La notizia della settimana riguarda la decisione di Mark Zuckerberg di rinunciare al fact-checking svolto da agenzie specializzate e debunker professionisti, introducendo le Community Notes. Questa scelta segue quanto già fatto da Elon Musk su X (ex Twitter) e si ispira al modello di Wikipedia, dove utenti comuni, privi di certificazioni specifiche, contribuiscono al controllo delle informazioni.
In un video, Zuckerberg ha dichiarato:
“Torneremo alle nostre radici e ci concentreremo sulla riduzione degli errori, sulla semplificazione delle nostre policy e sul ripristino della libera espressione sulle nostre piattaforme. Nello specifico, ci libereremo dei fact-checker e li sostituiremo con Community Notes simili a X, a partire dagli Stati Uniti”.
Tuttavia, questa decisione sembra poco legata alla libertà di espressione. Come già fatto da Jeff Bezos su altri fronti e, in passato, da Elon Musk, Zuckerberg pare voler consolidare rapporti con il nuovo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, noto per sostenere teorie pseudoscientifiche e complottiste.
Ma cosa significa per noi utenti di Facebook e Instagram? Chi controllerà i contenuti: professionisti certificati o un esercito di “mio cugino” riuniti nelle Community Notes?
Davvero possiamo equiparare un debunker con 20 anni di esperienza a un utente comune con conoscenze frammentarie? Allora aveva davvero ragione il compianto Piero Angela quando affermava che: “la scienza non è democratica.”
Oggi, il web è già travolto da uno tsunami di fake news, soprattutto su Facebook, il cui algoritmo favorisce contenuti sensazionalistici e fallaci. Secondo un rapporto OCSE, in Italia il 35% degli adulti è “analfabeta funzionale” e fatica a distinguere una notizia vera da una falsa (ne ha parlato in un recente articolo Ivan Zorico). Questo fenomeno colpisce anche utenti esperti, complice il successo delle AI generative, che producono immagini virtuali, deep fake, audio e testi che già oggi fatichiamo a distinguere da quelli reali.
La decisione di Zuckerberg ci rende più vulnerabili alla disinformazione, amplificando il rischio di essere travolti da notizie false e teorie complottiste.
Dove andremo a finire con la decisione di Mark Zuckerberg?
Difficile prevederlo. Di sicuro, tutti noi, perdendo il fact-checking professionale di Meta, saremo più esposti, vulnerabili e indifesi di fronte a notizie false e teorie complottiste che gli algoritmi cuciranno su misura per noi.
Come difendersi?
Innanzitutto studiare e informarsi da fonti autorevoli.
Esercitare il pensiero critico, che poi è una delle competenze trasversali più richieste dalle aziende secondo il World Economic Forum.
Noi di Smart Marketing, insieme al nostro debunker e divulgatore scientifico Armando De Vincentiis, cercheremo di fare la nostra parte offrendovi un’informazione di qualità.