Il 15 aprile 1967, esattamente 50 anni fa, moriva il grande Totò, colpito da una serie di infarti a catena che non gli lasciarono scampo. Da lì, da quel momento ebbe inizio il mito di Totò, che oggi, a ragione, è venerato praticamente come un dio, ed è amato soprattutto dalle nuove generazioni. La sua morta fu un vero e proprio lutto nazionale, a renderli l’estremo saluto si precipitò mezza Roma e tutta Napoli. Tutto il mondo dello spettacolo è presente al completo, a rendere omaggio al Maestro ineguagliabile: Franco Franchi e Ciccio Ingrassia arrivano per primi a baciare devotamente la mano del Principe de Curtis. Anna Magnani non si stacca un momento dal collega e amico di tante avventure. A Napoli Nino Taranto tiene una straziante orazione funebre con il cuore in gola. Ci sono anche Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Luigi Pavese e tra i tanti anche Walter Chiari, distrutto dal dolore, che si prodiga in mille modi per consolare Franca Faldini, la compagna di Totò. Sono tutti muti e increduli, incapaci di darsi ragione che la morte, tante volte rappresentata per burla e così lontana dal carattere di Totò, questa volta aveva fatto sul serio. Quel che allora forse non si sapeva, o non si poteva immaginare a priori, è che il Mito di Totò, sarebbe sopravvissuto alla morte fisica, e che anzi negli anni a seguire avrebbe guadagnato una luminosità sempre crescente.
Il revival di Totò, oggi ha raggiunto dimensioni universali. Totò unico, inimitabile e anche indistruttibile. A lui è successo ciò che non è successo neppure a Charlie Chaplin né alla coppia Stan Laurel e Oliver Hardy, un tale amore di popolo davvero insuperabile: un mito senza tempo. Quello di Totò è un personaggio amatissimo, che appartiene alla cultura, alla tradizione e alla storia del nostro Paese. E poi c’è la storia personale del principe De Curtis, un uomo austero, all’antica, ma dal cuore d’oro e umanissimo; un uomo che aiutava tanta gente a campare:
«Era veramente un gran signore, generoso, anzi, generosissimo. Arrivava al punto di uscire di casa con un bel po’ di soldi in tasca per darli a chi ne aveva bisogno e comunque, a chi glieli chiedeva.»
(Vittorio De Sica su Totò)
In 31 anni di attività (dal 1937 al 1968) Totò prese parte, come protagonista assoluto o in episodi, a ben 97 film che lo consegnarono alla storia del cinema. Possiamo quindi arguire che molti capolavori immortali (come “Ladri di biciclette” o “Umberto D”) che non incassarono al botteghino, furono prodotti con i guadagni procurati da Totò. Una serie di film girati a ritmo frenetico, cinque-sei-sette film all’anno, che dimostrano quanto Totò sia stato seguito e amato anche in vita.
“Non mi faccio capace che la gente, per vedere un mio film, esca di casa, lasci le comode pantofole, calzi un paio di scarpe, magari pure strette e paghi il biglietto. Ci penso spesso e mi commuovo. Umilmente ringrazio il mio pubblico, con la promessa che cercherò di fare sempre meglio”.
(Totò, nel 1965, in riferimento al grande apprezzamento che ha ricevuto dal pubblico nel corso della sua carriera cinematografica)
La televisione, proiettando e riproiettando i suoi film, ha poi operato il miracolo di far amare Totò anche da coloro che, nati dopo la sua morte avvenuta nel 1967, non avevano avuto la possibilità di conoscerlo e seguirlo nelle sale cinematografiche dove vengono proiettate soltanto le ultime uscite. E poi vennero, saggi, libri, collezioni, insomma sul principe De Curtis, per farla breve è stato già scritto l’impossibile, ma mai abbastanza, per tutta l’umanità e la classe che ci ha donato. Secondo un sondaggio del 2009, con mille intervistati equamente distribuiti per fasce d’età, sesso e collocazione geografica (Nord, Centro, Sud e Isole), Totò risultava essere l’attore italiano più conosciuto ed amato, seguìto rispettivamente da Alberto Sordi e Massimo Troisi. I suoi film, visti all’epoca da oltre 270 milioni di spettatori (un primato nella storia del cinema italiano), molti dei quali rimasti attuali per satira e ironia, sono stati raccolti in collane di VHS e DVD in svariate occasioni e vengono ancora oggi costantemente trasmessi dalla tv italiana, riscuotendo successo soprattutto tra il pubblico più giovane.
