L’AI vince un premio letterario, ma poi non può rileggersi: il paradosso di Tokyo Sympathy Tower

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Nell'immagine la copertina del libro Tokyo Sympathy Tower di Rie Qudan, scritto con l'aiuto di ChatGPT - Smart Marketing

All’inizio di aprile, la casa editrice indipendente “L’Ippocampo” di Milano ha dato alle stampe, nella traduzione in italiano, il romanzo Tokyo Sympathy Tower dell’autrice giapponese 35enne Rie Qudan, vincitore, nel gennaio 2024, del prestigioso Akutagawa Prize, il Premio Strega giapponese per gli autori emergenti.

All’indomani della vittoria, la scrittrice ammise in diverse interviste che, per la scrittura del romanzo, si era servita dell’Intelligenza Artificiale, nello specifico di ChatGPT, sollevando un polverone mediatico che, a distanza di un anno, con la pubblicazione della traduzione in italiano del romanzo, torna a gonfiarsi e turbinare.

Per la verità, l’autrice aveva dichiarato che l’aiuto di ChatGPT si era limitato al 5% del totale dell’opera.

Ma tant’è che i media si sono scatenati titolando, chi più chi meno, che “ChatGPT non solo aveva scritto un ottimo romanzo, ma aveva anche vinto – per la prima volta – un prestigioso premio letterario”.

Un ottimo romanzo, Tokyo Sympathy Tower, va detto. Dove l’architettura si fa specchio dell’ideologia, in un racconto breve ma densissimo, sospeso tra utopia e distopia, capace di farci riflettere sul futuro che stiamo progettando – architettonicamente, politicamente e culturalmente.

Ma qual è, allora, la notizia di un fatto accaduto più di un anno fa?

Come ha rivelato, in un recente articolo, l’attenta e sagace Rivista Studio, è “curioso il fatto che il libro, ora uscito in Italia per L’Ippocampo, contenga però una restrizione: Nessuna parte di questo libro può essere usata o utilizzata con l’intento di allenare tecnologie o sistemi di intelligenza artificiale”.

Da questa dichiarazione editoriale scaturisce un curioso cortocircuito: ammesso che l’estrazione legalmente consentita e lo scraping illegale fatto dalle AI su tutti i contenuti del web siano fenomeni che difficilmente si possono monitorare, controllare e regolamentare, è davvero singolare e divertente (se non proprio comico) che un’opera che l’AI ha aiutato a scrivere – non importa in che percentuale – non possa essere utilizzata come fonte dati per addestrare altre intelligenze artificiali.

E tu cosa ne pensi di questa storia?

Andrai, spinto dalla curiosità, a comprare il libro e lo leggerai?

Fammelo sapere nei commenti.

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