altri, desiderosi di rapporti veri e genuini. I film di Cameron Crowe ci parlano di quelle “persone” che tutti noi vorremmo conoscere, per scoprire, insieme a loro, che ci sono ancora delle anime belle in questo mondo sempre più cinico e corrotto. Sono vincenti veri i personaggi di Crowe, che scoprono che il senso di dovere, il sacrificio, i rapporti con gli altri sono essenziali per capire veramente chi siamo. Essi rappresentano, alla fine, le potenzialità dell’uomo quando smette di essere egoista ed abbraccia la sua e tutta l’umanità, e ci ricordano ciò che disse Albert Camus nel suo famoso “Il Mito di Sisifo”, parlando di un’altro celeberrimo perdente: “Anche la lotta verso la cima della montagna basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice”; noi di Smart Marketing siamo convinti che Benjamin Mee e tutti gli altri protagonisti dei film di Crowe, così come Sisifo, se la ridano mentre trascinano il loro fardello sulla cima della montagna.