Inoltre talune sue celebri battute, espressioni-mimiche e gag sono divenute perifrasi entrate nel linguaggio comune. Umberto Eco ha espresso così l’importanza di Totò nella cultura italiana:
«In questo universo globalizzato in cui pare che ormai tutti vedano gli stessi film e mangino lo stesso cibo, esistono ancora fratture abissali e incolmabili tra cultura e cultura. Come faranno mai a intendersi due popoli [cioè cinesi e italiani] di cui uno ignora Totò?».
Liliana De Curtis, la figlia del comico, tuttora attiva per mantenere vivo il ricordo del padre, ha, nel corso di un’intervista, dichiarato che molti italiani, ancor oggi, si rivolgono a Totò inviando lettere e biglietti alla sua tomba, per confidarsi, chiedere favori e addirittura grazie, come fosse un santo. La notorietà di cui Totò gode in Italia è andata anche oltre i confini nazionali: ad esempio in America, dove il comico Jim Belushi lo ha definito un «clown meraviglioso». L’attore George Clooney, intervistato in Italia in occasione del remake de I soliti ignoti, Welcome to Collinwood (2002), in cui lui interpretava il corrispettivo ruolo di Totò, ha altresì dichiarato: «Era un vero poeta popolare, un fantasista espertissimo nell’arte di arrangiarsi e di arrangiare ogni gesto ed espressione», precisando inoltre che, secondo il suo parere, tutti i comici più celebri come Jerry Lewis, Woody Allen o Jim Carrey devono qualcosa all’attore italiano.
«Non era certo solo un comico, proprio come Buster Keaton. I suoi film potrebbero essere anche muti: riesce sempre a trasmettere il senso della storia. Grazie ai vostri sceneggiatori e alla sua mimica, dai suoi film traspare un personaggio a tutto tondo: astuto, ingenuo e anche vessato dalle circostanze della vita. Per questo continuerà a essere imitato, senza speranza di eguagliarlo. C’è sempre suspense nella sua recitazione: si aspetta una sua nuova battuta, una strizzatina d’occhi, ma resta imprevedibile il suo modo di sviluppare una storia».
E poi? Beh e poi c’è la storia del principe De Curtis, che spogliatosi dei panni di Totò, torna ad essere l’austero uomo d’altri tempi, di spirito caritatevole, poetico, malinconico. Quell’uomo, che altro non era che l’altra faccia della stessa medaglia, per tutta la sua vita compì molteplici gesti d’altruismo, che includevano sostegno e offerte di viveri ai più bisognosi. Con l’avanzare dell’età si dedicò sempre più spesso a numerose opere di beneficenza: la vita privata dell’attore, negli ultimi anni, si limitava a sporadiche apparizioni in pubblico ma anche (seppur non avendo guadagni eccelsi per il fatto che pretendeva sempre poco dai produttori) a un’intensa attività di benefattore, aiutando ospizi e brefotrofi, donando grandi somme alle associazioni che si occupavano degli ex carcerati e delle famiglie degli stessi. Franca Faldini, la storica compagna di Totò, che lo conobbe in profondità e lo amò per quello che era, affermò:
“Principe? Altezza reale? Poco importa che lo fosse o meno. Antonio De Curtis era nobile di fatto, nell’animo e nel cuore, a prescindere da qualunque appartenenza a un casato illustre. Inoltre a mio parere il suo titolo più bello è racchiuso nelle quattro lettere del suo nome d’arte: Totò”.
E Totò fu un nobile vero, ma soprattutto è l’anima d’Italia e lo sarà forse per sempre.