Ricordo un tempo, non troppo lontano, in cui se un cantautore alle prime armi voleva condividere le proprie canzoni e promuovere la sua musica, non doveva far altro che imbracciare la sua chitarra e suonare, prima tra gli amici, poi magari nel club sotto casa e, man mano che acquistava familiarità con il proprio pubblico, cominciare a proporre la sua arte sempre più lontano dal suo circondario.
La musica era qualcosa che aveva a che fare con la prossimità e la possibilità di avere spazi per poterla condividere, poter suonare e, forse, l’unica competenza al di fuori della capacità di saper suonare o comporre musica e testi era la capacità di relazionarsi con il pubblico, cercando di instaurare un dialogo che fosse efficace sul piano emotivo.
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In un mondo del lavoro in continua trasformazione, l’unica certezza che ci accompagnerà nei prossimi anni è che avremo sempre più bisogno di formazione. Solo attraverso la formazione continua saremo in grado di affrontare le sfide del futuro.
Lo stesso discorso poteva valere per gli artisti già affermati e che avevano alle spalle una casa discografica che si occupava interamente della promozione e di conseguenza anche della comunicazione; l’artista. in questo caso, doveva fare il suo mestiere e non era tenuto ad avere nessun tipo di competenza nel campo del marketing e della comunicazione.
Questo comportava che solo chi disponeva di uno staff competente riusciva a farsi conoscere e proporre la propria musica a livello nazionale; gli altri, se erano fortunati, riuscivano ad essere conosciuti al massimo a livello regionale.
Lo stesso avveniva per la produzione musicale: soltanto le case discografiche erano in grado di produrre e distribuire la musica su larga scala e sui diversi supporti fisici, così gli artisti emergenti finivano per non avere le risorse economiche necessarie per produzione e distribuzione delle proprie canzoni, finendo per riuscire, quando andava bene, a realizzare solo una demo da inviare alle case discografiche per cercare di attrarre chi potesse fornire loro le risorse necessarie a realizzare il loro sogno cantautoriale.
Poi sono arrivati i Social Network ed abbiamo assistito ad una vera e propria democratizzazione della musica, non importava chi era l’artista, dove si trovava fisicamente, chi lo sponsorizzava, tutti potevano usufruire di una vetrina mondiale in pochi click, un’enorme cassa di risonanza che rendesse visibile la propria musica ovunque e senza distinzioni.
È esploso in questo modo il fenomeno degli Youtuber, in barba alle case discografiche ed alle figure specializzate, così i musicisti si sono ritrovati ad essere al tempo stesso producer, esperti di marketing, social media e community manager pur non avendo alcuna competenza specifica, ma, al tempo stesso, si sono ritrovati a dover acquisire costantemente abilità digitali che prima non erano richieste e, forse, nemmeno contemplate.
In questo contesto, la musica è diventata liquida e lo streaming ha permesso di fare a meno dei supporti fisici prima ritenuti indispensabili.
Ad accelerare questo processo che appariva irreversibile è poi arrivata la pandemia da Covid-19, cancellando i concerti dal vivo e segnando un nuovo paradigma nel modo di fare musica, di cui ci siamo occupati parlando de “L’evoluzione del mercato della musica dal vivo nel 2020: i vantaggi dello streaming per utenti ed inserzionisti”.
Di questo, e molto altro, parliamo con Gregucci, al secolo Michele Gregucci, cantautore pugliese che si è trovato a cavallo tra il vecchio ed il nuovo modo di promuovere e fare musica ed il cui nuovo progetto musicale, nato prima della pandemia e non ancora concluso, si è realizzato grazie ad una campagna di crowdfunding.
Il progetto, dal nome casualmente profetico “Andare a piedi in Cina”, il cui singolo “Anche l’Ozio vuole la sua partner” è finalista a Sanremo Rock, è l’esempio di come un progetto nato dal basso possa arrivare alla ribalta nazionale grazie al supporto di una community virtuale, ma è anche il pretesto per analizzare insieme all’autore le competenze laterali che un moderno musicista dovrebbe acquisire per promuovere la sua arte in modo indipendente dalle etichette discografiche.
Gregucci, musicista tarantino, collabora a vari progetti musicali esibendosi tra club, teatri e piazze in giro per l’Italia, contando decine di date. Nel 2017 si trasferisce a Milano, in questo periodo scrive “Andare a piedi in Cina”, disco sostenuto da una campagna di crowdfunding e finanziato da Poste Italiane. Contemporaneamente mette su una serie di racconti, poesie, suggestioni racchiusi e pubblicati in un libro dal titolo “Raccolti”. Il 2 settembre ha presentato “Andare a piedi in Cina”, data 0 risultata sold out, e in questo momento sta organizzando un tour live per la penisola.
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